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La notte della donna nera. Marco Candida sulle tracce di una serial killer

Creato il 26 febbraio 2016 da Pupidizuccaro

Marco Candida, la notte della donna neraUna sera tornando dall’ufficio l’Ispettore Balti apre la porta di casa e si ritrova una pistola puntata davanti. Un individuo avvolto nell’oscurità lo stava aspettando. È la Donna Nera un serial killer che sta terrorizzando la città di Pavia dal 2007. La Donna vuole sbarazzarsi dell’Ispettore colpevole di essersi spinto troppo in là con le indagini. Ma vuole farlo a modo suo costringendo l’uomo a prestarsi a una sorta di rituale sadico e assurdo. Dovrà essere Balti stesso infatti ad architettarsi da solo il delitto che lo condurrà a morte. Cura della Donna Nera sarà soltanto eseguirlo facendo ricadere la colpa sulla persona indicata dall’Ispettore. Mentre buio e nebbia cancellano inesorabilmente ogni cosa, Balti sorprende la Donna indicandole quali peggiori nemici l’ex-moglie, la figlia e infine la giovane sorella. Per ognuna di loro l’uomo racconta motivazioni profonde che potrebbero spingerle ad avercela con lui fino al punto di volerlo morto. Sarà, insomma, una notte di Donne Nere per l’Ispettore Balti. Una notte speciale. Stregata. Nella quale, come richiamate da una forza oscura, le donne della vita dell’Ispettore marceranno verso casa sua… Chi sarà la Donna che si presenterà a casa dell’Ispettore Balti per l’appuntamento con il proprio Destino? Se lo sconosciuto agisce sulla base di pregiudizi ed etichette, il familiare ha motivazioni profonde e agisce con un preciso movente. E il familiare è ciò che va temuto di più. Flash-mobbers, mistery clients, accattonaggio con animali, gattili e canili lager, sport estremi e pericolose relazioni familiari mescolate in una storia precisa e tagliente.

Marco Candida ritorna con un nuovo romanzo, il decimo. Questa volta un noir, La notte della donna nera. Ecco il prologo:

“Credi che le donne siano trofei di caccia? Magari pezzi d’hamburger…” fa la ragazza allungandosi verso l’uomo e dandogli un colpetto a una spalla. I due sono seduti sotto il tendone di un bar. Piazza Della Vittoria. Pavia. Sono le quattro del pomeriggio. La giornata è brumosa. Sbaffi di nebbia riempiono caoticamente il cielo. Come spennellate di un artista pazzo. Hanno ordinato entrambi qualcosa da bere. Uno spritz lei e un Martini on the rocks lui.

“Che cosa penso delle donne? Vuoi sapere cosa penso delle donne?”
“Non lo so. Da un’ora non facciamo che parlare di bovini. Non so se mi va di passare a quest’altro argomento”
L’uomo si mette a ridere. Sorseggia il suo Martini. È un uomo di una quarantina d’anni. Strisce d’argento gli s’innestano tra i capelli. Sì, la parola è giusta. Sembrano innesti. Sembrano decorazioni più che segnali d’invecchiamento. La faccia è un po’ da ammazzasette. O almeno così pensa la ragazza che sta con lui e lo osserva. Anche l’abbigliamento lo è. Una giacchetta di pelle nera su una maglietta di cotone bianco. Proprio uno spaccamontagne. Chissà che freddo deve avere. Chiodo e maglietta. E un paio di jeans. L’uomo ha un impiego presso un grande magazzino di pelletteria.

Nel tempo libero va a caccia. Cervi. Camosci. Ha anche abbattuto cavalli. Ecco perché si trova qui oggi con la ragazza. Entrambi stanno partecipando a un flash mob a favore della caccia. Si sono organizzati su Internet mediante gruppi Facebook. Piazza Della Vittoria a Pavia è piena. Ci sono un paio di chioschi che friggono hamburger e hot dog. L’odore della carne grigliata è ovunque. Sboffi di fumo grigiastro si confondono con la nebbia e sembrano alimentarla. C’è musica. Due ragazzi in diversi punti della piazza stanno ballando. Da un lato viene la musica di Justin Timberlake. Dall’altro lato musica più varia. Britney Spears, Lana Del Rey, Cristina Aguilera.
“Allora vuoi sapere cosa penso delle donne?”
“Questo è il primo Martini?”
“Sì, perché?”
“No, così. Chiedevo” fa la ragazza sorridendo.

