Parlando della questione morale che agita il dibattito politico sin dai tempi di Berlinguer, Famiglia Cristiana spiega: "Il disastro etico è sotto gli occhi di tutti. Quel che stupisce è la rassegnazione generale. La mancata indignazione della gente comune. Un sintomo da non trascurare. Vuol dire che il male non riguarda solo il ceto politico. Ha tracimato, colpendo l’intera società. Prevale la “morale fai da te”: è bene solo quello che conviene a me, al mio gruppo, ai miei affiliati. Il “bene comune” è uscito di scena, espressione ormai desueta. La stessa verità oggettiva è piegata a criteri di utilità, interessi e convenienza".
Addio bene comune, dunque, nel senso sempre inteso dalla Chiesa come "l'insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono tanto ai gruppi quanto ai singoli membri di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più speditamente" (cfr. Gaudium et spes). Addio, però, anche al senso della legalità e del rispetto delle regole in questa morale fai da te dove, parafrasando un autorevole giornalista, quando qualcuno accusa un altro di essere un ladro non si cercano riscontri alle accuse, ma si va a caccia degli eventuali scheletri nell'armadio dell'accusatore.
"Se è vero, come ha detto il presidente del Senato Renato Schifani, che «la legalità è un imperativo categorico per tutti, e in primo luogo per i politici, e nessuno ha l’esclusiva», - continua l'editoriale - è altrettanto indubbio che c’è, anche ad alti livelli, un’allergia alla legalità e al rispetto delle norme democratiche che regolano la convivenza civile. Lo sbandierato garantismo, soprattutto a favore dei potenti, è troppo spesso pretesa di impunità totale. Nonostante la gravità delle imputazioni. L’appello alla legittimazione del voto popolare non è lasciapassare all’illegalità. Ci si accanisce, invece, contro chi invoca più rispetto delle regole e degli interessi generali. Una concezione padronale dello Stato ha ridotto ministri e politici in “servitori”. Semplici esecutori dei voleri del capo. Quali che siano. Poco importa che il Paese vada allo sfascio. Non si ammettono repliche al pensiero unico. E guai a chi osa sfidare il “dominus” assoluto".
In questa politica-azienda che ne sarà della rottura Fini-Berlusconi? Per Famiglia Cristiana il futuro costruttivo passa attraverso il ritorno alla politica vera. "Quella, cioè, che ha a cuore i concreti problemi delle famiglie: dalla disoccupazione giovanile alla crescente povertà. Bisogna avere l’umiltà e la pazienza di ricominciare. Magari con uomini nuovi, di indiscusso prestigio personale e morale". E in un paese ormai "moralmente" impotente, la ricostruzione, a Roma come nei nostri territori, non sarà facile, con il rischio di perdere l'appuntamento con le nuove generazioni alle quali, prima o poi, dovremo interrogarci su quali valori etici e comportamentali dare. Famiglia Cristiana, da giornale cattolico, lancia uno sguardo fiducioso alle settimane sociali dei cattolici italiani (14-17 ottobre a Reggio Calabria) che parleranno di politica e bene comune per ridare un futuro al nostro Paese.
E gli italiani? Basta leggere la pioggia di commenti che accompagna l'Editoriale di Famiglia Cristiana per fare i conti con gente disorientata e un filo rassegnata (tanto da esprimere solidarietà preventiva al direttore della rivista prevedendo che per quello scritto finirà nel tritacarne del killeraggio mediatico e nel ventilatore di fango. Qualcuno, poi, ne parla come si parla dei martiri, quando in un "paese civile" sarebbe solo una persona per bene che esprime le sue idee in libertà pronto ad accogliere le replice di chi si sente attaccato.
Ma forse quando ho scritto "un paese civile" molti di voi han dato per scontato che non parlassi dell'Italia. Come darvi torto.