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La morte di Morosini: il canovaccio (quasi) perfetto per i media

Creato il 18 aprile 2012 da Bulgarone84
Nonavrei voluto scrivere queste parole. Dure, ruvide, scomode. Fa maledire ma soprattutto sentirsi fare certi discorsi. Ne sonoconsapevole. Ma fa ancora più male lucrare sull'immagine di unpovero ragazzo di 25 anni che purtroppo non c'è più. Se ne sonosentite di tutti i colori in questi giorni. Tutti, o quasi, hannocavalcato l'onda del macabro festival allestito appositamente perquesto triste evento. Per alcuni, forse, addirittura un'opportunitàda sfruttare per emergere. Insistere sulla sfortuna famigliare che hacontraddistinto la vita del giovane calciatore è solo un aspettodella spettacolarizzazione del sua morte. Angosciante se vogliamo. Mai media non si sono fermati. Anzi hanno rincarato la dose. Abbiamoassistito impotenti in ogni palco televisivo ad una tragedia chetristemente ricalca il canovaccio perfetto preconfezionato per buonaparte del giornalismo italiano. Tutti gli elementi al posto giusto:la morte, un ragazzo di soli 25 anni, una famiglia in cui la cattivasorte si è accanita contro, il “teatro” dove si è inscenata latragedia, la diretta televisiva degli ultimi attimi di vitadell'atleta. Mancava solo un particolare a rendere il tuttoparadossalmente “perfetto”. Nel copione preesistente dell'agendamediatica sarebbe stato meglio che Morosini non fosse statoeconomicamente agiato. Ma nulla è perduto. Marco Liorni, durante la“Vita in diretta” di oggi pomeriggio ha annunciato testualmenteche il ragazzo, tra le altre sfortune, “non era ricco”. Forse inSerie B si vive di stenti? Èstata forzatamente distorta anche una delle note positive pubblicheche ha contraddistinto la vita del calciatore. Per calcare ancora dipiù la mano su una tragedia.Potreste,però, obiettare che se Morosini non fosse stato ricco oltre a essereun personaggio pubblico in quanto sportivo, il raggio della risonanzamediatica sarebbe stato tristemente ridotto. Anche voi avete levostre ragioni. Ribadisco che la morte, almeno per i media, non èuguale per tutti. Iltutto è stato inoltre condito da interviste a giocatori che pur nonconoscendo direttamente il giocatore si arrogavano il diritto difornire giudizi di valore sulla persona, sull'uomo. Ma questoagghiacciante teatrino non conosce limiti. C'è anche chi, con leripetute cadute e i vani tentativi di rialzarsi del giocatore haintravisto in questi gesti un ultimo saluto ai rispettivi famigliarideceduti dello stesso Morosini. Èbello giocare con le parole e con le metafore. È, però, meno bellogiocare con la morte. Specialmente per quella degli altri. Ogni tantodovremmo ricordarci di una parola: umanità.

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