Magazine Diario personale
La morte di Dio [...] Intorno a Dio c'è poco da dire. Fede e mancanza di fede sono adesioni dell'anima che vengono prima di tutti i ragionamenti e resistono a tutti i ragionamenti. Qualcosa possiamo invece dire intorno alla morte di Dio annunciata da Nietzsche, secondo il quale Dio è morto perché oggi gli uomini vivono e si comportano prescindendo dalla sua esistenza, costruendo un mondo che si lascia comprendere anche senza ricorrere all'idea di Dio. Non è stato sempre così. Nel medioevo, per esempio, dove la letteratura parlava di inferno, purgatorio e paradiso, dove l'arte era arte sacra, dove persino la donna era donna-angelo, nulla di quella cultura poteva essere compreso se si prescindeva dall'idea di Dio. Quindi Dio esisteva e faceva mondo. Oggi il nostro mondo può benissimo essere compreso senza ricorrere all'idea di Dio, mentre difficilmente sarebbe leggibile senza l'idea di "mercato" o l'idea di "tecnica". Oggi quindi Dio è morto. Intorno al suo nome non accade un mondo, perché il mondo che viviamo non ha bisogno dell'idea di Dio per essere compreso. Altri sono i suoi referenti. Per questo dico che al di là dell'apparente risveglio religioso, fatto più di effetti mediatici (come si è visto in occasione della morte di Giovanni Paolo II o l'elezione di Benedetto XVI) e di speculazioni politiche (vedi l'appoggio dei movimenti religiosi e ultraconservatori all'elezione di Bush o le continue genuflessioni dei politici italiani davanti al papa), le religioni si stanno avviando inesorabilmente verso la loro estinzione, non per l'inarrestabile processo di secolarizzazione che caratterizza la nostra cultura, e neppure perché con le conquiste della scienza e della tecnica l'uomo può ottenere da sé quel che un tempo implorava da Dio, ma perché l'età della tecnica ha modificato la nostra psiche, abituandola a un tempo contratto che è l'intervallo che intercorre tra i mezzi e i fini. Un mezzo è un mezzo se adeguato al fine che vuol raggiungere, perché se è inadeguato, non è più un mezzo. Allo stesso modo un fine è un fine, e non un sogno, se i mezzi per conseguirlo sono disponibili oggi e non chissà quando. Questo tempo contratto tra il recente passato e l'immediato futuro, che è il tempo proprio dell'età della tecnica, sopprime, dentro di noi, il tempo escatologico che prevede che, alla fine (del mondo), si realizzi quello che all'inizio era stato annunciato. E siccome la religione si fonda sul tempo escatologico, se questo non ha più riscontro e risonanza nella nostra psiche, la religione muore, perché non più sostenuta da quella dimensione temporale (l'escatologia) di cui si alimenta. Resta il problema del "senso della vita" a cui le religioni offrivano risposte. Perciò l'umanità vaga senza orizzonte, ma senza neppure più la disponibilità di affidarsi a quelle che già Eschilo chiamava "cieche speranze". tratto da: IL SEGRETO DELLA DOMANDA-
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