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La nascita di un mondo fantastico

Creato il 11 agosto 2012 da Martinaframmartino

La nascita di un mondo fantasticoI mondi fantastici non mi attiravano. Pensavo di non riuscire a trovare nulla d’interessante da dire. Se poi qualcosa d’interessante l’ho trovato sono i lettori a doverlo giudicare, quel che è certo è che a un certo punto io mi sono messa a scrivere. Sorvolando sui due articoli che ho citato due giorni fa nella mia analisi di Effemme 5 nei quali sono andata fuori tema, ne ho scritto uno su Martin che compare nella rivista e uno su Jordan che prossimamente pubblicheremo su FantasyMagazine. E poi, tanto per gradire, mi sono resa conto che sarebbe stato carino scrivere un articolo introduttivo, per spiegare cosa significa creare un mondo fantastico. Ovviamente esistono moltissime altre possibilità o opinioni diverse rispetto a quelle che ho citato, ma mi sembra di aver comunque scritto un testo che indica alcuni punti importanti prima di lasciare spazio alle riflessioni personali. L’ho scritto tardi, a rivista praticamente ultimata, e comunque non avrebbe potuto entrarci per problemi si spazio, quindi lo abbiamo pubblicato su internet in modo da diventare un articolo di lancio del quinto numero di Effemme. Ve lo ripropongo qua sotto.

La nascita di un mondo fantastico
“Trovate la mappa. Sarà lì. Nessun viaggio in Fantasylandia è completo se non ce n’è una” (1) spiegava già alcuni anni fa Diana Wynne Jones nella sua Tough Guide to Fantasyland. E in effetti la maggior parte dei romanzi fantasy ormai sono corredati da una cartina del mondo in cui è ambientata la storia. Oltre ad aiutare il lettore a entrare immediatamente con la testa in un mondo che non è quello nel quale viviamo, spesso una buona mappa è fondamentale per riuscire a seguire meglio la storia. Ne era consapevole già J.R.R. Tolkien quando, scrivendo a una persona che aveva letto la bozza dei primi due volumi del Signore degli Anelli, si scusava dicendo che “dev’essere stato terribilmente difficile localizzare i posti senza una o più mappe” (2).

La nascita di un mondo fantastico
In effetti molte delle decisioni che sono costretti a prendere Frodo e compagni nel corso del loro viaggio sono legate alla geografia della Terra di Mezzo, una geografia che Tolkien conosce e sulla quale si basa per portare avanti la sua trama.

“Saggiamente sono partito da una mappa e vi ho adattato il racconto (in genere con un’attenta cura delle distanze). Il procedimento inverso genera confusioni e difficoltà, e in ogni caso è un lavoro molto faticoso tirar fuori una cartina geografica da un racconto” (3) ha spiegato ancora Tolkien. L’aspetto geografico di un romanzo come Il signore degli anelli dunque è fondamentale, anche se quel mondo esisteva già, con tutta una serie di “leggende più o meno legate” (4) che il pubblico avrebbe conosciuto solo nel 1977, quattro anni dopo la morte dello scrittore, quando Il Silmarillion sarebbe finalmente giunto nelle librerie.

“Semplici storie”, come le ha definite lo stesso Tolkien (5), nate da una delle sue grandi passioni, quella per le lingue. “Alla base c’è l’invenzione dei linguaggi. Le «storie» furono create per fornire un mondo ai linguaggi e non il contrario. Per me, viene prima il nome e poi la storia” (6), ha scritto, ma una volta che l’insieme degli eventi più grande, quello capace di donare un fondamento mitologico e una profondità altrimenti impossibile ai linguaggi nasce, “bisogna concentrarsi su una parte del mondo (universo), probabilmente molto piccola, se si vuole raccontare una storia” (7). E per raccontarla bene, soprattutto se è la narrazione di un viaggio, bisogna conoscere il mondo in cui storia e viaggio si svolgono, sapere perché i protagonisti scelgono un percorso piuttosto che un altro e quali sono le difficoltà che potrebbero trovarsi ad affrontare. Non solo, ogni luogo deve avere caratteristiche che gli sono peculiari perché sia credibile.

Le miniere di Moria offrono un contrasto straordinario con la pace di Lórien, e la terra sotto il dominio di Mordor rivela al di là di ogni dubbio quale sia la natura del suo Signore, solo per citare un paio di esempi.

