(Luca Cirio) – Credo che per ognuno di voi, se io scrivo la parola “Matrix”, sia immediata e automatica l’associazione di essa al film dei fratelli Wachowski del 1999 che ha rappresentato il manifesto di un mondo ormai consapevole dei nuovi orizzonti verso cui può dirigersi l’innovazione tecnologica, ma che soprattutto ha generato nelle nostre vite nuovi punti di domanda.
In che modo l’Homo Sapiens deve essere in grado di rapportarsi al progresso? Quali obiettivi deve sapersi porre e di quali mezzi deve servirsi per raggiungerli? Quale codice etico (e a volte anche estetico) deve saper seguire per non finire fuori strada nell’infinita marcia verso il progresso?
Immagino ricordiate il concetto alla base del film, quello secondo cui delle macchine avevano schiavizzato gli umani tenendoli addormentati e succhiando via dai loro corpi la linfa vitale che serviva a loro per essere alimentate. Il modus operandi per poter ottenere quella preziosa risorsa energetica consisteva nel far sognare agli uomini una realtà virtuale in cui poter interagire tra loro ed essere convinti di provare gusti, sensazioni ed emozioni.
Beh, è di questi giorni la notizia della prossima messa in vendita da parte di un’azienda americana di un paio di speciali cuffiette auricolari capaci, oltre che di riprodurre naturalmente musica, di stimolare il nervo vago con degli impulsi elettrici regolati in base a ciò che viene ascoltato.
Il fatto che un qualsiasi essere umano nel corso della sua vita, in determinati attimi o periodi, decida di cedere alla tentazione di procurarsi artificialmente delle emozioni e sensazioni alterando la propria percezione sensoriale è cosa ovvia e risaputa. Alcolici, farmaci e droghe non sono certo stati inventati ieri e chiunque di noi ha speso qualche attimo di vita (in molti addirittura qualche periodo) per fare uso di almeno uno di questi tre tipi di sostanze con l’unico e preciso scopo di “sballarsi”.
E’ capitato ovviamente anche a me e col tempo ho imparato a prendere le distanze dall’esigenza di tutto questo, dall’assuefazione, dal continuo voler alzare l’asticella per un salto che ti porti sempre più in alto. Ricorro con estrema parsimonia a questo tipo di trucchetti per divertirmi, che finiscono col farti provare semplicemente quella che io definisco una “euforia confezionata”. Tuttavia riesco ancora a comprendere la totale normalità legata al fatto che capiti, a patto che si tratti di circostanza e non di una routine, che l’animo umano voglia fuggire in luoghi mentali che un semplice fisico sobrio non può fargli raggiungere. Arrivo anche a comprendere il fatto che, nella ricerca di questa estasi, spesso il fine possa giustificare dei mezzi non propriamente ortodossi.
Tuttavia, alla notizia della prossima commercializzazione di questi particolari monitor, un brivido mi ha attraversato le viscere, terrorizzandomi. Non mi sono messo a verificare se si tratti di notizia reale o bufala, lo ammetto. Ma il solo fatto che una mente possa aver concepito questa idea mi spaventa. Tralasciando il fatto che un continuo abuso di una stimolazione del nervo vago possa finire col verificarsi, a lungo termine, dannoso per la salute, la mia maggior preoccupazione resta un’altra: il fatto che le note e la loro successione armoniosa all’interno di un brano possano improvvisamente svuotarsi di un significato, di un obiettivo, di una loro identità.
Probabilmente questo mio particolare approccio alla Musica, una relazione che vivo come una sorta di religione, mi rende cieco, reazionario e impreparato al progresso, ma in piena onestà non riesco a concepire come una persona che sta ascoltando un brano che ama molto, provando delle sensazioni piacevoli e naturali, possa “volere di più”. Sembra che il puro godere dell’ascolto sia ormai caduto nel baratro dell’assuefazione e vedo il crescente consenso lobotomizzato verso questo modo di intendere l’intrattenimento musicale come un seria minaccia da non sottovalutare: a mio parere il puro progresso privo di etica, senza un minimo di educazione allo spirito artistico e creativo, da circa trent’anni sta demolendo a colpi di cannone un mercato, quello discografico, ma soprattutto un lato del nostro ego.
Cari scienziati pazzi cervelloni, siete già riusciti a rendere più emozionante e coinvolgente (ma soprattutto conveniente) per un ragazzino segnare un gol premendo il tasto “cerchio”, anziché sentendo il cuoio del pallone sbattere contro il proprio collo del piede.
Dedicatevi a trovare nuovi modi per salvare le vite umane, non a trovare nuovi marchingegni per stordirle.