Magazine Religione
Dipinto dell'esimia Artista Dona Gelsinger
Seconda parte
3. La paura della sofferenzaNell'ambito della nostra vita personale, come in quello della storia del mondo, dobbiamo essere convinti che Dio è tanto buono e potente da utilizzare in nostro favore tutto il male, qualunque esso sia, e tutte le sofferenze, per assurde ed inutili che possano sembrare. Di questo non possiamo averne alcuna certezza matematica o filosofica: possiamo solo fare un atto di fede. Proprio a questo atto di fede ci invita la proclamazione della risurrezione di Gesù, accolta come il segno della vittoria definitiva di Dio sul male.
Il male è un mistero, uno scandalo e lo rimarrà per sempre. Bisogna fare quanto possibile per eliminarlo ed alleviare la sofferenza che procura. Esso resta comunque sempre presente nella nostra vita. Il suo posto nell'economia della redenzione appartiene alla saggezza di Dio, che non è la saggezza degli uomini, ed avrà sempre in sé qualcosa di incomprensibile. « Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie, oracolo del Signore. Quanto il ciclo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri » (Is 55,8-9).
In alcuni momenti della sua vita il cristiano sarà invitato a credere a dispetto delle apparenze, a « sperare contro ogni speranza » (Rm 4,18): come Abramo, come Maria ai piedi della croce. Si verificano inevitabilmente delle circostanze in cui non possiamo comprendere il perché dell'agire di Dio. Siamo invitati allora a non disperare e a credere che non è più la saggezza degli uomini ad intervenire, bensì la saggezza divina, misteriosa ed incomprensibile.
È un bene non poter sempre capire tutto! Come sarebbe altrimenti possibile lasciare la saggezza di Dio libera di agire secondo i suoi disegni? Come potrebbe esserci spazio per la fiducia?
È vero che in molte circostanze non agiremmo proprio come Dio! Non avremmo certo scelto la follia della croce come mezzo di redenzione! Fortunatamente, però, è la saggezza di Dio - e non la nostra - a dirigere ogni cosa, poiché è infinitamente più potente e ricca d'amore e, soprattutto, più misericordiosa della nostra.
Se la saggezza di Dio supera ogni concetto umano, nel suo modo d'agire a nostro riguardo, dobbiamoconvincerci che proprio in questa incomprensibilità si trova la garanzia che ciò che prepara, per coloro che sperano in essa, supera infinitamente in gloria e bellezza quanto possiamo immaginare e concepire. « Sta scritto, infatti: quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano » (I Cor 2,9).
La saggezza dell'uomo non può produrre che opere a misura d'uomo, solo la saggezza divina puòrealizzare cose divine. Ed è a grandezze divine che siamo predestinati.
Ecco qual è la nostra forza di fronte al male: una fiducia di bimbo in Dio, nel suo amore e nella suasaggezza, la ferma certezza che « Dio fa concorrere tutto al bene di coloro che lo amano » (Rm 8,28) eche « le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essererivelata in noi » (Rm 8,18).
4. Per crescere nella fiducia: una preghiera da
bambino
Come crescere e dimorare in questa totale fiducia in Dio? Non sarà sufficiente poggiarci su speculazioni intellettuali e considerazioni teologiche: non reggeranno nel momento della prova. Ciò che ci sosterrà sarà uno sguardo di contemplazione su Gesù. Contemplare Gesù che dona la sua vita per noi; nutrirci di questo amore folle che egli manifesta per noi sulla croce: ecco quanto veramente ispira fiducia. Come
potrebbe questa suprema prova d'amore « Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici » (Gv 15,13), instancabilmente contemplata con uno sguardo di fede, non fortificare poco a poco il nostro cuore, stabilendolo in un atteggiamento di incrollabile fiducia? Cosa mai possiamo temere da un Dio che ci ha manifestato il suo amore in modo così evidente? Come potrebbe non stare per noi, non agire a nostro favore, questo Dio amico degli uomini «che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi » (Rm 8,32)? E « se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? » (Rm 8,31).
