Vi invito a leggere la storia di un sogno che si avvera.
Ce l’ha mandata Massimiliano del Vacchio, che pubblico volentieri.
“Viaggiare, partire per un lungo itinerario di mesi o addirittura anni, a tanti può sembrare una scelta difficile, coraggiosa e forse impensabile. In effetti non è un gioco da ragazzi, soprattutto se ragazzi non lo si è più. Ma tutto sta nel deciderlo e, se questa scelta è veramente quello che si desidera, tutto sembrerà subito molto più facile e naturale.
Ho scelto di viaggiare quando avevo 19 anni. Ero al mio primo anno di università e decisi di partire per un viaggio studio all’estero, tra l’Inghilterra e l’Irlanda. In occasione di quel viaggio presi il mio primo aereo, un momento quasi naturale, ma decisamente emozionante, come l’esperienza che, senza rendermene conto, mi accingevo a vivere e che rappresentò l’inizio di una scelta di vita. Sì, viaggiare è una scelta, almeno così è stato per me. Quante volte mi sono sentito ripetere “Beato te che ne hai la possibilità!” oppure “Ah se potessi farlo anche io!”. Belle parole, facili da dire, perché è bello e facile ammirare o invidiare le vite altrui. Ho sempre creduto che se su cento persone, tutte motivate dal comune desiderio di viaggiare, si trovassero nelle stesse condizioni e con gli stessi mezzi, solo una o al massimo due di quelle cento sceglierebbero di viaggiare. In fondo, col tempo ho imparato che viaggiare non significa soltanto gioire per il piacere di sentirsi liberi e di conoscere il mondo, ma vuol dire anche prendersi le difficili responsabilità che comporta fare una scelta del genere, con tutte le rinunce ed i sacrifici che essa rappresenta. A me va benissimo così, ma non credo che tutti possano dire lo stesso.Ho iniziato a viaggiare seriamente grazie a Parigi. Avevo ventitré anni ed arrivai in questa città grazie ad un progetto di studi Erasmus, legato al mio corso di studi universitario. Parigi mi dimostrò’ che il mondo è ben più grande e vicino di quanto avessi mai immaginato, grazie ad uno spirito di libertà, d’indipendenza, di multiculturalità che questa città esprime molto meglio di tanti altri luoghi. A Parigi resto tutt’oggi molto legato, non soltanto per averla scelta come residenza, ma perché per me ha rappresentato stabilità e sicurezza, un luogo dove potermi ritrovare ogni volta che ne sentissi il bisogno, a contatto con una dimensione in cui mi sono sempre sentito naturalmente a mio agio. Non fu un caso che a venticinque anni, dopo i primi due anni di vita parigina, presi la decisione di partire per un lungo viaggio, percorrendo da solo tutto il Sud America, viaggiando e lavorando, una scelta presa molto casualmente e senza pensarci troppo. Questo fu possibile perché Parigi mi aveva dato la possibilità di credere che tutto è più semplice ed accessibile di quanto si immagini e, in effetti, da quel momento in poi le mie scelte di viaggio mi sembrarono estremamente più naturali.
Partire, viaggiare, trasferirmi e vivere in altri Paesi mi parve qualcosa di estremamente automatico, spontaneo e gratificante, qualcosa che sapevo fare bene e che soprattutto avevo voglia di fare, per vivere esperienze diverse, conoscere il mondo, conoscere me stesso e gli altri, senza inquietudini o paure, ma solo per il desiderio di essere felice, grazie al viaggio.
Dopo il Sud America, rientrai a Parigi, in seguito mi trasferii in Irlanda, poi a Roma, poi in Russia e poi ritornai ancora una volta a Parigi, dove mi sono fermato per quattro anni, conducendo una vita serena e gratificante, ma di certo non felice. Ho sempre saputo di avere grandi difficoltà nel restare a lungo in uno stesso posto, se non altro perché il mio essere “nomade”, spostarmi regolarmente, conoscere nuovi Paesi e nuove abitudini, facendoli miei con molta velocità e naturalezza, è una vera linfa vitale. Tutto questo mondo legato al viaggio, fatto di emozioni, ricordi, affetti e legami significativi, mi appartiene a tal punto da non poter davvero farne a meno.
E’ per questo, credo, che dopo quattro anni di duro lavoro ho preso la decisione di lasciare Parigi per l’ennesima volta, se non per sempre, almeno per un lungo periodo.
Il bisogno di allontanarmi dai meccanismi pressanti delle grandi città, la fretta, il lavoro, le responsabilità schiaccianti ad esse legate, così come solitudini e tristezze, tutto questo mi ha spinto a pensare che fosse arrivato il momento di tornare a fare ciò che ho sempre amato, che so fare più di qualsiasi altra cosa: viaggiare.
