La guerra in Ucraina continua ormai da molti mesi con esiti che, nonostante l’esaltazione della stampa nostrana supina alla Nato ed agli altri appetiti stranieri, appaiono tutt’altro che scontati. Anzi, oseremmo dire che questa, ridotta a trascrivere le veline dei servizi Usa e dei centri di potere sub-dominanti europei, ha già sconfitto i separatisti a colpi di titoli cubitali sui giornali. Ma i bombardamenti di carta (straccia) non fanno avanzare di un metro la linea del fronte. Nessuno, tra gli impareggiabili difensori dei diritti umani a seconda dei casi e dei popoli, ha voluto veramente fermare il massacro dei civili del sud-est ed i più quotati mezzi di comunicazione hanno fatto a gara per nascondere le atrocità commesse dall’esercito, dalla guardia nazionale, dagli elementi ultranazionalisti similnazisti di Kiev che contano sull’appoggio strategico e finanziario di Washington. I cittadini del Donbass sono stati dimenticati da tutti, le loro vite sacrificate sull’altare delle strategie geopolitiche americane ed europee. Se non ci fosse stata la Russia a proteggerli la carneficina sarebbe stata di certo peggiore. Una vergogna generale che squalifica definitivamente il cosiddetto mondo libero e i suoi pretestuosi strumenti legali come il famigerato diritto internazionale che fa strame della legge e della giustizia. Ma come stanno realmente le cose? Ricordatevi delle nostre parole solitarie nella gragnuola di bombe a grappolo propagandistiche sganciate dai media occidentali per coprire la verità. Kiev sta perdendo e perderà. Entro ottobre, questo conflitto iniziato per conto dei suoi padroni alla Casa Bianca e dei loro camerieri di Bruxelles, porterà alla fine di Poroshenko e soci. I soldati governativi sono allo sbando, le defezioni hanno toccato anche i vertici delle alte gerarchie militari e le truppe vagano sul campo di battaglia senza ordini precisi o, persino, contraddittori. La linea di comando, in preda alla confusione e alla incertezza, contribuisce ad accelerare la disfatta. I reggimenti sono più che demoralizzati e le perdite significative subite da ogni unità, alla quale viene raccontato che la guerra sarà presto chiusa trionfalmente con parata nel centro della Capitale, o addirittura in Crimea, producono maggiore disorientamento, perlomeno quanto più il fatidico momento della vittoria viene procrastinato di giorni, settimane e mesi. Molti soldati, senza eccezione di gradi e responsabilità, hanno capito che il Governo sta mentendo. Per avere salva la vita e non essere costretti ad ammazzare civili disarmati hanno preferito oltrepassare il confine e riparare in Russia. Anche quelli che erano stati feriti, senza arrendersi, sono stati trattati da questa con umanità e rispetto. Mosca li riceve fraternamente destando sorpresa in questi uomini ai quali per anni gli oligarchi, che controllano televisioni e aziende, hanno insegnato l’odio per il potente vicino, accusato di essere il responsabile di tutte le difficoltà economiche e sociali del Paese. Alcuni tra loro hanno deciso di restare in Russia, altri sono tornati a Kiev dove sono stati accolti come traditori e financo processati. Adesso, dai luoghi dove si trovano incarcerati, fanno sapere che temono ritorsioni per le loro famiglie e vorrebbero non aver mai preso la decisione sbagliata. Ovviamente, l’opinione pubblica occidentale non viene messa al corrente di tutto ciò perché lo stato ucraino è un protegé periferico dell’alleanza atlantica, autorizzato a commettere qualsiasi ingiustizia e nefandezza nel nome della democrazia e della libertà. Tuttavia, gli eventi, mentre tra compagni d’armi si diffondono queste notizie, precipitano rapidamente. Tremila, tra ufficiali e sottoufficiali, stanno contrattando la loro resa con la Russia. Sarà una mazzata tremenda per Kiev e per i suoi sponsor dell’ovest. Questa notizia non apparirà su nessun fogliaccio di Roma, di Berlino o di Parigi, ciascuno abituato a ripulire i fatti, con dovizia di particolari inventati, per fornire la versione degli avvenimenti più assurda e perciò stesso più creduta da una opinione generale allevata all’irriflessività e al qualunquismo dal sistema democratico dominante. Del resto, se la cosiddetta stampa libera è riuscita a far sparire le prove rilasciate dal Ministero della Difesa russo sull’abbattimento del Boeing malese, precipitato nei pressi di Donetsk, con quasi 300 passeggeri a bordo, accreditando, invece, le menzogne americane “reperite su Internet”, che inequivocabilmente puntano il dito sul Cremlino, non ci si può aspettare nient’altro dagli organi ufficiali dell’assolutismo elettorale “american style”. I nostri italici pennivendoli sono tra i più zelanti nell’accomodare le vicende: Zunini, Dragosei, Zafesova, Venturini (e quindi Il Fatto, il Corriere, La Stampa ecc. ecc.) sono i soldatini di fandonie pagati un tanto al chilo, capaci di scrivere che ad Odessa i separatisti sono morti per autocombustione (o per autoimmolazione, ebbene sì, pure questo hanno sostenuto) e che, nei cieli del Donbas, sono stati i filorussi ad aver aperto il fuoco sul volo malese, lanciando un missile terra-aria, frutto della loro fervida allucinazione o, meglio, della loro prezzolata inclinazione a spergiurare. All’indomani di questa terribile circostanza è