1950… Il nuovissimo grattacielo di Piazza Repubblica è alto 114,25 m… E’ la prima volta che a un edificio viene consentito di superare la Madonnina… alta poco più di 108 m… Anche altri grattacieli stanno sorgendo, uno a Piazza Diaz e un altro all’angolo tra Via Turati e Piazza Repubblica. La Casa Editrice Ricciardi apre la sua nuova sede a Milano… Ha un obiettivo ambizioso…La pubblicazione di tutta ”La letteratura Italiana”. Antonioni sta girando il suo primo film “Cronaca di un amore” con una giovane attrice che fino a poco tempo prima faceva la commessa di pasticceria proprio a Milano La Callas canta per la prima volta alla Scala… E Milano sta cambiando, tutta presa dal suo miracolo economico.
Il quei dieci anni fra il ’50 e il ’60 quasi 300.000 persone arrivano in cerca di fortuna… Vanno a riempire le periferie dai palazzoni tetri o i malsani scantinati del centro e sembra che parlino altre lingue, che vanno a sovrapporsi e a mescolarsi con quella di casa… Magari le parole milanesi resistono, ma in bocca ai siciliani o ai pugliesi c’è da farsi cadere le braccia.. La fabbrica però non ha occhi per il passato, non può neppure per un momento fermarsi e cercare di capire… Così accoglie tutti nel suo disperato bisogno di mano d’opera.. Bisognerà aspettare il 1965 quando, Giovanni Pirelli, scrivendo «A proposito di una macchina», entrerà nel cuore della Lombardia industriale, squarciando definitivamente il velo delle illusioni. Per ora è tutta baldanza e il popolo di Milano, quello antico, sembra sopraffatto, quasi perso, pare non ci sia più, in quel confuso crogiolo aperto a tutte le esperienze…C’è però qualcuno che quel popolo sa dove trovarlo… Lui voleva fare il medico e invece capì appena in tempo che forse, senza di lui, nessuno avrebbe più conservato la memoria… Enzo Jannacci aveva un nonno pugliese arrivato con le prime migrazioni dell’inizio del ’900, un padre, già di seconda generazione integrata, che era Ufficiale dell’Aeronautica… Forse qualche volta quando Enzo era piccolo, lo avrà portato con sè all ‘Aeroporto di Linate che allora si chiamava Forlanini. Enzo se lo ricorderà nella canzone del Barbone con le scarpe da tennis… Al liceo conosce Giorgio Gaber un amico, un fratello, quasi un’anima gemella, uno con cui suonerà e canterà a lungo nei duetti strampalati dell’assurdo… Erano i primi a divertirsi da matti… 8 anni di pianoforte al conservatorio, diploma di armonia… e direzione di orchestra, mentre seguita a studiare medicina… Più in là lavorerà ai primi trapianti di cuore, in Sud Africa, nell’equipe di Barnard e sarà un jazzista capace di suonare con Chet Baker e Jerry Mulligan, ma intanto è fra i tra i primi in Italia a suonare il rock’n'roll e a spazzare via la musica melodica degli anni ’50 …
Al Santa Tecla e al Derby, i locali delle nuove tendenze, portò il suo stile singolarissimo. Non era un urlatore, non era un rockettaro, ma faceva un cabaret musicale dove dentro ci poteva essere tutto …Stralunato paradossale, inimitabile… Proprio com’era lui, con il corpo che sembrava andarsene per i fatti suoi e quel viso da bravo ragazzo un po’ triste… Cantava storie minime di gente minima, storie disperate venate di ironia, con punte di esilarante comicità e un fondo d’amore per i suoi eroi di strada… Un po’ recitava, un po’ cantava, suonava… parlava in dialetto… E intanto celebrava Milano… Sapeva che era senza scampo… Se ne stava andando quella dei barconi sui Navigli che ancora portavano la sabbia dalle cave fino alla darsena, il quartiere dell’Ortica in cui il “Palo” della Banda era guercio e non si accorgeva mai quando arrivava la polizia…La Bovisa, Viale Forlanini, le periferie prima che fossero distrutte dall’avanzare della citta Leviatano… E la minuscola stazione di Rogoredo ( I s’era conossü visin a la Breda, leì l’era d’ Ruguréd e lü… su no). In quei quartieri, c’era la Milano di una malavita minore… Il ladro di “ruote di scorta di micromotori ”, quel fratello cattivo che faceva piangere la mamma, nell’ ironica dissacrazione ”di tutte le mamme del mondo ” che ancora imperversavano nel canto melodico dei Festival di San Remo” A chiedere il personaggio più amato non si sa rispondere… Il barbone ammazzato mentre ”coltivava già da tempo il suo sogno d’amore”, il tassista che si ribalta con il suo taxi senza una ruota, ridotto a un triciclo o quel poveretto che l’Armando gettava giù dal ponte ” Ma per non bagnarmi tutto mi buttava dov’è asciutto”.
