La musica nera dei Mussolini

Da Lara



Su un giornale online mi sono fermata a leggere un breve articolo che ora riporto.
Non è una notizia eclatante, ma qualcosa di cui non ero a conoscenza e, in questo senso, la condivido volentieri:


Da I Mussolini clandestini del jazz a Villa Torlonia


"Edda, Vittorio, Bruno, Romano e Anna Maria, tutti e cinque i figli ufficiali di Benito Mussolini si ritrovavano spesso attorno al grammofono di casa per ascoltare dischi jazz. Uno di loro, in vedetta ai vetri di una finestra, dava l’allarme: eccolo, papà sta scendendo dalla macchina.. E di colpo i dischi sparivano in qualche nascondiglio.."

Questo particolare forse inedito della quotidianità del dittatore fascista – che odiava il jazz, lo considerava “musica contro” – me l’ha raccontato Giuseppe Barazzetta, detto Pip, novant’anni appena compiuti, "il cronista del jazz" come lui stesso ama definirsi. E’ appena uscito il suo libro di memorie, "Una vita in quattro quarti": pagine ricche di aneddoti, di testimonianze, di ritratti dei personaggi leggendari di questa musica, che lui ha conosciuto e di cui è diventato amico, da Louis Armstrong a Duke Ellington, da Benny Goodman a Charles Mingus; libro che è stato presentato in una serata-concerto all’Auditorium di Settimo Milanese, su iniziativa del Comune.
E tu, Pip, come hai saputo della “cellula blues” a Villa Torlonia, nella dimora del principale nemico del jazz? Addirittura i figli di Mussolini che ascoltano e amano la “musica negra” nei lontani Anni Trenta e Quaranta.. 
"E’ stato Romano Mussolini a parlarmene, lui jazzista poi apprezzatissimo nel dopoguerra".
Durante il ventennio, per dare un’idea della singolarità delle simpatie dei figli del duce, e più ancora nel periodo della guerra, chi pronunciava la sola parola "jazz" in pubblico veniva fermato e interrogato. 
I nomi degli artisti stranieri erano italianizzati. Louis Armstrong, per esempio, diventò Luigi Braccioforte, Benny Goodman Beniamino Buonuomo. Non bastasse, anche i titoli dei brani più popolari venuti da oltreoceano, erano tradotti. Anche qui qualche esempio: “Honeysuckle Rose” divenne “Pepe sulle rose” e la celeberrima “St.Louis blues” si chiamò “Le tristezze di S.Luigi”!
Barazzetta ci tiene a ricordare le tre etnie di cui è figlio il jazz: quella afroamericana(musicisti neri), quella ebraica di estrazione europea e la terza, la più sconosciuta, degli italo-americani, costituita dagli immigrati e dai loro discendenti."
L'articolo è di Antonio Lubrano.


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