Magazine Diario personale

La nostalgia delle parole. 5 frasi che non dirò per molto

Da Lara Ruzza @ruzzieri

Riconosco un ordine familiare nella disposizione della merce nel fruttivendolo di via XX Settembre. Riconosco anche frutti colorati dall’aspetto tropicale.

Alzo lo sguardo e dico….Sabai dee. Un sorriso grande come tutta la faccia esplode sul volto rugginoso della titolare. Avevo ragione, è cambogiana.

Sabai dee è la parola che sintetizza il mio amore per la Cambogia. Significa solo ciao, ma è stata la prima forma di interazione con il Sud est asiatico Ogni persona che ho incontrato mi ha salutato così, sorridendomi, come se fosse davvero felice di vedermi. Sabai dee direi oggi, se incontrassi di nuovo le mie bambine di Battambang.

sabaidee parole cambogia

Dumela Rra/ Dumela Mma è il saluto in Botswana, con desinenza differente se ci si rivolge ad un uomo o una donna. C’è anche una versione per il plurale, che non ricordo. Ma più che la nostalgia delle parole, conservo le dirompenti risate che seguivano i miei tentativi di saluto: non c’è stata venditrice che sentendomi pronunciare dumela mma  non mi sia scoppiata a ridere fragorosamente in faccia.

parole botswana

Ori Pivo invece sono le parole più pronunciate nella mia breve vacanza in Georgia. Significa due birre, quelle che abbiamo ordinato ad ogni chiosco incontrato sulla strada. Della Georgia veramente ricordo molto altro, il che significa che prima o poi ci devo dedicare un post.

parole compleanno georgia

Everyt’ing irie  è la frase che insieme a “no problem” mi sono sentita ripetere più spesso in Giamaica. Significa “tutto a posto” con quell’allusione ironica tipica del Patois (creolo).

Siamo liberi di pronunciare ad alta voce e con chiunque ognuna di queste frasi. Ma esistono saluti  che non si possono più usare nel proprio paese, come ad esempio

parole tibet
tashi delek (ciao)perche questo è tibetano e il Tibet non esiste.

La sua lingua deve essere dimenticata, la sua cultura millenaria oscurata, il suo padre spirituale annientato.
Fa parte del processo di “rieducazione“.

Il Tibet non esiste: è stato offeso, violato e stuprato, proprio come le monache rinchiuse nei bordelli o come la gente uccisa sparata in mezzo alla strada.

Tu jay chai (grazie) Tibet per la silenziosa battaglia che conduci e per avermi ospitato tanto tempo fa, prima dei bordelli e delle slot machine.


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