In quegli anni, a parer mio, l’artigianalità della sartoria di alta moda sfiora veramente l’opera d’arte.
La moda di allora detterà quei canoni, rimasti validi in tutti i decenni successivi e raggiungerà vertici, mai più superati.
Questo stile aristocratico, sia pur nella sua rigidità, venne impersonato alla perfezione dall’algida e raffinata Grace Kelley.
Per un altro verso, Madmoiselle Chanel rielabora una moda, anch’essa elegante e ricca, ma che strizza l’occhio a quella che sarà la donna di qualche decennio successivo.
Chanel crea dei tailleur con tessuti più informali e pratici, come il bouclé o il tweed.
Non perde però mai di vista il taglio essenziale di alta sartoria.
I suoi tailleur sono impreziositi dal dettaglio della catenella, che viene cucita dentro il bordo inferiore della giacca e della gonna, per garantire una perfetta caduta.
Era cosa normale nelle sarte, anche casalinghe di allora, mettere dei pezzetti di piombo nell’orlo delle gonne.
Ancora oggi, per le amanti dello stile Chanel, un must have è la borsa matelassé colla catenella.
Alla fine degli anni ’50 Givenchy lancia un taglio d’abito dritto, dalle spalle al ginocchio, privo di punto vita: l’abito a sacco.
L’abito a sacco nasce forse anche per favorire molte donne di allora, dalle forme morbide se non prosperose, che non andavano in palestra, né si imponevano diete, per raggiungere proporzioni alla Grace Kelley o Audrey Hepburn, ma frequentavano volentieri gli atelier di gran moda.
Curiosamente il vestito a sacco ispirerà due simboli della moda ribelle anni ‘60: il vestito a trapezio e la minigonna.