L'imminenza del Natale ci porta a guardare con grande interesse questa inedita Natività in deposito presso il Museo del Duomo. Di essa sappiamo ben poco, e ignota è pure la sua ubicazione originaria, che ben difficilmente potrebbe essere la chiesa di Sant'Antonio, ove l'opera è ricordata insieme ad altre tele di diversa provenienza, in seguito trasferite nei matronei della Cattedrale.
La scena, molto animata, è quella di una classica adorazione di pastori, ambientata secondo l'iconografia tradizionale all'interno di un ricovero per animali ricavato tra le rovine di un tempio pagano. In lontananza si intravedono le mura di una città: è il momento in cui i pastori, dopo aver accolto il gioioso annuncio degli angeli, giungono alla capanna e si prostrano muti e sorpresi in adorazione del Bambino, accanto alla Vergine e a san Giuseppe. Altri ancora suonano i flauti e le zampogne.
Ai piedi di Gesù Bambino è posta una pecora con le zampe legate che ricorda i doni recati dai pastori, ma anche il simbolo dell'agnello sacrificale. Tra gli altri personaggi in secondo piano si possono notare, sulla destra, un uomo anziano che viene aiutato a scendere dalla groppa di un asino, e l'immancabile pastorella che reca sul capo un cesto di vimini colmo di frutti. Ma c'è anche chi si aggrappa a dei tronchi di colonne e scruta l'orizzonte; in tanta concitazione di folla, risalta la testa del placido bue che spunta dietro la cerchia degli adoranti.
Caratterizzata da una notevole vivacità narrativa, ma anche da una certa discontinuità nella resa pittorica, la composizione è tratta da un'incisione edita a Roma nel 1568 su disegno del senese Marco Pino (1521-1583), uno dei protagonisti del manierismo italiano, allievo del Beccafumi e lodato dallo stesso Michelangelo.
L'incisore è il fiammingo Cornelis Cort (1533-1578), il cui nome compare sulle stampe, rintracciabili nelle più importanti collezioni tra cui l'Accademia Carrara di Bergamo. Lo splendido disegno di Marco Pino fa parte invece delle preziose raccolte del Gabinetto dei Disegni e delle Stampe del Lourdes.
Ideata per essere tradotta in stampa, questa coinvolgente rappresentazione della nascita del Salvatore fu in seguito riprodotta nelle pale d'altare di alcune chiese francescane del Regno di Napoli, allo stesso modo di Fidenza, dove l'anonimo autore ha però drasticamente ridotto lo sfondo di paesaggio con l'inserimento di un' antica rovina che copre parte dell'orizzonte lontano.
Lo stesso atteggiamento disinvolto è riscontrabile nel modo rapido di trattare i panneggi e nell'approssimativa definizione di alcuni particolari: come, ad esempio, il cesto dei doni recati dalla canefora, ove i pennuti che compaiono nel disegno e nelle stampe originali sono sostituiti da piccoli frutti simili piuttosto a dei coloratissimi dolcetti di marzapane. Nel suo insieme la tela fidentina rivela tuttavia una non comune scioltezza di mano che farebbe pensare a un pittore settecentesco, forse un ornatista o un quadraturista: come i nostri Girolamo o Carlo Bertani oppure il semi sconosciuto piacentino Antonio Ferrari, operante nel 1760 presso il santuario della Madonna delle Grazie dello Stirane, la distrutta chiesa farnesiana dalla quale probabilmente proviene il dipinto, purtroppo in condizioni tali da rendere necessario il restauro.
Guglielmo Ponzi
(Pubblicato dal settimanale diocesano il Risveglio, 18 dicembre 2009)