La Terra di Mezzo però non è solo un luogo geografico ma ha anche una sua storia, come dimostra il continuo affiorare delle leggende nel viaggio di Frodo o la presenza di appendici dedicati agli annali dei re, al calcolo degli anni o agli alberi genealogici alla fine del Signore degli Anelli. E la Storia più grande, quella che affonda nei secoli, ha le sue ripercussioni nella storia più piccola, quella che vivono in un determinato periodo alcuni personaggi. La figura di Aragorn, o il ruolo dei soprintendenti di Gondor, sono più importanti e meglio caratterizzati proprio per il fatto di avere un passato, anche se gran parte di questo passato è raccontato in un’altra opera, il Silmarillion. E sorprendentemente il passato ha anche legami con la geografia, e di conseguenza con la storia attuale, perché quando Aragorn parte per arrivare in soccorso di Gondor il più in fretta possibile sceglie di percorrere i Sentieri dei Morti poiché quella è la via più breve, ma contemporaneamente trova alleati inattesi che si uniscono a lui da un altro tempo (8).

Il risultato del lavoro di Tolkien è sotto gli occhi di tutti con la caratterizzazione di un mondo, la Terra di Mezzo, in modo talmente realistico e coerente da far sentire il lettore immerso al suo interno, come se lui per primo stesse compiendo quel viaggio. Il professore di Oxford insomma ha realizzato ciò che lui stesso aveva teorizzato in una celebre conferenza, quando “il compositore della storia si dimostra un «sub-creatore» riuscito. Egli costruisce un Mondo Secondario in cui la nostra mente può introdursi. In esso, ciò che egli riferisce è «vero»: in quanto in accordo con le leggi di quel mondo. Quindi ci crediamo, finché, per così dire, restiamo al suo interno” (9).

Il mondo è vero, e il lettore-viaggiatore può entravi.

Tolkien, pur avendo una solida base nella mitologia della sua terra, per narrare il suo grande viaggio è partito dalla mappa, con tutte le sue caratteristiche geografiche.

La nascita di un mondo fantastico
Una mappa è stata il punto di partenza anche per David Eddings, il quale ha raccontato che “una mattina, prima di uscire di casa, mi venne da scarabocchiare, così, tanto per combattere la noia, e vide la luce le carta geografica di un luogo inesistente (e che, con ogni probabilità, è una insensatezza geologica)” (10).

Eddings non si è messo a scrivere subito, ma quando lo ha fatto si è prima costruito una solida base su cui lavorare. “Mi resi conto che, poiché avevo creato quel mondo,” ha spiegato, “avrei dovuto popolarlo, e ciò significava che avrei dovuto creare le «conoscenze» varie prima di provare a mettere insieme una trama. Il risultato fu Il Codice Rivano. Mi dissi che ogni cultura doveva avere una diversa struttura sociale, una diversa mitologia, una diversa teologia, un diverso carattere nazionale, costumi diversi, diversi modi di rivolgersi agli altri, e anche monete, pesi e misure diversi. Magari non ne avrei mai accennato nei libri, ma dovevano esserci” (11). In più, dopo aver evidenziato altri problemi su cui ha dovuto riflettere prima di creare La saga dei Belgariad come il tipo della magia da utilizzare, il tono da dare alla storia, le varie credenze religiose e le relative profezie, David ha sottolineato come sia importante costruirsi una buona cronologia: “Quando si ha una storia che dura settemila anni, è meglio avere anche una cronologia e prestarvi bene attenzione, o si può finire per perdersi da qualche parte nel trentanovesimo secolo” (12).

Il lavoro di costruzione di un mondo è impegnativo ma fondamentale, come ha chiaramente affermato Eddings: “La prima cosa che occorre a uno scrittore d fantasy è inventare un mondo e disegnarne la carta geografica. Partite da questa, altrimenti vi perderete e lettori pignoli che non hanno di meglio da fare vi segnaleranno tutti gli svarioni.

Poi dedicatevi agli studi preliminari e a un primo abbozzo dei personaggi, per grandi linee” (13). Solo in seguito, secondo lui, si può pensare alla trama.

Ma perché inventare un mondo quando si possono narrare storie ambientate nel mondo che tutti conosciamo?