Quando avevo vent’anni scegliere di viaggiare ha significato lasciarmi alle spalle tutta una cultura, come quella italiana, che mi era sempre stata stretta. Se per i Paesi del Nord Europa viaggiare da soli ed in modo indipendente, con zaino in spalle insomma, è da sempre cosa quasi naturale, per noi italiani sembra essere un’impresa invalicabile, un’avventura che solo in pochi possono fare. E, invece no, non è affatto così. Io ne sono una prova. Ora che di anni ne ho quaranta, viaggiare ha tutt’altro senso e spessore, è inevitabile. Per me viaggiare vuol dire soprattutto imparare a dare un valore diverso al tempo che mi circonda, senza correre, senza andare di fretta, ma cercando di seguire con calma e serenità il corso normale dei giorni. Oggi, però, viaggiare ha tutt’altro senso rispetto a quando avevo vent’anni, vuol dire soprattutto cercare di scoprire l’altro, scoprire sguardi, sorrisi ed affetti che in viaggio acquistano un valore ed un senso nettamente diverso, gli stessi che ho deciso di raccontare nel mio blog personale www.massifish2.wordpress.com
Ho quarant’anni e sono ormai vent’anni che viaggio e che vivo lontano dal Paese in cui sono nato. Non ho mai amato viaggiare per fare delle “vacanze”,questo non è di certo lo spirito che mi ha accompagnato in tutti questi anni. Quando avevo venticinque anni viaggiavo per scoprire, attraversare Paesi, frontiere e chilometri, per soddisfare il desiderio di fare qualcosa di diverso, di eccezionale, di unico, almeno ai miei occhi. Oggi viaggio per scoprire il mondo e scoprire la tenerezza degli occhi di chi rende speciale ogni singolo giorno del mio dolce e lento viaggiare. Per me, oggi questo conta molto di più di chilometri percorsi, foto scattate o piccoli souvenir di viaggio. Questo è lo spirito con cui sono ripartito poco più di tre anni fa, lasciando la mia vita, i miei affetti, il mio lavoro e le mie certezze, per scoprire il mondo. Ancora una volta, voglio continuare a scoprire me stesso e curare un po’ di quelle ferite che le grandi città a volte scavano dentro di noi inevitabilmente, nella fretta e nella corsa del tram tram quotidiano.
Di certo non è stato facile, non solo partire, ma continuare questo viaggio. Purtroppo a quarant’anni non si possiede più quella leggerezza e quella libertà (personale, familiare, umana) che a vent’anni è condizione quasi inevitabile. Quindi, a dispetto di quanto avessi progettato, il mio viaggio è stato interrotto non poche volte ma, nonostante pause lunghe e dovute, ho avuto la forza e la volontà di ricominciare, perché ormai viaggiare è ciò che più mi rende felice in questa vita, perché mi offre un senso di libertà e consapevolezza di me stesso che ritengo importanti più di qualsiasi altra cosa.
Negli anni, viaggiando, ho anche capito di essere solo in questa mia scelta. Pochi riescono veramente a capire questo bisogno, quello di viaggiare e di “partire”, alla ricerca di qualcosa che rinnovi quotidianamente la propria vita, che le dia giorno per giorno un senso nuovo, più vivo, nuovi stimoli, che solo viaggiando io riesco a fare, conoscendo gli altri e tutta un’umanità che mi circonda. Questo oggi ha un valore maggiore, perché a vent’anni sembra quasi che tutto sia concesso, ovvero quando quel viaggiare e quel partire all’avventura sono spesso associati all’età e alla voglia di scoprire, ed è quindi capito e accettato. Quasi come se certi desideri fossero leciti solo a quell’età. Oggi,invece, mi tocca sentirmi ripetere sempre le stesse storie: “Ma quando metterai la testa a posto?”,“Ma conti fare questa vita per sempre?”, ecc, ecc… Chissà il tempo a chi darà ragione.
Viaggiare per un lungo periodo, così come per una vita intera, significa lasciare le proprie abitudini, significa mettersi in discussione ogni giorno, così come mettere in discussione le proprie certezze ed i propri punti di riferimento, ai quali spesso siamo assuefatti e senza i quali non immagineremmo mai poter vivere, anche se a volte (anzi spesso) sono meccanismi non del tutto gratificanti. Scegliere di viaggiare a lungo, scegliere di vivere in altri Paesi stranieri, scegliere di mollare tutto lasciandosi alle spalle una vita di cui non si è più soddisfatti, tutto questo richiede una dose di coraggio e di forza notevoli, col tempo credo di averlo capito. Per fare tutto questo bisogna essere dei “tipi tosti”, capaci di vivere lontano dai propri affetti, ma capaci di crearne altri in ogni giorno di viaggio, di adeguarsi ai cambiamenti quotidiani, tanti e frequenti, che caratterizzano la vita di chi sceglie di viaggiare e di vivere una vita in qualche modo da nomade moderno.
Sono passati quasi quattro anni da quel 27 agosto 2009, quando sono partito per Marrakech, chiudendo con la mia vita parigina e sperando in una vita diversa e migliore, forse più vicina ai miei desideri ed ai miei sogni. Nonostante varie pause ed imprevisti, non rimpiango affatto quella scelta, difficile per certi aspetti, ma voluta. Una scelta che mi ha sicuramente reso un uomo migliore.
Il viaggio continua tutt’oggi, per fortuna, dopo l’ennesima pausa. Un saluto dal dolce e tenero Sri Lanka!”
Massifish
(Massimiliano del Vacchio)