di Mariantonietta Sorrentino
Consigliabile a chi ama senza pentimenti la terra di Sicilia, “La miscela segreta di casa Olivares” di Giuseppina Torregrossa si dipana nelle viscere di una Palermo alle soglie della Seconda guerra mondiale. E percorre le vie storiche del capoluogo, i suoi mercati chiassosi con i colori e gli odori che gli appartengono.
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Dopo le prime pagine diventa familiare quel cöté mediterraneo inzuppato di umori e persino le parole stesse prese di peso dal vernacolo siciliano, ma che alla fine del libro vengono “decriptate” tramite un glossario.
A Palermo sì, ma in un luogo preciso si spalma la storia che ha un respiro accattivante per quei suoi personaggi dai nomi di fiori, per una saggezza antica che si fonde con la conoscenza del mestiere. Fulcro della storia è la torrefazione di casa Olivares, una famiglia che sbarca il lunario grazie al caffè e che lo legge: “caffeomante” è Viola la signora dal carattere tenace che legge in fondi a beneficio dal quartiere. Ogni femmina di quella casa poteva vantare un nome di fiore: Ortensia, la nonna, si adattava a tutti i climi, Mimosa, la più fragile delle figlie e, poi, Genziana, una ragazza resistente come la corolla azzurra che fiorisce nei pascoli di montagna. Il capostipite, Roberto, vive dominato da sua moglie e cerca di dominare Orlando in quella sua putìa odorosa di arabica fino allo stordimento.
Nel petto di Orlando batte il cuore di un drago fiammeggiante: si tratta della macchina che tosta dalla mattina alla sera il caffè. Il suo operato manda effluvi in tutto il rione e dà il buongiorno a tutti, la mattina.
A spiccare su tutti, però, non è il drago che pure una sua bella posizione occupa nel romanzo. La protagonista, sempre di più mano a mano che procede la storia, è Genziana soprannominata Zauditù, come la principessa etiopica, per l’incarnato. Una miscela porta il suo nome, miscela creata da Roberto, suo padre.
In casa Olivares la vita scorre nell’abbondanza e nella tranquillità domestica, inconsapevole dello scoppio imminente della guerra. Genziana vive alle soglie della fioritura della giovane età, ma il conflitto mondiale irrompe scardinando le esistenze.
La famiglia è segnata prima dalla morte prematura di Mimosa, gracile fin dalle fasce, poi dalla morte sotto i bombardamenti di nonna Ortensia e dei genitori.
Due dei 3 fratelli scappano; il terzo rimane a Palermo, ma in preda ad una sorda follia. Genziana è sola a badare all’attività che, nel frattempo, è tracollata. Tutto si blocca compreso Orlando, il drago sbuffante che lavora il caffè. Palermo in breve diventa un immenso teatro di macerie, una città dal cuore antico, ma lacerata e scomposta. Le sue ferite sono sotto gli occhi di tutti. Ma Viola, la matriarca sensuale e saggia “caffeomante”, aveva un giorno vaticinato: “La tua fortuna saranno le femmine, la tua sicurezza il caffè”.
E Genziana si inoltra nella vita adulta munita solo di queste parole. Percorre un lungo cammino, che da innamorata del bel tenebroso Medoro, lo vede allontanarsi senza spiegazioni. Al ragazzo va stretta la vita nella Palermo dei Quattro Mandamenti, dove svolgeva il lavoro di faccende rie spicciolo per un barone.
Diversi avvenimenti lieviteranno e la costringeranno a crescere: l’incontro con una donna venuta dal Nord, le attenzioni per le sue grazie del mafioso Scintiniune, l’amore mai sopito per Medoro. Ma l’unica forza lei la troverà nel suo proprio respiro Genziana, divenendo simile ad un chicco di caffè. Ascoltano i consigli dell’amica nordica di essere un rifugio nella Palermo distrutta. La vita la tosta come un chicco verde di caffè. Genziana si apre e inizierà a sprigionare il proprio aroma.
Un romanzo che vale quanto un tesoro per la vita della Palermo che fu e per la sopita saggezza che si insinua nelle sue pagine.
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