Tuttavia, dopo le elezioni, qualcosa va storto.
Frank viene convocato nella sala ovale, e il Presidente gli comunica che non intende nominarlo Segretario di Stato poiché ha bisogno di lui e della sua esperienza all’interno del Congresso.
È uno smacco bello e buono.
Un vero e proprio affronto.
Un affronto che Frank saprà ripagare con lungimiranza, pugno di ferro, tattica e intelligenza politica, e che lo porterà a ricoprire un incarico ben più alto della “semplice” Segreteria di Stato americana.
Lo dico?
Lo dico.
La migliore serie tv dell’anno.
Avevo scritto una recensione su House of Cards due minuti dopo aver finito di vedere la prima stagione. Ho pensato che forse quella recensione era dettata dall’emotività, e quindi ho lasciato che passasse un mese per interiorizzare la serie al meglio.
Ma alla fine, anche dopo un mese, la mia opinione in merito è rimasta la stessa: House of Cards è magistrale.
Magistrale nel plot, magistrale nelle interpretazioni, magistrale nella regia, magistrale nella fotografia, magistrale nelle location, magistrale nei temi trattati. È un telefilm magistrale che fa seriamente paura, perché quello che vediamo sullo schermo è un qualcosa che, a pensarci, può facilmente accadere nelle stanze del potere e nelle mura di casa di coloro che il potere lo esercitano.
Macchietta!
Ma prima di parlare della bravura di Kevin Spacey, della sceneggiatura di Willimon (già autore di quella fantastica perla che è Le idi di Marzo), della regia di Fincher e Shumacher, e prima di addentrarci in questo mondo fantastico e terribile, facciamo un passo indietro.
La casa di produzione di House of Cards è Netflix, ovvero uno dei più importanti colossi mediatici d’oltreoceano.
Netflix ha avuto questa geniale idea: stanziare una cifra consistente per una serie di contenuti originali, e rendere questi contenuti originali immediatamente fruibili.
Questo comporta una piccola rivoluzione del campo dell’intrattenimento, perché è lo spettatore (che paga un canone fisso al mese – piuttosto basso, 8 dollari) a decidere come e quando fruire degli spettacoli che gli interessano.
In questo caso, avere a disposizione un’intera stagione sin da subito consente al network mediatico di brandizzare i suoi prodotti, di non avere problemi di rating (quante serie tv sono state cancellate a causa degli ascolti troppo bassi? – Kings grida ancora vendetta), di decidere sin da subito le sorti dei propri prodotti.
Uno dei più bei telefilm degli ultimi 10 anni.
Molto spesso, noi spettatori (almeno, per me è così), preferiamo vedere i nostri telefilm preferiti in blocco*, in modo da avere un quadro generale della storia e non dover stare a sbavare una lunga settimana in attesa del nuovo episodio.
Netflix ha puntato massicciamente su quest’idea, e il risultato, a quanto pare, è stato vincente.
Gli abbonamenti sono schizzati alle stelle, e ora possiamo godere di un prodotto come House of Cards.
Un prodotto maturo, mastodontico e interessante sotto tutti i punti di vista.
Frank Underwood, interpretato magistralmente da Kevin Spacey, è un genio della politica. Conosce il gioco, conosce i trucchi, sa come muovere a piacimento le persone (che per lui sono solo pedine da sacrificare sull’altare della gloria). Soprattutto è una persona che adora sottolineare l’importanza e la differenza tra l’acquisire il potere e l’acquisire il denaro.
Differenza non da poco, quando si gioca
Variazione sul tema. Anzi, no.
Livelli che impongono una dose di implicazioni etiche e sociali di una certa rilevanza. Perché, quando si vuole raggiungere il top, è impossibile non sporcarsi le mani, sia a livello personale, sia a livello familiare, sia a livello morale, sia a livello politico.
Ecco allora che entrano in gioco i media, che con il loro potere sono in grado di indirizzare la verità dove si vuole (quando non si vuole distorcerla o annichilirla al proprio volere); ecco allora le immancabili lobby, che fanno sentire la loro presenza e la loro pressione su tutte le scelte che il Congresso intende prendere; ecco la politica che deve scendere a compromessi con sé stessa, perché tutti, chi più, chi meno, prendono ordini da persone più importanti e influenti, a cominciare dal semplice deputato, fino ad arrivare al Presidente.
Frank Underwood è un personaggio magnetico, ironico, istrionico, a tratti divertentissimo, che spesso si rivolge a noi – il pubblico – per farci partecipe delle sue idee, dei suoi pensieri e delle sue previsioni. È un personaggio eticamente e moralmente condannabile, di quelli però per cui ci si ritrova a fare il tifo.
Sarà anche il fascino del male, ma anche quando Frank commette dei veri e propri crimini (non vi spoilero nulla, ma ci sono delle cose davvero scandalose) si finisce per parteggiare con lui.
Sporcarsi le mani è la prima regola della politica.
I temi trattati sono tantissimi.
Quello dei media (di cui abbiamo già accennato) è uno dei più interessanti, soprattutto per ciò che concerne il ruolo ormai preponderante che le nuove tecnologie e i social network rivestono rispetto alla carta stampata e alla tv.
La regia delle dodici puntate è affidata a gente del calibro di Shumacher e Fincher. La loro è una regia chirurgia, asettica, che in un certo qual modo ha quasi la pretesa di rimanere “oggettiva” per fare da contraltare al soggettivismo di Frank nei nostri confronti.
Ipse dixit
In definitiva, vi invito a recuperare questo capolavoro.
Sono sicuro che rimarrete invischiati nella rete politico-diplomatica di Frank.
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*Gli unici telefilm che non riesco e non sono mai riuscito a guardare in blocco perché dovevo godere subito della puntata settimanale sono e sono stati Lost, Romanzo Criminale e Breaking Bad.
E Game of Thrones, naturalmente.
Il resto (anche Doctor Who, per dire) lo guardo sempre in blocco al termine della stagione. Anche perché mi conosco, e so che mi azzecco…