La notte della felicità

Da Minerva Jones
Ho ritrovato per caso questo pezzo che scrissi esattamente due anni orsono. Non provo le medesime sensazioni d'allora, in questo momento, ma - in mezzo a tanta devastazione di tutti noi per mille ragioni - credo che ci meritiamo cose pure, immediate, dirette, e semplicemente 'belle'. E questa piccola nota senza pretese credo che un po' lo sia. Spero vi faccia bene al cuore. Buona notte.
Così capita che hai una notte davvero felice (ne hai tante, in realtà, ormai - ammettilo). Passata in compagnia di gente un po' guascona ma che ha competenza, professionalità e piacere in ciò che fa. Poi incontri care amiche passate di lì per caso, e altrettanto casualmente uomini che non hai mai smesso d'amare sul serio.
E ti permetti battute spontanee in libertà quali "stasera fa troppo caldo per sucarci le tue cazzate, scusa" indirizzate a persone comunque pure di cuore e di sguardo verso questa società e la vita, in compagnia di altri che ne ridono di gusto, perché malgrado lo squallore che ci circonda - e che ruba a un bravuomo una bici per cui tutti siamo costernati e che domani ci auguriamo ritroverà almeno da un ricettatore - le relazioni che intratteniamo tra noi sono dannatamente sane, intense e serene.
Torni a casa facendo a gare con una ragazza su una Mini Innocenti che ascolta un tango mentre tu sei ipnotizzata dagli Autonomads che scandiscono ska-punk nella tua autoradio e preghi solo di non incontrare la polizia perché come faresti a convincerli che hai bisogno della tua casa, del tuo bagno, di farti ancora da mangiare prima di dormire e di non avere proprio testa per giustificare i troppi rum?
E arrivi a casa - tutto tranquillo - vai in bagno, poi accendi il pc, metti l'acqua sul fuoco, saccheggi la pianta di basilico e nel mortaio ne pesti le foglie con noci, pinoli, olio, sale, parmigiano. Butti gli spaghetti, ti riempi un bicchiere di chardonnay: la pasta è pronta.
E allore bevi, mangi, scrivi e pensi solo, semplicemente, nel caldo d'una notte estiva torinese, che sei felice, al termine di una giornata altrimenti tragica - in cui non avresti mai voluto essere al mondo.
 

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