Quando sul finire degli anni ’60 quel mondo stava davvero scomparendo Jannacci se ne andò a fare il medico… Era bravissimo, pignolo sino all’esasperazione, ma a Cantù c’era chi lo ricordava entrare correndo nei reparti e gridare, rivolto ai malati: «Cià, che fèmm una cantàda», più o meno «Su che cantiamo insieme». Era il suo modo per tenere alto il morale a tutti e dava se stesso senza esitazioni…Naturalmente più tardi tornò a cantare… Tematiche diverse per tempi cambiati, ma l’ironia era sempre la stessa… ”Ho visto un re”, insieme a Dario Fo.. Sembra un non sense e invece è una metafora a sfondo politico. Diventa uno dei brani simboli del ’68, quando si capisce la graffiante satira sociale e lo sconforto della politica… “Vengo anch’io… no tu no”, forse il suo brano di maggior successo è in realtà la denuncia di nuove esclusioni… Quel “Tu no” oltre un bullo alla Carlo Verdone, messo in disparte può essere anche un extra comunitario… “Messico e Nuvole” è un amore per nuovi borghesi pieni di divorzi facili, ma la disperazione e l’amore sono così autentici che fanno venire da piangere…
Poi teatro, televisione, cinema, con quel disancorato triste personaggio de “L’Udienza”… Colonne sonore e tanti onori… Se ne è andato in punta di piedi qualche mese fa… Il tre giugno sarebbe stato il suo compleanno e lui non è riuscito ad arrivarci… Ma il Governatore della Lombardia che suona Jazz e il figlio Paolo lo stanno festeggiando ugualmente… Con una Jam Session nella sede della Regione Lombardia…
Quando é morto c’era anche un paio di scarpe da tennis nere, nella camera ardente. La ragazza che le aveva portate ha detto a bassa voce ”Mi sembrava che mancasse qualcosa, e’ giusto cosi”
Pochi dubbi per la ricetta… C’è dentro tutta l’antica tradizione di Milano…
OSSIBUCHI ALLA MILANESE CON RISOTTO GIALLO
INGREDIENTI PER GLI OSSIBUCHI per 4 persone: 4 ossibuchi, farina q.b., 1 cipolla, 1 carota, 50 grammi di burro, 1 dl di vino bianco secco, 1 dl di brodo di carne, 1 spicchio di aglio, 1 manciata di prezzemolo, 1 limone biologico
INGREDIENTI PER IL RISOTTO per 4 persone: 400 g di riso, 1/2 cipolla bianca, un bicchiere di vino bianco fermo, 2 bustine di zafferano, olio extra vergine di oliva q. b. ,240 grammi di burro, 6 cucchiai di parmigiano reggiano grattugiato, brodo di carne, sale e pepe. PREPARAZIONE DEGLI OSSIBUCHI Tagliate la pellicola esterna degli ossibuchi per evitare che si arricci in cottura. Sciacquateli in acqua fredda corrente, asciugateli tamponando bene con carta assorbente da cucina e infarinateli.Sbucciate e tritate finemente la cipolla, versatela in un tegame con il burro e fatela appassire a fuoco basso per circa 10 minuti, mescolando spesso. Mettete gli ossibuchi nel tegame, alzate il fuoco e lasciateli dorare bene da ogni lato, facendo attenzione che la cipolla non diventi troppo scura. Eventualmente toglietela dal tegame e rimettetela prima di sfumare la carne con il vino. Quando sarà evaporato, salatela e pepatela.
Unite il brodo, abbassate il fuoco, coprite e fate cuocere per circa 1 ora e 30 minuti, voltando la carne di tanto in tanto; il sugo dovrà restringersi pur rimanendo fluido.
Preparate la gremolata: sbucciate e tritate l’aglio; mondate e tritate il prezzemolo; lavate bene e grattugiate la buccia del limone. Mescolate il tutto, quindi versate il ricavato sulla carne e proseguite la cottura per 5 minuti. Servite gli ossibuchi nei piatti individuali, accompagnando con risotto alla milanese. PREPARAZIONE DEL RISOTTO ALLA MILANESE
Preparare il soffritto con olio, poco burro e cipolla tritata . Quando tutto è ben dorato buttare il riso, amalgamare bene e sfumare con il vino bianco. Aggiungere quindi il brodo. in cui si sono già sciolte le bustine di zafferano)e continuare la cottura per circa 15 minuti. Mantecare fuori dal fuoco, con burro freddo e parmigiano.