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La nostra vita

Creato il 05 dicembre 2012 da Misterjamesford
La nostra vitaRegia: Daniele LuchettiOrigine: ItaliaAnno: 2010Durata: 98'
La trama (con parole mie): Claudio ha trent'anni, lavora in cantiere cercando di nascondere le magagne del sistema e tirare avanti, ha due figli ed uno in arrivo, sogna una vacanza in Costa Smeralda come quella che fece prima della nascita del primogenito da ripetere tutti insieme, e soprattutto vive ogni giorno l'amore con Elena, sua complice e compagna.Quando quest'ultima muore a seguito di complicanze nel parto che ha dato alla luce il piccolo Vasco, Claudio decide che è venuto il momento di togliersi gli sfizi cui la sua famiglia ha rinunciato per anni: ottiene il subaffitto di un cantiere, un prestito da un amico pusher, e cerca di portare avanti gli affari nel miglior modo che conosce, ovvero il traffico "all'italiana".Quando, però, cominciano ad insorgere i problemi, il giovane padre si rende conto di aver fatto il passo più lungo della gamba.
La nostra vita
A volte capita ci siano pellicole in grado di incuriosire ed attirare l'attenzione che finiscono non si sa bene per quale motivo in fondo alla lista, quasi dimenticate rispetto all'ultima novità o al recupero senza troppo impegno: La nostra vita di Daniele Luchetti ha subito questa sorte praticamente dalla sua uscita nonostante fosse un titolo in grado di stimolare l'interesse del sottoscritto - del resto, sono sempre stato un grande fan del neorealismo e dei suoi derivati - e di Julez - incuriosita dalla performance premiata anche a Cannes di Elio Germano -, cosa più unica che rara in casa Ford.
Fortunatamente, di recente si è deciso di porre fine all'attesa interrompendo, di fatto, quello che era un momento pessimo per le visioni - o presunte tali - made in Terra dei cachi, complici un paio d'anni praticamente da dimenticare per il nostro Cinema: la pellicola di Luchetti, infatti, pur non essendo esente da difetti e da un'italianità sempre fin troppo marcata di fondo, è sentita e vera, e riesce ad avvicincere ed arrivare al cuore dello spettatore supportata da un'interpretazione pazzesca di Elio Germano, probabilmente alla sua migliore prova d'attore in assoluto - la sequenza del funerale della moglie Elena con il canto disperato di Anima fragile, oltre ad essere profondamente toccante, libera un'espressività incredibile sui lineamenti dell'attore romano -.
Il resto della storia delinea un quadro che tutti noi figli di questo strano Paese ben conosciamo, fatto di truffe e scappatoie ma anche di spirito di sacrificio e cuore - come fotografato dal pezzo simbolo vincitore del Festival di Sanremo di qualche anno fa firmato da Elio e le Storie Tese che spesso e volentieri mi ritrovo a citare -, erede della grande tradizione dei Capolavori di De Sica e del primo Visconti e legato a doppio filo a vicende senza eroi, vincitori o vinti, che fotografano le esistenze spesso di lotta di famiglie normali, di quelle come potrebbero essere molte delle nostre o di quelle che conosciamo giorno dopo giorno: il personaggio di Claudio, ben lontano dall'essere un eroe positivo o un esempio, è un prodotto dell'Italia di oggi, quella delle "cose" e dell'ostentazione del denaro, che si rifugia nell'apparenza per non affrontare a quattr'occhi la morte della persona più importante della sua vita, la madre dei tre figli che si ritrova a crescere solo, pur se aiutato da sorelle e fratelli e dalla famiglia decisamente poco usuale dell'amico pusher vicino di casa.
Non è un santo, Claudio, che nasconde una vittima delle incresciose morti bianche per non finire nei guai finendo per sfruttare la situazione a suo vantaggio, e che allo stesso tempo non riesce a negare aiuto, lavoro e un letto al figlio dell'uomo che ha, di fatto, seppellito.
E' un padre, un padre giovane e solo, che è costretto a crescere più di quanto non pensi o si aspetti quando si ritrova disarmato rispetto alla generosità dei suoi parenti più stretti o all'innocenza dei suoi piccoli - la mamma vola? E chissà, forse se ci si concentra abbastanza, si riesce perfino a farla ritornare -.
E' un uomo a metà, incapace di essere come i veri sfruttatori del nero e degli abusi - edilizi e non - almeno quanto un onesto lavoratore, ma che continua a credere e pensare all'opportunità data dai suoi figli, dal ricominciare a vivere: perchè ci sarà sempre qualcuno che le "cose" ed i soldi non potranno comprare - una sorta di nuova Italia in grado di rovesciare le credenze comuni e le banalità sull'integrazione -, e ci sarà sempre una possibilità, per chi si rende conto di viaggiare contromano a tutta velocità, di fare inversione e tornare indietro prima che sia troppo tardi.
E quel troppo tardi non è il ritorno alla legalità, la redenzione falsa e completa di un uomo imperfetto, l'illusione che la vita possa essere meno dura, se accettata di buon grado: quel troppo tardi è una perdita anche più grave di quella della propria compagna di vita, la peggiore che un genitore possa avere. Quella della prole.
E in un finale che i critici "duri e puri" potrebbero giudicare troppo sentimentale, quel "ritorno" che significa il viaggio tanto sognato in cui imbarcarsi tutti insieme, così diversi da quando, anni prima, vissero lo stesso soltanto due ragazzi innamorati, c'è tutta la fragilità di una vita che va combattuta con le unghie e con i denti per le sue sfumature migliori.
Quelle cui Claudio apre di nuovo la porta della camera che condivideva con Elena: i suoi tre figli.
MrFord
"E la vita continua
anche senza di noi
che siamo lontano ormai
da tutte quelle situazioni che ci univano
da tutte quelle piccole emozioni che bastavano
da tutte quelle situazioni che non tornano mai!
Perché col tempo cambia tutto lo sai
cambiamo anche noi."Vasco Rossi - "Anima fragile" -

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