Il Very Large Telescope dell’ Eso (VLT) quasi ogni settimana mostra, agli appassionati della materia, immagini spettacolari dell’universo. L’ultima riguarda la nebulosa planetaria IC 1295, situata nella costellazione dello Scudo ad una distanza da noi di circa 3300 anni luce.
Essa rappresenta l’immagine più dettagliata di questo oggetto mai ottenuta prima, scattata appunto dal VLT, letteralmente Telescopio Molto Grande, dell’Eso, cioè l’organizzazione europea addetta alle ricerche astronomiche nell’emisfero Australe (European Southern Observatory).
Tale punto di osservazione è situato al Cerro Paranal, una montagna alta 2635 metri nel deserto di Atacama, in Cile. Come la maggior parte degli osservatori mondiali, il posto è stato scelto per il fatto che piove raramente, l’abbondanza di notti serene, la lontananza da fonti d’inquinamento luminoso e la quota elevata.
È un sistema formato da 4 telescopi ottici separati, affiancati da 4 telescopi minori. La sequenza è stata scattata per mezzo dello strumento Fors (Focal Reducer Spectrograph). Praticamente il frutto di varie esposizioni prese attraverso tre diversi filtri, che lasciavano passare luce blu (in blu), luce visibile (in verde) e luce rossa (in rosso) combinate insieme.
Ma cosa sono, in realtà, le nebulose planetarie?
Quando una stella arriva alla fine della sua vita si trasforma in una piccola e debole nana bianca, cioè una stella a sua volta di piccole dimensioni, con una bassissima luminosità e un colore tendente al bianco. Nonostante le ridotte dimensioni, paragonabili a quelle della Terra, la massa dell’astro è simile o lievemente superiore a quella del Sole. È quindi un oggetto molto compatto, dotato di un’elevatissima densità e gravità superficiale.
Ma accade qualcosa di meraviglioso prima della loro morte : le loro atmosfere vengono gettate via nello spazio e per migliaia di anni la stella viene circondata da nubi colorate di gas ionizzato. Queste nubi non sono altro che le nebulose planetarie, chiamate così dai primi scopritori per la loro somiglianza visiva con i pianeti esterni del Sistema Solare, Urano e Nettuno.
Si tratta, in termini semplici, di una bolla di gas, che una volta formava l’atmosfera della stella, e che può assumere diverse colorazioni in base ai vari elementi chimici di cui si compongono. L’intensa radiazione ultravioletta prodotta dalla stella morente, infatti, fa risplendere la bolla di gas. Nel caso specifico, lo spettrale alone verdastro evidente in IC 1295 è prodotto dall’idrogeno ionizzato.
Tale nebulosa ha la caratteristica di essere circondata da numerosi gusci che la fanno assomigliare ad un microrganismo visto al microscopio, con molti strati che corrispondono alle varie membrane cellulari. Quello che si vede al centro della bolla verde, un luminoso puntino blu-bianco, non sono altro che i resti esausti del nucleo della stella morente, destinato a diventare una debolissima nana bianca.
Le stelle di massa fino a 8 volte quella del Sole formano delle nebulose planetarie quando iniziano l’ultima fase della loro esistenza. Ma niente paura: il Sole ha circa 4,6 milioni di anni e molto probabilmente, dicono gli esperti, ne vivrà altri 4 miliardi.
Veramente suggestiva la sequenza delle immagini catturate: si inizia con una panoramica della via Lattea e ci si dirige verso la piccola costellazione dello Scudo, che ospita molti ammassi stellari.
La visione finale mostra la strana nebulosa planetaria IC 1295 verdognola nella nuova immagine del VLT dell’Eso. Questo debole oggetto si trova vicino al più brillante ammasso globulare NGC6712.
Piacere di conoscerti, IC 1295, e grazie per la tua interessante e suggestiva presenza!
Written by Cristina Biolcati