18 giugno 2013 Lascia un commento
E’ qui che lei, la Moreau, fugge per la citta’ senza un perche’, chiamando ore dopo il marito per farsi venire a prendere nel luogo dove anni prima avevano vissuto. Qualche minuto di nostalgia, tornano a casa e dopo lenti e ed estenuanti cambi d’idea, prima vanno in un night, poi ad un party.
Il tutto per oltre un’ora del film e s’e’ riempita la meta’, con niente, dico niente.
Secondo della "trilogia dell’incomunicabilita’" ricordiamo assieme a "L’avventura" e "L’eclisse", non solo e’ l’anello debole ma anche l’anello lento il che mette paura al solo pensarci.
Va bene, Antonioni in qualche modo anticipa e ispira parte della nouvelle vague , colpa gravissima intendiamoci e in generale sostiene una forma di esistenzialismo poco rappresentato ma che in quegli anni usciva dall’adolescenza di "Gioventu’ bruciata" e si sfogava da un lato sul fronte della beat generation mentre i piu’ maturi subodoravano che il giochino del boom economico stava incrinandosi e finito il sogno, la placida borghesia diveniva bersaglio privilegiato e in breve abusato. Certo, il cinema tutto, Antonioni stesso, pochi anni prima erano tutt’altra cosa e il salto concettuale e’ evidente nonche’ importante ma a troppo stilizzare si resta con un pugno di frasi e fotogrammi.
Il film raccoglie tutto questo e se vogliamo diamogli pure qualche merito, bella fotografia ad esempio ma se devi rappresentare il nulla col nulla, allora si hanno mille modi piu’ intelligenti per farlo.
Mastroianni e’ bravo ugualmente ma gira a vuoto come ipnotizzato nonostante da grande interprete quale fu, riesca a dare un volto anche ad un personaggio che volto non ha . La Moreau non mi piaceva prima e certo qui non guadagna un punto che uno. Discorso a parte per la giovanissima e bellissima Vitti che in vita sua ha dato prova di bravura fenomenale per quanto e cio’ dispiace, debba il suo successo all’aggancio del regista celebre, pigmalione e col doppio dei suoi anni. Giusto per dire che certe scorciatoie ci sono da sempre anche se una volta servivano per far emergere quelle brave.
Guerra e Flaiano alla sceneggiatura ma non si direbbe, se si esclude qualche frase davvero memorabile.
Si percepisce appena la loro presenza nel troppo lungo finale dove almeno si esprime un concetto accompagnato da qualche buon aforisma.
Non neghiamolo, questo film ce lo siamo dimenticati tutti e la ragione e’ una e una sola, e’ un bel guscio totalmente vuoto, oggi piu’ che allora.