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La nuova politica estera dell’Egitto: cambiamento o continuità?

Creato il 06 agosto 2012 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR
La nuova politica estera dell’Egitto: cambiamento o continuità?

Il nuovo presidente egiziano, Mohammed Mursi, ha scelto l’Arabia Saudita come destinazione della sua prima visita all’estero, in modo da rimettere nuovamente in marcia il dormiente apparato della politica estera del Paese. Di ritorno dall’Arabia Saudita, ha incontrato il nuovo presidente della Tunisia, Munsif al-Marzuqi, seguito poi da un altro meeting con il Segretario di Stato degli USA, Hillary Clinton. Successivamente, si è recato nella capitale etiope, Addis Abeba, per partecipare ad una riunione dell’Unione Africana. Nel corso di quest’anno e mezzo passato dalla caduta del precedente dittatore egiziano, Hosni Mubarak, l’assenza di un governo eletto e di elevati livelli di tensione politica nello Stato hanno lasciato poco spazio di manovra per una politica estera produttiva. Comunque, dopo l’elezione del nuovo presidente e l’insediamento del nuovo governo in Egitto, ci si aspetta che lo Stato diventi più attivo nell’area della politica estera. La domanda principale, comunque, è: come se la caverà la politica estera egiziana in questa nuova epoca dello Stato? Dovremmo aspettarci dei cambiamenti importanti e seri nell’orientamento della politica estera del Cairo?

Nel complesso, la politica estera di ogni Stato è solitamente una funzione della sua situazione interna ed è influenzata non solo dalla struttura politica dello Stato, ma anche dalla relativa influenza delle forze politiche e dal loro approccio verso gli interessi nazionali. Naturalmente, anche i cambiamenti che si sono verificati nella struttura politica dell’Egitto in seguito alla caduta di Mubarak, così come la nuova composizione delle forze politiche dello Stato, influenzeranno senza alcun dubbio la politica estera dell’Egitto. Tuttavia, nonostante alcune aspettative, i mutamenti nella politica estera egiziana sotto il nuovo governo non saranno così essenziali, infrastrutturali o troppo rapidi.

Il maggiore ostacolo ai rapidi e fondamentali cambiamenti nella politica estera dell’Egitto è il problema dell’equilibrio tra la pluralità delle forze politiche esistenti nel Paese. Come risultante di tale diversità, qualsiasi tipo di cambiamento importante è sicuro di incontrare l’opposizione, la resistenza e l’ostruzionismo di vari gruppi. Nonostante Mohammed Mursi sia il primo presidente civile e islamista dell’Egitto, non dimentichiamoci soprattutto che l’esercito egiziano è ancora una delle istituzioni politiche più influenti del Paese. In secondo luogo, la debole vittoria di Mursi nelle elezioni presidenziali (con una differenza del 3% tra i suoi voti e quelli del secondo classificato, Ahmed Shafiq, in una elezione che ha visto la partecipazione di meno del 50% degli elettori aventi diritto) non gli consente di apportare cambiamenti considerevoli alla politica estera dello Stato con le proprie forze. Inoltre, anche le correnti rivoluzionarie e islamiste in Egitto sono molto variegate nelle loro tendenze e questo può essere un altro freno che potrebbe restringere ulteriormente lo spazio di manovra del nuovo presidente.

Un altro ostacolo sul suo cammino è costituito dalla povera situazione dell’economia egiziana, che rende il governo dipendente dall’afflusso di investimenti stranieri per rinvigorire l’economia nazionale. Di conseguenza, la politica estera del governo dovrebbe evitare tensioni e muoversi con cautela a livello regionale e internazionale. Dalla caduta di Mubarak ai giorni nostri, gli indici economici dell’Egitto hanno subito delle forti pressioni. Solo nel 2011 l’afflusso di capitali stranieri è sceso del 90%. Le entrate provenienti dal turismo dell’Egitto sono crollate e il deficit di bilancio commerciale si è portato a 30 miliardi di dollari. Inoltre, il tasso di crescita del prodotto interno lordo dell’Egitto si è ridotto dal precedente dato del 3,8% all’attuale cifra di circa l’1%. Il successo o il fallimento del governo di Mursi dipenderà soprattutto dal futuro dell’economia egiziana.

Nonostante i fatti sopracitati, la politica estera egiziana vedrà sicuramente dei cambiamenti in certe aree che richiedono maggiore attenzione. Sembra che l’indice più importante della politica estera dell’Egitto di questa nuova era sia una sorta di equilibrio e regionalismo. Per equilibrio si intende che il nuovo Egitto sta cercando di diversificare le sue relazioni estere e ridurre le pure dipendenze da una o poche potenze regionali e trans-regionali. Invece regionalismo significa che la maggiore priorità dell’Egitto sarà di espandere i legami con Stati vicini e restaurare l’influenza del Cairo sugli equilibri politici regionali. Di conseguenza, il rafforzamento e lo sviluppo delle relazioni con i Paesi Arabi della regione sarà la maggiore priorità per la politica estera egiziana sotto il nuovo governo. L’Egitto, in quanto Paese più popoloso nel mondo arabo che è stato anche un pioniere tra gli arabi in diversi campi, proverà a riguadagnare in questa nuova era la sua precedente posizione di influenza tra gli Stati arabi.