La nascita di un mondo fantastico
Terry Brooks, parlando della nascita della Spada di Shannara, ha spiegato: “non volevo scrivere vicende ambientate nel mondo reale. Il mondo reale non era abbastanza vasto o abbastanza bizzarro perché vi potessi lavorare. Mi occorreva un posto così enorme e così diverso che nessun’altra persona potesse descriverlo all’infuori di me. Poteva esistere solo nella mia mente e nelle parole che avrei usato per descriverlo. Doveva riguardare posti conosciuti, ma anche luoghi che nessuno conosceva. Doveva parlare di noi, ma anche di genti diverse. Ogni cosa che descrivevo doveva ricordare ai lettori ciò che conoscevano, ma anche spingerli a dargli una seconda occhiata, indipendentemente dal fatto che credessero vere le mie parole oppure no” (14).

La nascita di un mondo fantastico
La possibilità di far sentire al lettore che lo scrittore sta parlando di lui e del suo popolo pur parlando di personaggi immaginari è anche uno dei motivi che ha indirizzato verso la narrativa fantastica Guy Gavriel Kay. “Il genere consente l’universalizzazione della storia. Toglie gli episodi al di fuori di uno specifico tempo e luogo e apre la possibilità per lo scrittore — e per il lettore — di considerare i temi, gli elementi di una storia, come applicabili a una più ampia gamma di tempi e luoghi. Distacca il racconto da un ristretto contesto, permette di spogliarsi o al limite di erodere pregiudizi e assunzioni. E, paradossalmente, poiché la storia è presentata come un fantasy può essere vista come maggiormente applicabile alla vita del lettore e al suo mondo, non meno. Non può essere vista solo come qualcosa che è accaduto, diciamo, settecento anni fa in Spagna” (15), ha spiegato l’autore canadese in una delle sue conferenze più famose.

Non solo, mentre in un romanzo storico il lettore che conosce bene la storia sa già quale sarà l’esito di una determinata battaglia e il destino dei personaggi realmente esistiti, in un fantasy lo scrittore ha maggiore libertà d’azione. “Io voglio trattenere il lettore a leggere fino alle due del mattino e oltre” ha aggiunto recentemente Kay (16). “Perciò considerate questo: se io baso un libro su un passato leggermente alterato il lettore che sa cosa sia accaduto in quel tempo e in quel luogo non sa con certezza cosa accadrà nella mia storia. Nella Rinascita di Shen Tai io ho comunicato con lo slittamento in un immaginario Kitai dalla Cina reale che mi riservavo il diritto di cambiare, o comprimere gli eventi”.

Un discorso analogo è stato fatto da George R.R. Martin, il quale ha spiegato che, per quanto lui ami la narrativa storica, il suo problema è che sa sempre cosa deve accadere. Chi legge della Guerra delle Due Rose sa, per esempio, che il principino non uscirà mai dalla torre. La fantasy, al contrario, non ha queste limitazioni, perciò il lettore è spinto nella lettura del libro dalla voglia di scoprire quello che accadrà (17). Ma perché un mondo inventato sia convincente è necessario che sia costruito su solide basi.

Se l’ambientazione è di tipo medievale lo scrittore non può limitarsi a inserire cavalieri, damigelle e castelli, ma deve preoccuparsi anche della struttura sociale, delle iniquità e delle violenze proprie del periodo (18), senza dimenticarsi i dettagli più concreti.

Martin è stato più volte accusato di descrivere scene di sesso o di violenza inutili, così come di aver dedicato troppo spazio a banchetti e descrizioni di abiti o di imprese araldiche, ma secondo lui il piacere della lettura non è legato solo all’avanzamento della trama. Se la trama fosse l’unica cosa importante basterebbe leggere un riassunto del romanzo, al posto del romanzo stesso. Per George invece la lettura è un’esperienza immersiva nella quale bisogna assaporare il sapore del cibo o vivere il terrore della battaglia, e per ottenere quest’effetto sono necessari molti dettagli (19).