partito un nuovo ciclo di sanzioni nei confronti di Putin che ha scatenato una reazione di segno opposto di Mosca, la quale va, soprattutto, a penalizzare gli interscambi con l’UE. L’Italia, grazie alla sua inetta classe dirigente, composta di gente coraggiosa solo a parole e promesse impossibili, rischia di perdere affari per 3 mld di euro. Pazienza, saranno i connazionali a pagare col loro sangue, ridotto a poche gocce avvelenate, le cambiali sottoscritte da Roma per continuare a far parte del circolo americanocentrico, nonostante questa cieca adesione sia fonte di immani e ripetuti disastri finanziari e politici. Ma veniamo adesso a quelle che saranno le evoluzioni più interessanti dei prossimi mesi sul teatro ucraino. Mosca gode dell’appoggio cinese nelle mosse che sta mettendo in atto in quell’area. Pechino ha già ottenuto la più grossa fetta degli investimenti che saranno realizzati in Crimea. Ma gli accordi sino-russi si spingono anche sulla nascente Novorossjia, l’entità statale che emergerà dalla secessione con l’Ucraina. Una fonte riservata ci ha detto che alla Cina sarà permesso di sfruttare le ricchezze del sottosuolo di questa terra (soprattutto carbone ma anche shale gas). L’espansione industriale cinese non può essere sostenuta senza incrementi significativi nelle fonti di approvvigionamento. Si tratta di accordi di lunga durata, a prezzi concorrenziali, che sono determinanti per lo sviluppo di Pechino, proiettata ad assicurarsi rifornimenti certi e convenienti, per i prossimi decenni. La Russia sovraintenderà a queste intese senza apparire come controparte ufficiale. In cambio, la Cina darà manforte alla resistenza con un cospicuo supporto finanziario. Questo arriverà da canali “invisibili” fino a che la Novorossija non sarà riconosciuta da una parte della Comunità Internazionale. La Cina, contemporaneamente, sta usando le sue armi diplomatiche per costringere Usa ed Ue a limitare gli aiuti militari all’Ucraina. I recenti tentennamenti del Pentagono e i ripensamenti della Casa Bianca, rispetto all’appoggio incondizionato finora assicurato a Kiev, in controtendenza con le affermazioni bellicose di qualche mese addietro, sembrano confermare che le pressioni cinesi stiano avendo successo. Non appena possibile, cioè quando la diplomazia russa e cinese avrà sistemato e blindato alcune questioni, comprese quelle formali dei futuri trattati e patti bilaterali, la Novorossija avrà il riconoscimento dei Brics. Nella partita entrerà anche l’Iran che in cambio di petrolio otterrà sostegno militare dalla Novorossjia. Quest’ultima invierà forze altamente preparate per spazzare via l’Isis che sta creando sconquasso tra Iraq e Siria. Se qualcuno crede che il territorio della nuova formazione particolare che sta nascendo in Ucraina si limiterà alle due piccole enclave di Donestk e Lugansk si sbaglia di grosso. Anche Odessa e Karkhov ne faranno parte. Almeno nell’imminente, perché il possibile crollo di Kiev spalanca opzioni di cui diremo più in là. Soprattutto Odessa è necessaria alla Russia (e alla Cina) per i suoi porti e per la sua vicinanza alla base in Crimea. Per le stesse motivazioni Washington aveva puntato sulla medesima città, con l’intento di neutralizzare l’insediamento militare russo a Sebastopoli. Da adesso fino ad ottobre, quindi, l’esercito novorusso partirà con una grande controffensiva finalizzata a liberare le terre ancora occupate dalle armate ucraine. Stanno arrivando rinforzi da tutto il territorio dell’ex Unione Sovietica, compresi quelli dalla Siberia dove sono stati mobilitati gli ex ufficiali che hanno preso parte al conflitto in Afghanistan. Gli Usa, indubbiamente, non se ne staranno con le mani in mano e proveranno a spezzare questo fronte antiamericano, in via di solidificazione, con ogni mezzo. Si sono messi già al lavoro alimentando le tensioni tra Armenia e Azerbaijan. Seguiranno altre e più temibili provocazioni che coinvolgeranno, in primo luogo, quei paesi dell’ex URSS dove i sentimenti antirussi sono più radicati. Tali partite strategiche animeranno questa fase e l’epoca storica in cui ci stiamo affacciando. Il mondo multipolare (di transizione) ci riserverà molte sorprese e non mancheranno inevitabili vicende sanguinose di cui saremo attori (come paesi e gruppi sociali) e spettatori. Il caos mondiale che ne seguirà sconvolgerà le nostre ataviche convinzioni e i principi morali e sociali con i quali siamo cresciuti, certi che la storia dell’umanità si fosse incamminata su un sentiero di pace e prosperità globale. Con l’entrata nel policentrismo la competitività tra le potenze salirà di livello e i contrasti geopolitici si faranno ancor più diretti e scuotenti. Gli stati Uniti (che sono ancora la potenza predominante) dovranno dimostrare di essere in grado di conservare la propria eccezionalità la quale, in ogni caso, non assomiglierà nemmeno lontanamente a quella attuale. Forma e sostanza della sua egemonia si riconfigureranno con l’incremento delle lotte e dei disequilibri della prossima età policentrica, della quale noi riusciamo a scorgere soltanto i primi timidi cenni e baluginamenti. La Storia è ancora in marcia nonostante qualcuno abbia tentato di farcela creder morta, con le idiozie (e “ideocrazie”) della globalizzazione a spinta americana.