Osservando le indagini nazionali è emerso infatti che i cattolici si distinguono per avere il 28% dei divorziati rispetto a oltre il 40% di quelli senza affiliazione religiosa, il 39% dei protestanti e il 35% di quelli di un’altra fede religiosa. Inoltre, i cattolici che sposano altri cattolici hanno ancor meno probabilità di divorziare rispetto ai cattolici sposati con persone di altre fedi.
Approfittiamo di questa notizia per chiarire l’equivoco che il riconoscimento di nullità del matrimonio religioso da parte della Chiesa cattolica sia la “via cattolica al divorzio” come soventemente viene affermato. Essendo il matrimonio religioso un sacramento nessuna autorità umana può sciogliere tale unione secondo l’ammonimento di Gesù Cristo: “l’uomo non separi ciò che Dio ha unito”. Può invece verificarsi ex post la sussistenza di una causa di nullità, tale da viziare la validità del matrimonio contratto e la Sacra Rota, l’organo ecclesiastico adibito a tale verifica, ha il compito di certificare che il matrimonio non è mai stato valido dalla sua origine.
In questi casi alcuni parlano di “annullamento del matrimonio”, generando giustamente confusione. Tuttavia non esiste alcun annullamento poiché non c’è mai stato alcun matrimonio. Quello che comunemente si dice “annullamento del matrimonio”, in realtà, è una dichiarazione di nullità del matrimonio: la Chiesa dichiara che un matrimonio non è valido constatando che il consenso espresso da uno dei due nubendi (o da entrambi), per motivi fondati e provati, non è valido. E’ dunque assolutamente compatibile e coerente la presenza nella dottrina della Chiesa della possibilità di dichiarare nullo il presunto matrimonio contratto e la non accettazione del divorzio, come spiegato benissimo anche nell’utile sito web “Aleteia”.
L’avvocato Gian Ettore Gassani, presidente dell’Associazione matrimonialisti civili, ha spiegato che «i costi per un annullamento risultano più ridotti e persino il tempo di attesa. I processi italiani sono lunghissimi, uno ecclesiastico può durare solo un paio d’anni». La Conferenza Episcopale Italiana ha previsto il patrocinio gratuito per i meno abbienti e nel 2012 alla Rota Romana il 53% delle cause finali sono state gratuite. Massimo del Pozzo, professore stabile di Diritto canonico e coordinatore della stessa facoltà alla Pontifica università della Santa Croce, ha confermato: «Una cosa dev’essere chiara: la nullità del vincolo matrimoniale non è la via cattolica al divorzio. Non bisogna strumentalizzare le cause di nullità. Alla base c’è forse una malintesa concezione pastoralista. Anche nell’insegnamento qui all’Università ripetiamo che un matrimonio fallito non è, e non può essere, automaticamente nullo. Bisogna vedere se esistono le condizioni oggettive della nullità».
Nei giorni scorsi Papa Francesco ha proprio chiamato una divorziata che ha appena ottenuto l’annullamento del suo matrimonio, Anna Rosa. Sposata con rito religioso con un uomo non credente, che non ha frequentato il corsi prematrimoniale e senza la volontà, comunicata dopo le nozze, di non volere figli. Il divorzio e l’allontanamento dalla Chiesa anche per lei, fino a quando una psicoterapeuta le consiglia di rivolgersi alla Sacra Rota.
La redazione