Le polemiche su quella cialtronata di talent show per scrittori, Masterpiece (in onda su Rai 3, ogni domenica in seconda serata) non si spengono.
Hanno fatto rabbia soprattutto le continue uscite, supponenti, intellettualoidi e del tutto opinabili, di Andrea De Carlo contro la narrativa del fantastico. La speculative fiction, per dirla all’inglese. Perché, cito a spanne, “la vita reale è già sufficientemente interessante per raccontare tutto ciò che va raccontato“. O giù di lì.
Con buona pace di una fetta di mercato che altrove, fuori dai nostri tristi confini, ha un’importanza colossale sia a livello di vendite che di produzione artistica.
Vi segnalo gli articoli di alcuni stimati colleghi, che hanno detto la loro con dovizia di particolari.
- Angelo Sommobuta Cavallaro – Ci sono Oda, Taniguchi e Adachi come giudici
- Germano M. (AKA Germano Hell Greco) – Ciò che facciamo in vita
- Valentina Coscia – La pozzanghera italiana
- Davide Mana – Basato su una storia vera
- Marina Belli – Buttarsi nel fantasy
Potrei davvero aggiungere altro? Potrei usare sfumare diverse per ribadire un discorso già così ben approfondito dai colleghi blogger?
No, non potrei. Probabilmente sono anche un po’ stanco di difendere la dignità dei generi di cui mi occupo, e di cui là fuori troppo spesso continuano a non volerci capire nulla. Che è qualcosa che va al di là del lecito gusto personale. No, qui si tratta proprio di supponenza e di poco rispetto per il lavoro altrui. Il che, se ci pensate, è intollerabile.
Allora, non volendo aggiungere altre parole, il mio perché sì alla narrativa del fantastico ve lo spiego con un video.
Con buona pace di quel borioso signore dall’aria perennemente scazzata che è Andrea De Carlo.
Tre volte Randolph Carter sognò la meravigliosa città, e tre volte venne portato via mentre si trovava ancora sull’alta terrazza che la dominava.
Riluceva, dorata e splendida nel tramonto, con le sue mura, i templi, i colonnati e i ponti ad arco di marmo venato, mentre fontane d’argento zampillavano con un effetto prismatico su ampi piazzali e giardini odorosi, e larghe strade passavano tra alberi delicati, urne ornate di boccioli e statue d’avorio disposte in file lucenti. Su vertiginosi strapiombi, rivolte verso nord, si arrampicava invece una lunga serie di tetti rossi, e antichi frontoni aguzzi si susseguivano lungo stradine erbose coperte da ciottoli.
(La ricerca onirica dello sconosciuto Kadath – H.P. Lovecraft)
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