La morte di Vittorio Arrigoni

Creato il 15 aprile 2011 da Bracebracebrace

Restiamo umani?

«Siamo sicuri che torneranno presto a casa perché non ci si può arrendere a un mondo senza ragioni». Non ricordo chi scrisse questa frase, nel settembre del 2004, all’indomani del rapimento di Simona Torretta e Simona Pari. Mi aveva colpito la forza della sua determinazione, anche se non era che una speranza, e anche allora nutrivo qualche dubbio sul fatto che il mondo fosse sensibile alla ragione. Ora per me è una certezza.

Vittorio Arrigoni sulla Free Gaza, ottobre 2008

Non ci sono ragioni che rimangano in piedi in un mondo in cui l’uomo che sfidò le bombe di «Piombo Fuso», unico giornalista al mondo (forse perché non lo era di professione) rimasto nella striscia di Gaza a raccontare la strage del popolo palestinese, viene rapito e ucciso in un modo così insensato e assurdo. Non ci sono ragioni politiche, sociali, culturali, giuridiche, non c’è alcuna ragione umana.

Viene da pensare che non rimanga spazio che per un atto di fede, duro colpo per chi non ne ha perché ha scelto di credere negli uomini.

Stamattina ho comprato il manifesto, per la prima volta dopo molto tempo. Era proprio dalle sue colonne, nei giorni a cavallo tra il 2008 e il 2009, che Vittorio Arrigoni aveva raccontato l’insensata operazione degli israeliani che stavano bombardando la striscia, il luogo con la più alta densità abitativa al mondo, «per neutralizzare Hamas». Furono colpite scuole, case, ospedali, mercati, strade. Hamas è ancora al potere.

Era questa guerra a spingerlo a restare, era questo «inferno» – come lo chiamava lui – che bisognava mostrare al resto del mondo, l’embargo della striscia di Gaza, la mancanza di medicinali, cibo e acqua, i tunnel scavati dai palestinesi sotto la propria terra per tentare di raggiungere l’Egitto, come moderni Mäuse sotto la supervisione dei figli delle vittime della Shoah.

Vittorio Arrigoni non si limitava a guardare e a scrivere: agiva, aiutava a curare i feriti sulle ambulanze, sfidava l’arbitrario blocco navale di Israele davanti alla striscia, era stato arrestato, picchiato, rilasciato, minacciato di morte, aveva visto cadere le bombe pochi metri più in là. Le sue cronache scritte durante l’operazione «Piombo fuso», che mandava in Italia sfruttando le poche connessioni internet che rimanevano a Gaza, sono raccolte nel volume «Gaza. Restiamo umani» (manifestolibri, 2009), dalla frase che ripeteva come una preghiera alla fine di ogni suo articolo.

E in noi risuona in queste ore come un lancinante interrogativo: restiamo umani?

Andrea Tornago



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