Mohammed Mursi ha frequentemente enfatizzato la necessità di espandere i legami con i Paesi Arabi. Nella sua prima visita estera si è recato in Arabia Saudita, dove ha sottolineato che la sicurezza del Golfo Persico è una linea rossa per l’Egitto. Per ravvivare la sua economia, l’Egitto avrà un estremo bisogno dei soldi e dei capitali che si trovano in abbondanza nei Paesi Arabi del Golfo Persico. Inoltre, il nuovo governo dell’Egitto dovrà guadagnarsi la fiducia di vari Stati arabi nell’orientamento politico egiziano e nei nuovi sviluppi nel Paese.

Per quanto riguarda le relazioni con le grandi potenze come gli Stati Uniti, ci si aspetta che il Cairo mantenga gli stretti rapporti esistenti. L’elevata influenza dell’esercito egiziano, che ha legami diretti con gli Stati Uniti, le esigenze economiche, le richieste politiche risultanti dalla pluralità di forze politiche in Egitto e gli sforzi del governo di guadagnare fiducia nel mondo porteranno il nuovo Egitto a non mostrare la minima volontà d’effettuare alcun cambiamento negativo agli stretti legami tra il Cairo e Washington. In queste circostanze, sarà veramente importante anche per gli Stati Uniti mantenere ed espandere le relazioni con Stati come l’Egitto, che è tra i maggiori alleati non-NATO di Washington.

Una delle più controverse questioni nella politica estera dell’Egitto è comunque il rapporto con Israele. Dopo la firma degli accordi di Camp David più di trent’anni fa, le relazioni tra il Cairo e Tel Aviv sono state piuttosto strette. Tuttavia, in seguito alla rivoluzione egiziana, si sono verificati alcuni incidenti che hanno scosso enormemente le fondamenta delle relazioni tra Egitto e Israele. Questi includono frequenti esplosioni lungo il principale condotto che porta il gas egiziano verso Israele, un grave attacco all’ambasciata israeliana al Cairo e l’abrogazione di un precedente contratto di vendita di gas egiziano al regime sionista di Israele. In seguito all’elezione di Mohammed Mursi, candidato dei gruppi islamisti e rivoluzionari, molti in Israele e ovviamente negli Stati Uniti erano in allarme per il futuro degli accordi di Camp David. Erano preoccupati che il nuovo governo, influenzato dalla nuova ondata anti-israeliana in Egitto, avrebbe revocato l’accordo. Tuttavia nel suo primo discorso successivo alla vittoria delle elezioni Mursi ha annunciato che rimarrà fedele a tutti gli obblighi internazionali dell’Egitto. Il suo annuncio si poneva in contrasto con il fatto che la Fratellanza Musulmana egiziana, che ha originariamente candidato Mursi per la presidenza, ha frequentemente richiesto che venissero effettuati dei cambiamenti nei contenuti degli accordi di Camp David. Dunque gli analisti credono che, nonostante le relazioni tra Egitto e Israele non verranno completamente interrotte nel futuro, non saranno tanto cordiali come lo sono state in passato e si raffredderanno gradualmente. In altre parole, una sorta di “pace fredda” sarà la maggiore caratteristica delle relazioni future tra questi due Stati.

Le relazioni con la Repubblica Islamica dell’Iran costituiscono un’altra area nella quale le relazioni estere egiziane vedranno probabilmente dei cambiamenti. Egitto e Iran sono due Stati con antiche civiltà e un lungo background culturale, con un grande potenziale in favore di una vicinanza politica. Nonostante alcune potenze regionali e trans-regionali non siano ben disposte a fare in modo che questi due Stati si avvicinino, sembra che le relazioni tra Tehran e il Cairo diventeranno più cordiali nel prossimo futuro, sebbene non a grandi passi ma attraverso un processo graduale. Nelle attuali circostanze, con l’Occidente e i Paesi Arabi che si muovono all’unisono per formare un fronte anti-iraniano, sarà piuttosto naturale per l’Egitto procedere nelle sue relazioni con l’Iran ad una velocità che non possa urtare le sensibilità regionali e internazionali.

Complessivamente, la politica estera dell’Egitto nella nuova era politica dello Stato andrà avanti lentamente, proprio come è il caso degli sviluppi interni al Paese stesso. Quindi, nonostante si verificheranno sicuramente dei cambiamenti nelle relazioni estere dell’Egitto, questi si manifesteranno in maniera insidiosa e prudente.

(Traduzione dall’inglese di Valeria Ruggiu)


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