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La miniera di ferro del Seguret!

Creato il 14 agosto 2013 da Andrea Scatolini @SCINTILENA

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In Valle di Susa è di particolare interesse geologico il Monte Seguret sopra l’abitato di Oulx. Alto 2926 metri è l’unico esempio di roccia Dolomitica presente in Valle di Susa. Anche se lo spessore della Dolomia non può garantire grandi estensioni ipogee, sulle sue pendici si aprono numerose caverne e grotte.

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In località Rio Secco, sulle pendici del monte ad una quota di circa 2160 metri si apre la tristemente famosa miniera di ferro della Fiat aperta negli anni 30.
In quegli anni, durante i lavori di estrazione del ferro, molti operai morirono. Al tempo la colpa la si attribuì alla Silicosi ma successivamente si scoprirono le reali cause.
Intorno agli anni 50 lo stato sospese i finanziamenti e la Fiat cessò le ricerche e chiuse il cantiere.
Con l’affermarsi dell’energia atomica però, negli anni 60, arrivarono degli specialisti del Centro Ricerche Nucleari della Fiat. Con sofisticate apparecchiature iniziarono dei sondaggi nella miniera ed intorno ad
essa.
A pochi metri dall’ entrata trovarono un ricco filone di Pechlenda, minerale di Uranio. Per un certo periodo furono aperte delle gallerie estrattive fino a quando i costi, troppo elevati, la fecero chiudere.

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La miniera di ferro del Seguret!

Il sentiero di accesso alla miniera non è tra i più agevoli e richiede una certa attenzione. Arrivati al vecchio dormitorio, si viene accolti da un muro di pietra di notevole dimensione e fattura.
Poco più a monte si incrocia un entrata ormai ostruita da crolli. Oltre, l’entrata principale divisa in due piani.
Quello di destra, il superiore, prosegue per svariati metri ed è collegato a quello inferiore da un pozzo verticale di circa 6 metri.
Le gallerie inferiori si dipartono dopo la discesa di una scalinata in pietra.
La gallerie principale è rettilinea, da essa si diramano alcune gallerie laterali lunghe alcuni metri. Presente anche un cunicolo con andamento in salita e pendenza di circa 35/40°.

Il sito, conservato ottimamente, riveste un elevato interesse storico, spesso di quelle “storie” di cui ormai solo più gli anziani valligiani hanno memoria.
Visto l’elevato livello radioattivo non è consigliabile soffermarsi oltre i 20/30 minuti all’interno.

Riporto di seguito parte di un interessante articolo/intervista di Giugliano Dolfini!

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Non era la silicosi a decimare i giovani minatori di Oulx: “Trent’anni dopo tornarono
a scavare uranio nucleare” “Erano gli anni del fascismo e delle sanzioni della Società delle Nazioni per le
conquiste africane d’Etiopia. C’era quindi l’autarchia ed anche l’Italia voleva avere le sue miniere di ferro.
La Fiat ebbe una concessione di ricerca di solfuri di ferro ad Oulx sul monte Seguret a 2000 metri, in località Rio Secco, dove vi era un antico affioramento di ferro olegisto e sesquiossido di ferro. Una miniera scavata a braccia, dalla fatica dei montanari valsusini e bergamaschi.
Una teleferica portava il materiale fino alla strada del Pramand e poi con dei camion giù a valle. Il materiale veniva trasportato a Torino alle Ferriere Piemontesi di corso Mortara”.

Continua Rey: “Mio fratello Mario aveva l’ufficio qui a Salbertrand e teneva i contatti con la squadra lavori. Ma successe un fatto. Quasi tutti gli operai che lavorarono in quella miniera morirono. Si disse allora che era la silicosi.
Li vedevamo giovani e forti, ma sempre più traballanti e inebetiti per le strade del paese. Mio fratello era allarmato da quanto succedeva. Non credeva alla silicosi e diceva sempre: “Non è possibile: in quelle rocce c’è qualcosa che ammazza la gente”. Caposquadra agli ordini di suo fratello Mario, fra l’altro “inventore” del parco regionale del Gran Bosco di
Salbertrand, “era il bergamasco Giovanni Zuliani, sotto cui hanno lavorato Guido Zeron, Severino Jayme, Carlo Jannon, poi Paris, Langhi e tanti altri. Tutti morti giovani”.

Edoardo Rey ha una pausa, riflette. E precisa: “Ecco perchè quei minatori della miniera di ferro non erano morti di silicosi: furono le radiazioni dell’uranio a minarli lentamente. E senza scampo”. Prosegue: “Forse fecero anche degli scavi, ma segreti, in quel di S. Romano, che è proprio sotto la direttrice verticale della vena uranifera del Seguret, che è posta ai piedi delle rocce scistose e su quelle poggiano le pareti dolomitiche. E in questo tratto ci sono diverse sorgenti. Altre ricerche di rocce uranifere – continua Rey – furono fatte da un certo Nurisso di Gravere alla frazione Beaume di Oulx, poi in un vallone sotto la via Rossa che porta alla strada dei Duemila, dove ho lavorato per estrarre pirite, solfuri e calcio- pirite. Allora di uranio non se ne parlava proprio”.

La miniera di ferro del Seguret!

Rey ha una pausa. Poi dice: “Le faccio vedere una cosa”. Apre una bacheca, ricchissima di minerali, tale da far invidia ad un museo. “Sì, ho studiato, ma è stata quella la mia università”. Assieme ai chilometri percorsi sulle montagne seguendo le tracce delle rocce che affiorano. E per lui la val Susa geologica e mineraria non ha segreti. Poi racconta di quando era capocantiere alle miniere di Traversella, già note ai tempi dell’imperatore romano Tito Livio, della sua vita con i geologi, i tecnici, gli operai che scavavano ogni giorno.

Immagini Elisa Godino Gherardo Biolla

La miniera di ferro del Seguret!


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