Quando mi è stato mostrato l’ultimo, folle video terror-propagandistico dei libri di Alfonso Luigi Marra, non ho potuto resistere in alcun modo al richiamo degli spot del nostro politico più poetico, umile e misurato.
Se non conoscete le puntate precedenti, eccole qui:
- La povera figlia di Marra, che avevamo solo citato, ma che va ricordata con affetto e tenerezza per l’uso promozionale scellerato che è stato fatto di lei, povero tesoro innocente.
- Per dovere di completezza, va anche fatta menzione quella ragazza finissima e delicata di cui avevo preferito non parlare, per intenderci quella che si definisce “rubacuori”; un eufemismo, questo, considerata la scaltrezza con cui ha saputo arraffare ben altro (questa mi è uscita male. Oddio, è uscita proprio malissimo). Però guardatela, come ci crede, quando spiega a gesti la differenza tra signoraggio bancario primario e secondario.
Dopo una colata di pessimo gusto di tale entità, onestamente credevo che ALM avrebbe desistito, ma mi sbagliavo: eccoci infatti oggi a descrivere, per l’ennesima volta, uno spot che canta le gesta visionarie di uno che si crede Darwin, Proust, Nabokov e Gesù Bambino tutti insieme. E per quanto, vista l’escalation, la candidata più adatta a prendere il posto della suddetta sembrasse Nicole Minetti, è a Vittorio Sgarbi che stavolta tocca uscire dal cilindro.
Se lo ricorda, signor Sgarbi, quando più di vent’anni fa, lo scarparo di Porta Palermo a Mazara del Vallo le regalò un paio di scarpe? Io sì: ero piccolo, me ne stavo seduto su una delle panchine nella piazzetta poco distante e pensavo però che bello che dev’essere, quando entri in un negozio e ti regalano le scarpe.
Ecco, secondo me il signor Sgarbi può essere qui per due motivi: uno, qualcuno gli sta puntando un AK 47 all’inguine, mentre quello dietro la telecamera lo minaccia, tagliandosi virtualmente la gola col pollice arricciato; due, e credo sia per l’appunto il caso, ha bisogno di soldi e le scarpe non gliele regala più nessuno.
Ma guardiamoci lo spot, vi va?
Un po’ vi va anche se dite di no, io vi conosco furbarelli miei.
Guardate, dunque, l’irascibile critico sotterrarsi nel proprio disagio mentre, come un venditore di testi romagnoli alla fiera del Ponente, cerca di appioppare a noi casalinghe facilmente influenzabili un poker di romanzi, la metà dei quali completamente sconosciuta a noi capracce senza cultura.
C’è La storia di Giovanni e Margherita, un libbro tabbù di un uomo tabbù per la cui descrizione tecnica vi rimando nuovamente alla giovane Marra;
c’è Il labirinto femminile, quell’apparente vaccata micidiale che quella manica di squinternati ha cercato di venderci per mesi come se da quello dipendesse la loro copertina su DiPiù.
Ma ci sono anche:
Pazzia un corno! Che dev’essere la risposta stizzita dell’autore a una domanda che tutti ci facciamo, da quando abbiamo appreso della sua esistenza. Egli stesso ne spiega la trama qui, ma io non sono riuscito ad andare oltre poche righe, perché primo mi bruciavano gli occhi; secondo, ALM, come al solito, non spiega le trame, si lagna solo di come nessuno capisca quanto messianico sia il suo arrivo su questa Terra.
Da Ar a Ser (prego, documentatevi), con la copertina che è la versione a righe di quella di Io speriamo che me la cavo. Credo parli della sua lotta per la custodia dei figli, ma, ancora una volta, mi fanno male gli occhi e lui esordisce dicendo che nel 1985 subiva
«il livello di recriminazione più articolato, complesso e subdolo che si possa immaginare»
quindi se lo scorda proprio che mi legga tutta la sua pappardella narcisistico-paranoide.
Adesso che abbiamo rimediato alle nostre gravi lacune, torniamo a Sgarbi, che è tenuto in una stanza senza microfono (o è rinchiuso in una scatola di Kellog’s Frosties, vedete voi) e dopo un lungo istante in cui prende coraggio, ci rivela che:
«Il sistema per fermare i libri di Marra gli ha scatenato contro i silenzi e le parole di chi ha il potere di influenzare il pensiero.»
La prima parte della frase mi aveva illuso che si discutessero le istruzioni per far cessare questa nostra agonia, ma era solo un tranello per farci ascoltare. Difatti, la seconda parte si rivela il solito delirio complottistico di Marra per cui i grandi poteri lo imbavagliano e ce l’han tutti con lui. Ma ricordiamocene comunque: tra non molto, forse scopriremo che c’è un fondo di verità.
«Ma è una violenza (respiro nervoso – inghiotte saliva), perché sono libri di un’importanza e di una verità incomprimibili. Sono la nuova cultura. Leggili: non conoscerli è la nuova ignoranza.»
Lo spot si conclude con l’accattivante sovrimpressione, che minaccia promette:
«Presto saranno in edicola (è da questo che si nota l’importanza incomprimibile) e in libreria i primi 4 di 12 libri!»
Quattro. Di DODICI.
Ma non accalchiamoci a riempire la Postepay, giacché gli altri, da La storia di Aids a Cucciolino, sono ancora in riedizione.
Mi viene quasi (quasi) da ridere a sentire Sgarbi che ci biasima e ci chiama nuovi ignoranti perché non leggiamo i libri di Alfonso Luigi Marra.
E ripenso a me, a sei-sette anni, che guardavo pensoso le mie scarpine di plastica e mi dicevo quanto bello sarebbe stato, se qualcuno me le avesse regalate.
E poi mi dico che è andata bene anche così.
Il bello della cultura è che non è come un paio di scarpe. Non si compra, non si regala, ma soprattutto non si vende.
Chi ha cultura, possiede il potere di influenzare il pensiero.
Ed è qui che, inaspettatamente, lo spot dice qualcosa di vero.
In fondo, è davvero questo il sistema per fermare i libri di Marra.
Ps. Ringrazio la meravigliosa Prof, senza la quale forse non avrei mai conosciuto lo spot.
Ps2. Non vorrei si pensasse che io sostenga che quel giorno Sgarbi abbia accettato chissà quali inopportune regalie. Era passato in un negozietto che stava in piazza e il proprietario gli ha voluto regalare ste scarpe, che di certo non erano Church’s