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La nostalgia felice – Amélie Nothomb

Creato il 10 marzo 2014 da Viadeiserpenti @viadeiserpenti

di Anna Castellari

La nostalgia felice – Amélie Nothomb
La storia non c’è, eppure si sente

Si dice che la nostalgia sia un sentimento triste. Qualcosa da relegare in un angolo della propria mente, dimenticandosi il prima possibile gli eventi anche se sono felici, per non incappare in un sentimento che l’occidente – salvo rare eccezioni, e penso alla saudade lusofona – vive quasi sempre in modo negativo e autodistruttivo.
Per Amélie Nothomb non è così. O almeno, lei dice, ci prova a credere che sia un sentimento positivo. E ci crede così tanto da aver scritto un nuovo libro, edito sempre da Voland, tutto dedicato all’argomento, che si intitola proprio La nostalgia felice.
L’ho incontrata a Milano, alla libreria Lirus, in un appuntamento capitatomi tra capo e collo, segnalato da chi presentava, Marianna Bonelli, ideatrice e conduttrice degli appuntamenti di Spritz Letterario (Vicenza).
È stato un vero uragano, una scoperta e un piacere incontrare un personaggio come lei. Inutile dire che è una persona sopra le righe, col suo immancabile cilindro e un’aria tra lo svagato e il narciso. Eppure non fa che rendersi “simpatica”. Non mi vergogno a dirlo: sono stata rapita dal fascino della svagata, che per questo sentiamo vicinissima a noi.

La nostalgia felice – Amélie Nothomb
Questo libro, dice l’autrice stessa, a differenza degli altri non è per nulla grottesco, cifra stilistica che invece ha accompagnato quasi tutte le altre opere. Ed è vero: Nothomb si avvicina ancora di più, se possibile, al lettore, grazie al suo sapersi raccontare spesso con auto ironia, con leggerezza e senza peli sulla lingua. Ci sembra di conoscerla da sempre. Eppure, in questo suo libro non c’è una vera e propria storia, se non la storia delle sue storie, la storia della sua infanzia, e di un’età giovanile vissuta alla ricerca delle proprie radici giapponesi.
Nothomb si muove in questo ambito: è seguita costantemente da una troupe televisiva francese, che girerà sulle immagini ricavate un documentario sull’autrice; incontra prima la sua tata giapponese, strappando qualche lacrima di commozione ai lettori per la freschezza di quelle immagini; poi un suo vecchio amore, verso il quale non prova rimpianto ma certamente molto affetto.
Sarebbe piaciuto, forse, che ci fosse un po’ più di storia. Ma certo questo libro non è nato per compiacere il lettore.
Forse Nothomb vuole mettere un punto alle sue passate opere letterarie, che cita in continuazione – pur senza apparire
La nostalgia felice – Amélie Nothomb
autoreferenziale. Rimane sempre una lettura piacevole, contemplativa, auto riflessiva. Raccoglie qualche ardimento letterario (uno su tutti: “Proust era nipponico”), qualche fissazione dell’autrice. Di certo, non passa inosservato. Anche se rivorremmo un po’ più di grottesco, talvolta lo svelarsi dell’umanità di un autore ce lo fa sentire più vicino.

Per approfondire:
Leggi «Il Giappone mi salva» su La lettura
Leggi la recensione su Finzioni

La nostalgia felice di Amélie Nothomb
traduzione di Monica Capuani
Voland, 2014
pp. 128, € 14,00


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