Indossa un K-Way grigio. Sotto la blusa di una tuta col cappuccio. Color blu. Il cappuccio è tirato sulla testa. Le copre una capigliatura di capelli biondi. La ragazza indossa un paio di occhiali da sole. È molto carina. Nasino. Carnagione lattea. Deve avere intorno ai ventotto anni, anche se tiene il volto talmente incassato nel cappuccio che è quasi impossibile vederlo. La penombra creata dal cappuccio confonde i lineamenti. Mentre parlano, passa qualcuno tenendo in mano un cartellone. DONNA NERA VERGOGNA PURA! La scritta si riferisce a un’omicida seriale che da un paio d’anni sta terrorizzando Pavia. Gli investigatori ritengono che la Donna Nera ce l’abbia soprattutto con gli operatori nel settore della carne.
“Penso che le donne siano come sono perché vengono da Saturno. Da Venere, forse. Magari da Plutone. Comunque non sono di qua. Penso che le donne siano un’altra razza. Vengono da un altro mondo. E penso che gli uomini debbano conviverci per qualche assurda legge di natura”
La ragazza accorcia un po’ il suo sorriso. “Ah, pensi così?”
“Sì. Penso così” fa l’uomo e butta giù altro Martini. In quel momento passa qualcuno con un altro cartello. Un cartello quadrato, di un metro di lato circa. Una scritta rossa su campo bianco. Con un pennarello. Lo stampatello delle lettere tremolante. “IL CANE È L’ANIMA DELLA CACCIA”
“La risposta non mi sembra delle migliori. Direi anzi che è proprio sbagliata. Una di quelle risposte che meriterebbe una lezione”
“E me la vuoi dare tu, questa lezione, bellina?” fa l’uomo con la sua aria da rodomonte.
“Sì” fa la ragazza abbassando il tono di voce. Assume un tono vagamente sexy. Anche in mezzo al frastuono della piazza sembra funzionare. La casacca è slacciata. La ragazza offre all’uomo la visione della scollatura. Lo spacco di seni rotondi, polposi. Questo sembra funzionare alla grande. “Urk…” geme l’uomo. Si mette a tossicchiare. Poi scoppia a ridere.
Si alza.
Dice: “Con permesso…”
L’uomo entra nel locale. Paga il conto alla cassa. La piazza è sempre più gremita. I ragazzi agli angoli di Piazza Della Vittoria ballano e ballono. Uno danza Tecktonik adottando stile waacking e voguing. L’altro hip-hop. Non è la prima volta che la ragazza partecipa a un flash mob, anche se ai massive preferisce i freeze flash mob e i silent rave. Una volta tornato al tavolino, lei e l’uomo s’immettono nel fiume umano pigiandosi uno contro l’altro. L’uomo le tiene le mani sui fianchi. Li alza all’altezza dei seni e glieli palpa un po’. Lei lascia fare.
“Qui in mezzo c’è talmente tanta gente che se qualcuno si sentisse male, non se ne accorgerebbe nessuno” nota la ragazza.
Superano uomini e donne vestiti con cappotti scuri. Perlopiù cinquantenni, sessantenni. Anche studenti. Difficile però riconoscere volti e corpi. La folla si concentra in troppo poco spazio. Uno studente indossa un bomber grigio topo. Ha un cappellino rosso. Vistoso. Lo superano entrambi quasi strusciandosi sul bomber e producendo un fruscio molto intenso. Odori di tabacco e profumi di acque di colonie si susseguono mescolandosi abbastanza disgustosamente. Il baccano intorno è al massimo.
“Al giorno d’oggi con tutte le telecamere a circuito chiuso che ci sono, magari qualcuno se ne accorgerebbe invece. E poi il Comune ha noleggiato un elicottero, no? Non c’era scritto così sulla Provincia Pavese?” “No. Sono sicura. Ho controllato”
“Oh, be’… Urk…”
L’uomo manda di nuovo un gemito. La ragazza gli ha ficcato un coltello nello stomaco.
Lo sta rigirando.
Affonda la lama una volta. Due. Tre. È facile. Una stoccata alla regione addominale. Presa “dritta filippina”. La ragazza si è allenata con uno sparring per qualche periodo. Una compagna al corso di arti marziali. Flora. Lei e Flora utilizzavano coltelli d’allenamento di gomma rigida. Lo facevano col pretesto di scaricare lo stress. La lama trapassa la stoffa della maglietta dello sbruffone come se niente fosse. Lo stesso avviene per i muscoli dell’addome. Forse quelli non ci sono nemmeno. Ha passato ore ad affilare la lama. La ragazza ha un sorriso stampato sul volto.
“Coltello chiudibile. Impugnatura d’avorio fossile. Come te e i tuoi discorsi. Fossili”
L’uomo rimane in piedi mentre la lama del coltello affonda nell’addome. La ragazza colpisce veloce. Movimenti rapidi. Corti. Il gomito del braccio destro si ritrae non più di una trentina di centimetri prima di affondare nuovamente il colpo. L’uomo si aggrappa alle spalle della ragazza. Occhi strabuzzati. Bocca spalancata. Come se avesse appena ricevuto una ginocchiata ai genitali. Il dolore è così forte e lo coglie talmente alla sprovvista che non ha nemmeno la forza di gridare. Ci mette una trentina di secondi a crollare. Scivola sulla ragazza e si accascia sull’acciottolato. Faccia in giù. Dissanguato. Quattro coltellate a stomaco e visceri. Il fiume umano fluisce attorno del tutto ignaro dell’accaduto.
La ragazza si allontana richiudendo il coltello e ficcando coltello e mano insanguinata nella tasca della casacca. Supera un signore con uno strano cappello in testa. Supera una donna con un cappotto rosso. Una ragazza con un paio d’orecchini di stoffa a forma di teschio. Un altro cartellone. LA CACCIA È COME LA MOGLIE. LA SI AMA E POI CI SONO LE DOGLIE. Quando ormai è fuori dal muro di corpi, sente le prime urla di panico. Il cadavere accasciato a terra è stato riconosciuto.
Il cuore si mette a batterle all’impazzata. È impossibile che stavolta non mi scoprano, pensa imboccando un viottolo. Ci siamo. Questa volta ho rischiato troppo. Sì, forse ha agito troppo d’impulso, ma quel maiale se lo è meritato. E poi era stato l’uomo stesso all’apice delle sue manie di brillantezza a portare al tavolo lo spritz e il Martini on the rocks. Doveva essere un frequentatore abituale del bar. Non l’ha vista nessuno con lui. I testimoni avrebbero parlato di lei come di un’ombra. Ecco perché ha deciso di agire senza attendere di portarselo in casa e finirlo lì.
Il collo, pensa. Mi spiace solo per il collo. Lo avrei tanto voluto.
La ragazza si tira meglio il cappuccio sulla testa e affretta il passo.
Si smaterializza per le strade di Pavia.


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