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La nuova italia e' immobile - zaza, come vialli e mancini dell'86. e l'under 21 va, alla faccia degli stranieri

Creato il 10 settembre 2014 da Carloca
LA NUOVA ITALIA E' IMMOBILE - ZAZA, COME VIALLI E MANCINI DELL'86. E L'UNDER 21 VA, ALLA FACCIA DEGLI STRANIERI                                              Zaza: in Norvegia primo gol azzurro
Da Vialli - Mancini a Immobile - Zaza. Non si tratta di un incauto accostamento, non è mia volontà avventurarmi in un paragone al momento (al momento...) improponibile. Si parla, semplicemente, di corsi e ricorsi storici. Nel 1986, i gemelli del gol sampdoriani erano i virgulti più rampanti di una scintillante nouvelle vague calcistica italiana, sbocciata in una splendida Under 21 e gradualmente trapiantata nella Nazionale maggiore da Azeglio Vicini, per ricostruire la squadra dopo il naufragio del Mundial messicano. Oggi, dopo un ancor più grave fallimento iridato, Antonio Conte tira fuori dal cilindro un'estemporanea coppia d'attacco, inventata quasi dal nulla in pochi giorni di ritiro: due ragazzi ai quali è stata affidata in prima battuta una difficile risalita, e che si stanno facendo carico del gravoso compito con prontezza, maturità, efficacia. FURORE ZAZA - Sì, questa nuova - vecchia Azzurra (nuova nello spirito e nelle idee di gioco, tendente al vecchio nell'organico) si rispecchia soprattutto nei furori offensivi di Ciro e Simone. Più il secondo del primo, a giudicare dalle prime due uscite del Club Italia: se nel vernissage barese con l'Olanda entrambi avevano fatto ammattire la difesa dei Tulipani terzi nel mondo, ieri a Oslo è stato soprattutto il puntero del Sassuolo a dare un preciso indirizzo alla partita: si è inventato un gol quasi dal nulla, gravando poi come un incubo sulla legnosa retroguardia di casa, sempre pronto a cambiare passo e a scattare in profondità, e quando l'ha fatto per poco non trovava il secondo centro personale, con un tiro schiantatosi sulla traversa. Tornando all'impegnativo accostamento iniziale, uno Zaza più incisivo e decisivo, in queste sue prime apparizioni azzurre, del Vialli che, all'epoca, impiegò parecchie partite prima di rompere il ghiaccio e trovare il gol liberatorio. STELLE DI BASSA CLASSIFICA - Altri tempi e altra storia, certo. Tempi da rimpiangere acutamente, in cui le squadre italiane erano piene di giocatori di casa nostra, si potevano allestire due Nazionali non molto distanti fra loro per competitività (qualcuno ricorderà, in quel periodo, la splendida Olimpica di Zoff, con Tacconi, Tassotti, Cravero, Romano, Carnevale e Virdis), e i giovani non faticavano a trovare spazio. Oggi, invece, i migliori prodotti del vivaio sono costretti a una lunghissima gavetta in squadre di media - bassa serie A, quando va bene, oppure a intristirsi nelle categorie inferiori. Già detto e ridetto su queste pagine, ne ho quasi la nausea: però è un fatto che il prode Zaza, come il suo compagno di club Berardi, i loro primi scampoli di gloria li stiano trovando in una compagine certo organizzata e di buoni mezzi finanziari, ma lontana dai vertici del nostro calcio. Mentre Immobile, dal canto suo, dopo una stagione da capocannoniere ha dovuto addirittura lasciare la penisola. Ciro e Simone rappresentano una condanna inappellabile per chi muove i fili del nostro movimento: sotto di loro altra "benzina verde" è in ebollizione, ma non è lottando in eterno per la salvezza o per la promozione in A che i nostri emergenti matureranno l'esperienza necessaria a far la differenza agli alti livelli. CONCRETEZZA - In Norvegia si è vista un'Italia meno brillante rispetto al folgorante esordio pugliese, ma era ampiamente prevedibile. Siamo all'inizio di un percorso e di lavoro ce n'è in abbondanza, ma conforta, se non altro, la concretezza dimostrata nel saper difendere e arrotondare il risultato, laddove l'ultima Nazionale prandelliana aveva totalmente smarrito la capacita di tesorizzare le reti segnate. Certo non tutto è filato liscio: al di là di quei dieci minuti di sofferenza nella parte iniziale della ripresa, con difensori che hanno mostrato qualche sbavatura di troppo una volta messi sotto pressione (ma sappiamo benissimo che, sul piano della qualità del "materiale umano", i nostri più gravi problemi sono proprio in retroguardia), mi è parso che tatticamente esistano ancora diversi intoppi. CENTROCAMPO IGNORATO - Alcune strade di gioco non sono ancora sufficientemente battute, nella costruzione ci si affida troppo alla terza linea: Bonucci è bravissimo ad appoggiare l'azione offensiva sia in fase di lavorazione che di finalizzazione (lo dimostra la perentoria inzuccata del 2 a 0), ma l'impostazione non deve assolutamente gravare sulle sue spalle. A Oslo i centrocampisti hanno avuto scarsissimo peso nella tessitura della manovra: De Rossi ha fatto legna e poco più, Giaccherini si è mosso molto ma ha vanificato alcune azioni promettenti con una certa approssimazione di tocco, mentre ben altra presenza nel vivo del gioco ci si aspetta da Florenzi, parzialmente riscattatosi solo nel finale con un paio di pericolose incursioni in area. Tuttavia, nel complesso i nostri hanno tenuto il campo con discreta disinvoltura e rischiando davvero il minimo sindacale. Gli scandinavi non sono più una grande squadra, forse lo diventeranno lavorando sui giovani della loro Under (lassù, in questo senso, il coraggio non manca, anche se di alternative ne hanno ben poche), però da quelle parti abbiam sempre sofferto, anche schierando Nazionali più competitive e "scafate" di questa. L'ottimismo è d'obbligo. DUE PAROLE SULL'UNDER 21 - Un anno fa, più o meno di questi tempi, la nuova Under 21 faticosamente messa insieme dal neo CT Di Biagio prendeva un'imbarcata dal Belgio, che già all'epoca era la nazione calcisticamente più alla moda, sulla bocca di tutti, esempio di valorizzazione intelligente del vivaio; gli spauriti giovanotti della nostra rappresentativa parevano invece allo sbando, intrappolati nella loro insuperabile modestia tecnica, aggravata dalla mancanza di minutaggio e di esperienza "di campo".  Poche settimane dopo, con una formazione più razionale e meno raccogliticcia, gli azzurrini consumavano la prima vendetta andando a imporsi a Genk contro i reclamizzatissimi Diavoletti rossi. E in questi ultimi cinque giorni, prima con la rimonta sulla Serbia e infine con la goleada inflitta a Cipro, hanno conquistato il primo posto nel loro raggruppamento, qualificandosi per il barrage di ottobre come testa di serie. Mi piace scrivere adesso queste cose, a prescindere da quello che sarà il risultato del playoff: la nostra scuola calcistica è talmente solida da riuscire a produrre talentini anche in una congiuntura così sfavorevole: Zappacosta e Rugani, Bianchetti e Battocchio, Sturaro e Bernardeschi, Belotti e Berardi meriterebbero tutta la fiducia e la pazienza possibile, e invece annaspano in una palude di esterofilia irragionevole. Chi ha consentito che la nostra Serie A diventasse una indigeribile accozzaglia di multinazionali del pallone, un giorno dovrà essere chiamato a rispondere di questo scempio: possibilmente venendo escluso a vita da ogni consesso calcistico. 

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