Questa pagina, pescata in un bel libro di Tabucchi che ho appena finito (e che ora è steso in bagno ad asciugare come un calzino per averlo distrattamente dimenticato nel cestino della bicicletta in un pomeriggio di pioggia), è dedicata a chi, magari anche in queste ore, o almeno una volta nella vita, ha provato un po' di nostalgia. Quella vera.
"Andavo alla ricerca di lucertole, che avevano nidificato da quella parte e che prendevano il sole immobili sui sassi, con il capo alzato e gli occhietti puntati verso il nulla. Avrei saputo anche catturarle con un laccio di giunco che mi aveva insegnato a costruire un mio compagno di scuola, ma preferivo osservare quei corpicini incomprensibili e sospettosi del più piccolo rumore, come assorti in una preghiera indecifrabile. Spesso mi veniva da piangere e non sapevo perchè. Le lacrime mi scendevano senza che potessi farci niente, ma per il latino non era di certo, i parisillabi e gli imparisillabi ormai li sapevo a memoria, in fondo la mamma aveva ragione, per queste cose non c'era bisogno di andare a lezione e di uscire di casa, bastava un po' di studio. Solo che mi veniva voglia di piangere allora mi sedevo sul muricciolo guardando le lucertole e pensando alle estati precedenti. Il ricordo che più mi faceva piangere era un'immagine: io e papà su un tandem, lui davanti e io di dietro, la mamma e la Nena su un tandem che ci seguivano gridando aspettateci, sullo sfondo c'era la pineta scura di Forte dei Marmi e davanti a noi l'azzurro del mare, papà aveva i calzoni bianchi e chi arrivava primo al bagno Balena avrebbe mangiato per primo il gelato ai mirtilli. E allora non riuscivo a trattenere i singhiozzi e dovevo tapparmi la bocca con le mani per non farmi sentire dalla mamma, la mia voce repressa era un ciangottio sommesso che somigliava al verso di Belafonte quando si rifiutava di essere trascinato al guinzaglio; e la saliva, mischiata alle lacrime, mi inzuppava il fazzoletto che mi infilavo disperatamente in bocca, e allora mi veniva da morderle, le mie mani, ma piano piano, a piccoli morsi, che strano, a quel punto tutto si confondeva e sentivo sul palato, acuto, nitidissimo, con un profumo inequivocabile, il sapore di gelato ai mirtilli".
Antonio TabucchiIl gioco del rovescioPag. 64
Magazine Società
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