La complicata vicenda di BtJunkie si arricchisce di un nuovo capitolo. La storia è ormai nota: al termine di un indagine soprannominata “Poisonous Dalhia“, il sostituto procuratore Giangiacomo Pilia aveva inviato una comunicazione ai provider operanti sul suolo italiano per avviare le procedure di inibizione dei domini btjunkie.com e btjunkie.org. Tale procedura puntava a rendere non raggiungibile tramite i DNS dei provider nostrani i siti in questione (motori di ricerca per file .torrent).
E’ proprio in questa fase che si assiste al primo “colpo di scena”: due provider (NGI e Fastweb) si sarebbero resi colpevoli di mancata osservanza delle prescrizioni, adducendo motivazioni tecniche ritenute pretestuose dalla Procura di Cagliari. Nonostante le secche smentite, i due ISP sono stati indagati per favoreggiamento avendo consentito l’accesso degli utenti italiani alla piattaforma multimediale pirata Btjunkie, non ottemperando all’apposito ordine di inibizione del sito.
Ma le sorprese non si esauriscono qui. E’ di questi giorni la notizia di una nuova sfida lanciata dai gestori dei siti alla magistratura italiana: il motore di ricerca potrebbe presto tornare in pista, grazie ad un servizio proxy creato ad hoc grazie Google Apps.
Stando a quanto si legge sul sito TorrentFreak, gli stessi gestori di BtJunkie vorrebbero ora sfruttare Google Apps per realizzare un proxy per aggirare così il provvedimento del sostituto procuratore Pilia. Una sorta di prova di prova di forza per scoprire se la magistratura oserà bloccare anche gli indirizzi IP di Google, rischiando di esporsi alle reazioni del colosso statunitense.
Come si può vedere, quindi, la vicenda è ben lontana dalla conclusione. Non resta che attendere la reazione della Procura di Cagliari che, questo è sicuro, non pare intenzionata ad arrendersi.