La neurobiologia delle droghe psichedeliche. 2 parte

Da Psychomer
by Carmelo Di Mauro on novembre 2, 2011

Nel complesso, l’indagine sperimentale sulle droghe psichedeliche consente di comprendere i meccanismi di azione dei farmaci e la neurobiologia dei disturbi mentali. Questo ambito di ricerca fornisce ipotesi operative sul funzionamento terapeutico delle droghe allucinogene e la loro applicazione clinica. Soprattutto, vengono sottolineati i risultati che confermano il ruolo dei sistemi della serotonina e del glutammato nel trattamento della depressione e dell’ansia.

Negli studi sono state utilizzate sofisticate tecnologie di neuroimaging e le applicazioni dei modelli neurobiologici dei farmaci sugli animali. In particolare, le risonanze magnetiche hanno messo in evidenza che la somministrazione di queste speciali droghe influenza i network tra le strutture prefrontali cerebrali e quelle limbiche.

Una correlazione interessante perché le prime sono legate alle funzioni mentali superiori, sede tra l’altro dei neuroni specchio scoperti dal premio delle Asturie Giacomo Rizzolatti, mentre le seconde sono tradizionalmente associate all’elaborazione dei processi emotivi.

L’interdipendenza tra il pensiero e le emozioni, principale interfaccia della psicoterapia, è fondata quindi su meccanismi biochimici. Una questione non di poco conto oltretutto dato che, nella storia della psichiatria, l’entrata in scena degli studi sulle droghe psichedeliche ha segnato un decisivo passo in avanti per il riconoscimento scientifico della psichiatria, stimolando la produzione di modelli psicopatologici empirici e le applicazioni farmacologiche per la malattia mentale.

Da un certo punto di vista, queste considerazioni sembrano proporre un’immagine riduzionistica della psicologia e della psichiatria. Tuttavia, in una rapida prospettiva storica, sino alla fine dell’Ottocento lo studio della mente sembrava ambito di conoscenza soltanto per filosofi, teologi e professionisti di altre discipline scientifiche. Poi la psicoanalisi del primo Novecento ha rivoluzionato lo studio dei processi degli strati profondi della psiche, trascurando però i meccanismi biochimici del sistema nervoso.

Sarà il comportamentismo ad introdurre il metodo sperimentale sebbene soltanto per la comprensione del comportamento, non ammettendo lo studio di entità non osservabili come la mente (black box). Le ricerche sulle droghe, infine, procureranno modelli esplicativi neurochimici sulla psicosi o sull’alcolismo, cioè verificabili e riproducibili. Dischiudendo le porte per l’indagine empirica sui disturbi neuropsicologici, al fine di mettere a disposizione strumenti efficaci a sostegno del trattamento psicoterapeutico delle malattie mentali.

The neurobiology of psychedelic drugs: implications for the treatment of mood disorders.

Franz X. Vollenweider & Michael Kometer,p642 | doi:10.1038/nrn2884


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