Catanzaro. Di notte.
Una donna in chador si aggira per la città, non è un fantasma anche se forse è l’ombra di se stessa, ma in carne ed ossa.
Le forze dell’ordine la fermano, non parla in italiano ma si capisce che ha bisogno e vuole aiuto. Portata al caldo di una stanza, inizia a raccontare la sua storia all’interpete.
Vive a Catanzaro da 15 anni e per 15 anni è stata tenuta segregata in casa, dal marito. Inutile, qui, soffermarsi sui particolari delle violenze.
La donna parla piano, sopraffatta dall’angoscia e dal dolore. Racconta che negli ultimi tempi ha iniziato a sentirsi male fisicamente e che, accompagnata in ospedale, le hanno diagnosticato un cancro. Il marito, a questo punto, l’ha sbattuta fuori di casa temendo, per sè, un eventuale “contagio”.
Il cancro non si contagia.
Ma forse, purtroppo, neanche l’humanitas.