Novembre, porto in giro il mio cv. In due posti mi fanno un colloquio al volo e in uno di questi mi propongono seduta stante una prova. Lavoro un intero finesettimana e i tre giorni successivi, andando anche di persona allo studio. Sono tutti contenti e vengo richiamata per un altro lavoro: qui si comincia a parlare di una generica retribuzione e di un contratto a progetto, ma devo avere pazienza che il cliente dia notizie. Mi sta bene, mi rimbocco le maniche e mi dò da fare.
Gennaio, sono allo studio a tempo pieno. Mi vengono affidati altri lavoretti e resto in attesa della conferma del cliente. Il tempo passa.
A fine mese il capo mi prende in parte e mi dice che sono tutti contenti di me, che gli piace come lavoro e che vuole potenziare le mie già buone capacità, insegnandomi anche a usare programmi nuovi: il problema è che stanno sistemando la società e che quindi hanno la liquidità congelata. Posso portare pazienza per un altro mese? Accetto perché credo in quello che sto facendo e nelle persone con cui mi sono trovata a lavorare.
Passa il mese e chiedo lumi: la società è ancora in alto mare e quindi per il momento non ci sono né soldi né la possibilità di farmi un contratto. È meglio se mi mettono in stand-by perché farmi lavorare gratis non è bello (e lo dici a me?).
Qui iniziano a rotearmi i cabasisi, come direbbe Camilleri.
Martedì scorso il capo mi dice che le cose si tanno smuovendo e mi chiede di andare in studio: il giorno dopo mi presento e apprendo che c'è un lavoro nuovo da seguire e che entro lunedì (ieri) avrei avuto maggiori certezze. Ottimo, comincio a tirare un sospiro di sollievo e mi pregusto contrattino e assegno. Non l'avessi mai fatto.
Venerdì sera ricevo una mail del capo in cui mi dice che le mie certezze sono slittate ai primi di aprile. Non batto ciglio, nonostante la tentazione di rispondergli "allora per il lavoro che mi hai chiesto di fare ne riparliamo ad aprile". Ieri mi presento come d'accordo in studio e sgancio la bomba.
Faccio presente che è da novembre che ricevo solo che promesse, che ho dato disponibilità e fiducia ben oltre il lecito e che sono stanca di sentirmi rimandare a tempo indeterminato.
Il capo comincia con la manfrina delle rogne legali e lo fermo, già so e non è questo il punto. Allora tira fuori che le sue due collaboratrici non vedono un soldo da novembre e che non si sono mai azzardate a farne parola. Di nuovo lo fermo, sottolineando che le due sante lavorano con lui da n-tempo mentre io sono arrivata da poco e che non lo conosco. Loro sanno se si possono fidare, io no e in quanto a fiducia gliene ho data fin troppa.
"Vedo che non sei serena", dice.
Vedo che sei un genio, gli risponderei.
Purtroppo non ho l'albero dei soldi, in giardino. La benzina continua a salire e per andare a lavorare ne faccio fuori un bel po', tutta di tasca mia. Fin'ora ho dato tantissimo e ho ricevuto in cambio solo promesse mai mantenute. E mi dici che non sono serena???
Bello mio, se vuoi meritare la fiducia altrui devi fare ben di più che bei discorsi: ipotecati la casa, vendi la macchina, dammi in pegno il tuo Mac che sicuramente lo uso anche meglio di te. E scordati di pensare che io sia tua amica. Sono una collaboratrice, una professionista e come tale devi trattarmi. E si suppone che anche tu sia un professionista e come tale devi comportarti.
Il tuo atteggiamento non è sinonimo di "puoi fidarti di me" ma di "ti sto prendendo per i fondelli". E poi vuoi insegnare a me la comunicazione. Tzè.
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