Subito dopo la nascita di Gabriele avevo pensato di scrivere un post su come era andata la sua nascita in casa: un pò per farne memoria, un pò per fissare questo momento cosi magico e importante. Poi riflettendo ho preferito tenere per noi questo momento cosi intimo.
Oggi invece, giornata internazionale del parto in casa, si presenta l’occasione giusta per raccontare…un racconto non fine a se stesso ma che possa essere di incoraggiamento per altre donne.
Il Racconto 28 novembre ore 22.00 - Vado a letto, faccio addormentare Alessandro che era a casa malato. Parlo con Gabriele e faccio le mie considerazioni: “certo che domani sarebbe un buon giorno per nascere, se non fosse che devo andare a fare il mandala dalla Franca…beh Gabriele vedi tu..” Gabriele come d’abitudine rispondeva con calcetti e movimenti sempre molto attivi ma dolci e delicati.
Dormo tranquilla tutta la notte
29 novembre ore 4.30 - Mi sveglio a causa di qualche dolorino…qualche fitta alla pancia…mi sembravano contrazioni. Beh insomma è presto, mi dico, cerchiamo di dormire ancora un po’. 29 novembre ore 5.30 - Le contrazioni mi sembrano ravvicinate e cosi mi alzo e controllo ogni quanto le ho: ogni 10 minuti circa. Chiamo l’ostetrica. Mi faccio una doccia. Io e il mio compagno facciamo colazione tranquilli
29 novembre ore 6.15 - Mi risento con l’ostetrica: le contrazioni sono leggere ma regolari . Il sacco si è rotto alto e comincio a perdere le acque.
29 novembre ore 7.10 - L’ostetrica arriva. Le contrazioni cominciano ad essere dolorose e molto vicine. Mi visita. Non chiedo se sono dilatata e di quanto. Non voglio farmi condizionare
29 novembre ore 8.00 - Sveglio Alessandro: la nonna è venuta a prenderlo. Lui tranquillo senza fare domande si veste e esce di casa..sulla porta mi dice “mamma ci vediamo presto”. Poi mi dirà: “Mamma io avevo capito che gabriele stava per nascere: c’era l’ostetrica!”
29 novembre ore 8.10 - Sandra, levatrice da trentanni, chiama Nadia, giovane ostetrica perché ci raggiunga.
29 novembre ore 9.00 - Entro nella vasca da bagno. Sono immersa nel liquido e immersa nell’atmosfera quasi surreale del momento. Mi vedo come da un’altra dimensione. Vicino a me il mio compagno.
29 novembre ore 10.00 - Esco dall’acqua le contrazioni sono forti. Le ostetriche hanno preparato tutto l’occorente per accompagnarmi: teli e asciugamani caldi sono vicino al tappeto. Mi sdraio sui cuscini in sala. Capisco che il momento sta per avvicinarsi: tra poco conoscerò il mio piccolo. Le ostetriche si cambiano. Intravedo Sandra con una maglietta con foto di bimbi (sono alcuni di quelli cha ha fatto nascere). In un angolo ci sorveglia una dea madre
29 novembre ore 10.20 - Comincia il periodo espulsivo Sono carponi appoggiata alle gambe del mio compagno che è seduto sul divano Chiedo uno specchio e alle 10.52 dò alla luce Gabriele che sguscia tra le mani dell’ostetrica come un pesciolino. E’ ricoperto di vernice caseosa, emette un piccolo vagito, me lo appoggiano sulla pancia: è tranquillo apre appena gli occhi. Le ostetriche ci lasciano soli. Il cordone ombelicale pulsa per 45 minuti. Gabriele si attacca al seno e succhia…
Ci godiamo il momento nella pace e tranquillità di una nuvolosa mattinata di fine novembre…
Le emozioni Durante la gravidanza aveva sognato il mio parto: da sola nella vasca da bagno della casa in cui abitavo da ragazza. Questo sogno mi ha accompagnato per tutta la gravidanza infondendomi tranquillità e serenità.
Non avevo paura e volevo godere a pieno della nascita del mio secondo figlio. Non che il primo parto non fosse andato bene, ma non ne avevo un ricordo preciso chiaro, non avevo lo assaporato: vuoi l’ambiente ospedaliero, vuoi l’ossitocina, ma ero arrivata stremata e poco lucida con la sensazione di essermi persa qualche cosa della nascita del mio primo figlio Con Gabriele sono arrivata al parto con un’altra consapevolezza, con maggior fiducia nelle mie risorse e in quelle del mio corpo, con le idee più chiare su quello che mi sarebbe piaciuto, ma soprattutto con un atteggiamento mentale diverso: più aperto, più conciliante, più ricettivo, più pronto ad accogliere positivamente quello che sarebbe arrivato.
Durante il travaglio mi sentivo come se fossi sola, immersa in una bolla, concentrata, assorta, in ascolto, forte della presenza di chi poteva sostenermi e aiutarmi nel caso in cui avessi avuto bisogno: il mio compagno e le ostetriche che con la loro professionalità, dolcezza, discrezione e allo stesso tempo forza, schiettezza, sapevo mi erano vicini. Partorire a casa non può essere considerato “stravagante”, “roba da pazzi, incoscienti” “per alternativi”..come ho sentito spesso dire
partorire a casa è potente potente perché prima implica avere fatto un lavoro su se stesse, aver in qualche modo recuperato la fiducia nel corpo, nelle sue capacità e risorse. Potente perché dà energia, carica positiva, aiuta ancor di più a prender coscienza delle prorpie potenzialità, del fatto che se si è in grado di dare alla luce un figlio si potrà certo esser delle buone madri: tutto è dentro di noi.
Partorire a casa mi ha lasciato un senso di pienezza, di forza, di gioia di aver offerto un buon inizio di vita al mio bambino e una nascita rispettosa.
Auguro a tutte le donne di poter prendere in considerazione e vivere questa esperienza.
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