Vedete bene dunque l'assoluta necessità della contemplazione per crescere nella fiducia. Molte persone vivono nell'inquietudine proprio perché non sono contemplative, nel senso che non prendono del tempo per nutrire il proprio cuore e per restituire ad esso la pace attraverso uno sguardo di fede e di amore posato su Gesù. Per resistere alla paura e all' abbattimento bisogna, mediante un incontro personale con Dio nella preghiera, poter « gustare e vedere com'è buono il Signore » (Salmo 34). Le certezze che vengono ad abitare il nostro cuore, come frutto della fedeltà alla preghiera, sono di gran lunga più forti di quelle che derivano dalla più alta teologia.
Così come sono incessanti gli assalti del male, i pensieri di scoraggiamento e di sfiducia, incessante ed instancabile deve essere la nostra preghiera. Quante volte mi è capitato di recarmi a fare l'ora quotidiana di adorazione davanti al santissimo Sacramento in uno stato di preoccupazione e scoraggiamento, e senza che nulla di particolare fosse successo, senza aver detto né avvertito cose speciali, di uscirne col cuore placato! La situazione era esteriormente sempre la stessa, i problemi ancora da risolvere, ma il cuore era cambiato e poteva ormai affrontarli nella pace. Lo Spirito santo aveva lavorato nel segreto.
Non insisteremo mai abbastanza, dunque, sulla necessità dell'orazione silenziosa, vera fonte della pace interiore. Come abbandonarsi a Dio, e avere fiducia in lui, se non lo conosciamo che da lontano, senza un incontro personale? « Io ti conoscevo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti vedono » (Gb 42,5), disse Giobbe, e così potrà dire ogni uomo che persevera nella preghiera. Il cuore non si risveglia alla fiducia se non risvegliandosi all'amore e noi abbiamo bisogno di avvertire la dolcezza e la tenerezza del cuore di Gesù. Questo si raggiunge solo con la pratica della preghiera contemplativa.
Impariamo dunque ad abbandonarci, a riporre una fiducia totale in Dio nelle grandi come nelle piccole cose, con la semplicità dei bambini, con la certezza di trovare tutto in lui. Dio, allora, manifesterà la sua tenerezza, la sua lungimiranza, la sua fedeltà in modo a volte sconvolgente. Sebbene ci tratti in certi momenti con apparente rudezza, egli ci riserva spesso delicatezze di cui solo un amore tanto tenero e puro come il suo può essere capace. Alla fine della sua vita san Giovanni della Croce, in cammino verso il convento dove si sarebbero consumati i suoi ultimi giorni, malato, esausto da non poterne più, sente ilforte desiderio di mangiare asparagi, come faceva nella sua infanzia. Vicino alla pietra dove siede perriprendere fiato eccone un mazzo, miracolosamente deposto.
Tra le tante prove che saremo chiamati ad affrontare faremo anche l'esperienza di queste delicatezze dell'Amore. Non sono riservate solo ai santi, esse sono per tutti i poveri che credono veramente che Iddio è loro padre. Saranno per noi un potente incoraggiamento all'abbandono, molto più efficace di tutti i ragionamenti.
Credo stia in questo la vera risposta al mistero del male e della sofferenza. Risposta non filosofica, bensì esistenziale: esercitandomi nell'abbandono, faccio l'esperienza concreta che Dio fa sì che tutto concorra a mio favore, anche il male, le sofferenze, perfino i miei peccati. Quante circostanze che temevo, in fin dei conti mi appaiono sopportabili, anzi alla fine benefiche, anche se dopo un primo impatto doloroso. Quanto credevo fosse contro di me, si rivela a mio favore. A quel punto mi dico: ciò che Dio fa per me, nella sua infinita misericordia, deve ben farlo anche per tutti gli altri, in modo misterioso e nascosto. Deve pur farloanche per il mondo intero!(continua)
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