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La pagina di un libro/30 - Il giocatore

Creato il 03 dicembre 2011 da Mapo

Sembra che Dostoevskij scrisse Il giocatore un po' così, praticamente a tempo perso. Lo apprendo nella prefazione di questa edizione italiana che, grazie a Repubblica e ai suoi "classici della letteratura a 1 euro", tengo ora tra le mani.Partendo da queste premesse, così come ignorandole del resto, il risultato non appare davvero niente male. Il libro, prima di essere quel romanzo russo introspettivo e un po' retrò che tutti si immagino, è la storia di un gioco d'azzardo che va ben oltre il tavolo della roulette.Capitolo dopo capitolo, racconta come ognuno di noi si sieda al tavolo della vita con una manciata di carte in mano, così come gli vengono distribuite. Non può sceglierle, questo è ovvio, ma è obbligato a decidere  come giocarle. Ad un certo punto deve scommettere. Può farlo, in buona sostanza, su qualunque cosa. Dal fermarsi di una biglia sul rosso o sul nero sino alla morte di una vecchia.
La pagina di un libro/30 - Il giocatore
"Sul pianerottolo superiore dell'alta scalinata dell'albergo, portata su per i gradini in una poltrona e circondata da servitori, cameriere e dal numeroso, ossequiente personale dell'albergo, alla presenza del capo cameriere in persona uscito a incontrare l'illustre ospite arrivata con tanto trambusto e fracasso, con la sua servitù particolare e una gran quantità di bauli e di valigie, troneggiava... la nonna! Sì, era proprio lei, la terribile, ricchissima settantacinquenne Antonida Vassìlevna Tarassevitcheva, proprietaria e gran signora moscovita, la 'baboulinka,' sul conto della quale si spedivano e si ricevevano telegrammi; era quella vecchia sempre sul punto di morire ma che non moriva mai e che, d'improvviso, era piombata in persona tra di noi, come una tegola sulla testa. Era apparsa, benché senza l'uso delle gambe e portata come sempre negli ultimi cinque anni in poltrona, ardita, battagliera, contenta di sé, eretta sul busto, come suo solito, gridando forte e imperiosamente, rampognando tutti, proprio come io avevo avuto l'onore di vederla due volte da quando ero entrato come precettore in casa del generale. Naturalmente rimasi davanti a lei come impietrito dallo stupore. Già a cento passi di distanza, mentre la portavano dentro sulla poltrona, lei mi aveva visto con il suo occhio di lince, mi aveva riconosciuto e mi chiamava con il nome e con il patronimico che lei, com'era sua abitudine, aveva imparato una volta per sempre. "E proprio lei si aspettavano di vedere chiusa nella bara dopo aver lasciato l'eredità?" mi passò a volo nella mente."Lei che vivrà più a lungo di noi e di tutto l'albergo! Mio Dio, ma che succederà ora ai nostri, che succederà al generale? Quella, adesso, metterà sottosopra tutto!"Fedor DostoevskijIl giocatorePag. 85

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