Non solo, Martin ha affermato che “la miglior fantasy è scritta nel linguaggio dei sogni. È viva come sono vivi i sogni, più reale della realtà” e, facendo un confronto fra fantasy e realtà, ha aggiunto che “la realtà è la fila di centri commerciali di Burbank, le ciminiere di Cleveland, un garage a Newark. Fantasy sono le torri di Minas Tirith, le antiche pietre di Gormenghast, le sale di Camelot. La fantasy vola sulle ali di Icaro, la realtà sulla Southwest Airlines”, perciò “noi leggiamo fantasy per trovare nuovamente i colori”, per “assaggiare forti spezie, e sentire il canto delle sirene” (20).

Così la sua Barriera è enormemente più alta del Vallo di Adriano da cui è stata ispirata (21), ma la funzione di ultimo baluardo della civiltà contro un eventuale attacco da parte di creature terrificanti è la stessa, ed è descritta con una cura tale da farla sentire terribilmente reale. Così come reali sono le altre caratteristiche del suo mondo, con distanze percorribili e misurabili, luoghi abitabili e persone vive animate da sentimenti forti e a volte contrastanti.

Tanti anni fa Lester del Rey affermava che “la fantasy è la forma di letteratura più difficile da scrivere perché deve essere la più realistica” (22).

Ancor prima di lui Tolkien aveva spiegato che la sua storia era “basata su una geografia, una cronologia e un linguaggio molto elaborati e dettagliati” (23), tanto che per rispondere alle curiosità della gente che voleva avere nuove informazioni sulla Terra di Mezzo sarebbe stato necessario un libro di notevoli dimensioni.

Questo è ciò che hanno fatto e stanno continuando a fare gli autori del fantastico: creano mondi immaginari veri come quelli reali, finché il lettore si trova al loro interno. Che siano terre dove gli inverni possono durare anni interi o commistioni fra antiche tradizioni letterarie e immaginazione, la geografia, la cultura e la società sono perfettamente caratterizzati e coerenti, al punto da consentire al lettore di compiere un vero e proprio viaggio con la fantasia in località create unicamente dalla mente dell’uomo.

Effemme 5, che certo non ha la stessa pretesa di completezza del professore di Oxford, propone una carrellata su alcuni dei mondi possibili, nella speranza d’incuriosire nuovi viaggiatori. Perché se ogni lettura è un viaggio, la lettura in un mondo immaginario non può che riservare continue e affascinanti sorprese.

Note

1) Diana WYNNE JONES, The Tough Guide to Fantasyland, Firebird, 2006.

Alcune pagine della guida (ma non la frase citata da me) sono visibili sul sito di Amazon: http://www.amazon.com/Tough-Guide-Fantasyland-Diana-Wynne/dp/0886778328. Fra quelle visibili mi piace particolarmente la voce dedicata agli apostrofi.

2) J.R.R. TOLKIEN, The Letters of J.R.R. Tolkien, George Allen & Unwin, 1981, trad.it. La realtà in trasparenza, Bompiani, Milano, 2002, pag. 201.

3) Tolkien, op.cit., pag. 201.

4) Tolkien, op.cit., pag. 165.

5) Tolkien, op.cit., pag. 165.

6) Tolkien, op.cit., pag. 248.

7) Tolkien, op.cit., pag. 218.

8) La vicenda è narrata in J.R.R. TOLKIEN, The Lord of the Rings, George Allen & Unwin, London, 1966, trad.it. Il Signore degli Anelli, Rusconi, Milano, 1988, pag. 930-950.

9) J.R.R. TOLKIEN, The Monsters and the Critics and Other Essays, 1983, trad.it. Il medioevo e il fantastico, Bompiani, Milano, 2004, pag. 197.

10) David EDDINGS, The Rivan Codex, 1988, trad.it Il Codice Rivano, Sperling & Kupfer, Milano, 2002, pag. 11.

11) Eddings, op.cit., pagg. 11-12.

12) Eddings, op.cit., pagg. 14-15.

13) Eddings, op.cit., pagg. 18-19.

14) Terry BROOKS, Sometimes the Magic Works, Ballantine Books, 2002, trad.it. A volte la magia funziona, Mondadori, Milano, 2003, pag. 24.

15) Guy Gavriel KAY, Home and Away, testo di una conferenza tenutasi a Toronto ora disponibile sul sito autorizzato dello scrittore: http://www.brightweavings.com/ggkswords/globe.htm.

