L’amore come opera d’arte e la capacità di simulare i sentimenti. Così Tornatore torna in sala, in un intenso ed inquietante noir sul mondo dell’arte
È ancora nelle sale “La migliore offerta”, il film di Giuseppe Tornatore, che investiga sul mondo dell’arte e sui complicati rapporti fra falso e autentico nei rapporti d’amore e nell’arte.
Al centro della vicenda narrata, un richiestissimo battitore d’asta, Virgin Oldman, interpretato da un brillante Jeoffrey Rush: anziano misantropo, maniaco dell’ordine e titolare di una casa d’aste, si innamora gradualmente e non senza qualche arrabbiatura, di una giovane e ricchissima proprietaria di una villa in rovina che si rivolge a lui per l’inventario e la vendita dei beni in essa contenuti.
La giovane ragazza incuriosisce il vecchio Virgin, ed allo stesso tempo lo indispone per il suo sistematico rifiuto di mostrarsi. Quando riuscirà a vederla nella sua bellezza, scoprirà tutti i segreti nascosti nella villa e non solo.
Comincia così un giallo-noir intenso e profondo, che pone al centro della vicenda da un lato l’amore di Virgin per la giovane agorofobica, e dall’altro il suo rapporto con la realtà, fino a quel momento mediata dal rifugio nell’arte e nella riproduzione alterata del reale.
Il protagonista del film di Tornatore evita il contatto con la realtà a partire dal tatto: l’utilizzo meticoloso dei guanti simboleggia questo rifiuto maniacale del contatto, eccezion fatta che per i ritratti, cui Virgin affida la maggior parte delle cure.
Ne viene fuori un ritratto del protagonista affascinante ed inquietante: un uomo solo, che adora sedersi nel suo caveau strabordante di ritratti femminili, da lui stesso acquistati durante le proprie aste attraverso un amico fidato, Billy (uno straordinario Donald Shouterland).
Un uomo che non riesce quindi a concepire la differenza fra realtà e finzione, fra simulazione ed autenticità, nemmeno nei rapporti sentimentali. Quello con la giovane proprietaria della villa è in qualche modo fosco, come i cieli delle diverse città europee che fanno da sfondo all’intera vicenda, e che restano appunto sullo sfondo, come un dettaglio ininfluente.
Nel frattempo, il giallo intorno alla figura della giovane proprietaria si complica, emergono inquietanti personaggi che rimandano al noir (come la nana del bar di fronte alla villa che decanta numeri sempre diversi) e l’epilogo lascia in bocca un amaro insostenibile per qualsiasi romantico e per chi crede nella verità dei rapporti umani.
Tornatore compone per questo film una sceneggiatura ineccepibile: dialoghi lunghi e incisivi, scene a volte fin troppo soffermate sui dettagli artistici ed espressivi del bravo Rush, e a volte si lascia andare in lungaggini narrative che inficiano la trama rendendola lenta, ma mai priva di spessore.
Abbandonati i colori caldi di “Baaria” e “Malena”, Tornatore rievoca quell’aria così nuvolosa e mitteleuropea de ”La sconosciuta” e allo stesso tempo ci mostra alcuni capolavori dell’arte unici, pitture, sculture, orologi dagli ingranaggi complicatissimi, o congegni meccanici dal sapore leonardesco come l’automa di Vaucanson, i cui pezzi vengono ricomposti durante i lavori di inventario della villa, come la verità di tutta la vicenda in cui sarà coinvolto Virgin, un amore che come un’opera d’arte da battere all’asta sembra perfetto ma può anche nascondere un Falso, dietro al quale ci può essere qualcosa di autentico: ne è convinto Virgin, che nella scena finale torna nell’unico posto che significasse qualcosa per la donna che ha creduto di amare, dietro la quale ha visto una realtà ingannevole, un volto femminile dell’inganno, così terribilmente affascinante.
Written by Antonio Mazzuca