L’ultima riga si riferisce al romanzo inedito in Italia The Lions of Al-Rassan, pubblicato da Kay nel 1995, che richiama molto da vicino il periodo della cacciata dei Mori dalla Spagna.

16) Guy Gavriel KAY, Under Heaven Autor’s Letter, lettera pubblicata nel 2010 sulle copie promozionali di Under Heaven ora disponibile sul sito autorizzato dello scrittore: http://www.brightweavings.com/ggkswords/underheavenauthorsletter.htm.

17) Il concetto è stato espresso da Martin in parecchie interviste. Segnalo quella condotta il 18 aprile 2011 da James Poniewozik per il Time Entertainment (http://entertainment.time.com/2011/04/18/grrm-interview-part-2-fantasy-and-history/). In essa Martin ha affermato: “I said what I want to do is combine some of the realism of historical fiction with some of the appeal of fantasy, the magic and the wonder that the best fantasy has.

As much as I love historical fiction, my problem with historical fiction is that you always know what’s going to happen. You know, if you’re reading about the War of the Roses, say, you know that the little princes are not going to come out of that tower. Fantasy, of course, doesn’t have that constraint. You can still have that driving force, which I think is one of the things that people read books for, what’s gonna happen next? I love this character, but god, is he gonna live, is he gonna die? I wanted that kind of suspense.”

Il riferimento alla Guerra delle Due Rose è dovuto al fatto che quel periodo di guerre e intrighi politici è una delle fonti d’ispirazione per la prima parte delle Cronache del ghiaccio e del fuoco.

18) Intervista condotta il 17 dicembre 2011 da David Larsen per il New Zeland Listener (http://www.listener.co.nz/culture/books/george-rr-martin-interview/). Parlando di molte opere fantasy successive a Tolkien, Martin ha affermato che “many of those books used to be set in the Disneyland Middle Ages. You had the trappings, you had knights and princesses and castles and all of this stuff, but without any real feeling for the class structure, the inequities of such a society, the violence of such a society. I wanted something that had the wonder and strangeness of the best fantasy, but with the solid grounding of the best historical fiction”.

19) Intervista condotta l’11 luglio 2011 da Rachel Brown per The Atlantic (http://www.theatlantic.com/entertainment/archive/2011/07/george-rr-martin-on-sex-fantasy-and-a-dance-with-dragons/241738/): “I have gotten letters over the years from readers who don’t like the sex, they say it’s “gratuitous.” I think that word gets thrown around and what it seems to mean is “I didn’t like it.” This person didn’t want to read it, so it’s gratuitous to that person. And if I’m guilty of having gratuitous sex, then I’m also guilty of having gratuitous violence, and gratuitous feasting, and gratuitous description of clothes, and gratuitous heraldry, because very little of this is necessary to advance the plot. But my philosophy is that plot advancement is not what the experience of reading fiction is about. If all we care about is advancing the plot, why read novels? We can just read Cliffs Notes.

A novel for me is an immersive experience where I feel as if I have lived it and that I’ve tasted the food and experienced the sex and experienced the terror of battle. So I want all of the detail, all of the sensory things—whether it’s a good experience, or a bad experience, I want to put the reader through it. To that mind, detail is necessary, showing not telling is necessary, and nothing is gratuitous.”

Le Cliffs Notes citate da Martin sono una collana di guide per studenti che riassumono e commentano le principali opere letterarie.

20) Il brano, scritto da Martin, è stato pubblicato su Patti PERRET, The Faces of Fantasy, Tor, New York, 1996, pag. 106.

21) Intervista a George R.R. Martin condotta il 1 aprile 2012 da Josh Roberts per Smarter Travel (http://www.smartertravel.com/blogs/today-in-travel/game-of-thrones-exclusive-george-martin-talks-season-the-winds-of-winter-and-real-world-influences-for-song-of-ice-and-fire.html?id=10593041).

22) La frase, scritta da Terry Brooks, è stata pubblicata su Perret, op. cit., pag. 212.

23) Tolkien, La realtà in trasparenza, op.cit., pag. 238.

Quest’articolo è apparso per la prima volta su FantasyMagazine: http://www.fantasymagazine.it/approfondimenti/17004/la-nascita-di-un-mondo-fantastico/. In quell’edizione nelle note compare il testo originale delle frasi tradotte da me.

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