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"Ma come uscirò da qui?" gemette il prigioniero, terrorizzato. "Sicuramente esiste un meccanismo segreto nella camera per aprire la porta dall'interno. Avrete tempo in abbondanza per scoprirlo. Con abilità e fortuna vi ritroverete libero in men che non si dica" sorrise Diego."Vi lasceremo una lampada, Moncada, ma vi consiglio di non accenderla, perché consumerebbe tutta l'aria. Vediamo un po', Diego: secondo te quanto tempo può sopravvivere una persona qui?" proseguì Isabel, entusiasta del piano."Diversi giorni. A sufficienza per meditare a lungo sulla saggia massima che il fine non giustifica i mezzi" replicò Diego.Lasciarono Rafael Moncada provvisto di acqua, pane e prosciutto, dopo che Nuria gli ebbe disinfettato e bendato il taglio al braccio. Sfortunatamente non sarebbe morto dissanguato per quel graffio insignificante, considerò Isabel. Gli raccomandarono di non sprecare aria e forze gridando, perché nessuno l'avrebbe udito, i pochi domestici rimasti non si avvicinavano mai da quelle parti. Le ultime parole del prigioniero prima che girassero lo scaffale per chiudere l'accesso alla camera, facendolo sprofondare nel silenzio e nel buio, furono che si sarebbero accorti di chi era Rafael Moncada, che si sarebbero pentiti di non averlo ammazzato, che sarebbe uscito da quel buco e che prima o poi avrebbe trovato Juliana, anche a costo di inseguirla sino in fondo all'inferno."Non sarà necessario recarsi così lontano, ce ne andiamo in California" si congedò Diego.Mi dispiace dirvi che non posso proseguire, perché mi sono finite le piume d'oca che uso sempre, ma le ho ordinate e presto potrò concludere la storia. Non mi piacciono le piume di uccelli volgari, perché macchiano la carta e tolgono eleganza al testo. Ho sentito dire che alcuni inventori sognano di poter creare un marchingegno meccanico per scrivere, ma sono certa che una trovata così ingegnosa non avrebbe un grande futuro. Alcuni processi non possono essere meccanizzati perché hanno bisogno di affetto e la scrittura è uno di questi.Temo che la narrazione mi si sia allungata, nonostante le molte cose che ho omesso. Nella vita di Zorro, come in tutte le vite, ci sono momenti di luce e altri d'ombra, ma fra i due estremi ci sono molte zone neutre. Avrete notato, per esempio, che nel 1813 accaddero pochi episodi degni di nota al nostro protagonista. Si dedico alle sue cose senza infamia e senza lode e non conquistò terreno nell'espugnazione del cuore di Juliana. Fu necessario che tornasse Rafael Moncada dalla sua odissea del cioccolato perché la storia recuperasse una certa agilità. Come hogià detto, i vili, così antipatici nella vita reale, sono indispensabili in un romanzo, e queste pagine lo sono.All'inizio avevo pensato di scrivere una cronaca o una biografia, ma non mi riesce di raccontare la leggenda di Zorro senza cadere nel disdegnato genere romanzesco. Tra ognuna delle sue avventure trascorrevano lunghi periodi privi di interesse che ho soppresso per non far morire di noia i miei possibili lettori. Per il medesimo motivo ho ornato gli episodi memorabili, ho fatto uso generoso di aggettivi e ho aggiunto suspense alle sue prodezze, pur senza enfatizzare eccessivamente le sue lodevoli virtù. Licenze letterarie, nient'altro, a mio parere più legittime delle semplici bugie.A ogni modo, amici miei, la mia penna ha ancora molto da raccontare. Nelle prossime pagine, che prevedo non siano meno di un centinaio, narrerò il viaggio di Zorro con le sorelle de Romeu e Nuria per mezzo mondo e i pericoli che dovranno affrontare perché si compiano i loro destini. Posso anticiparvi, senza timore di rovinarvi il finale, che sopravvivranno e che almeno alcuni di loro arriveranno in Alta California, dove purtroppo non sarà tutto rose e fiori. In realtà, è proprio in quel luogo che ha inizio la vera epopea di Zorro, quella che gli ha dato fama in tutto il mondo. Per questo vi chiedo di portare ancora un po' di pazienza."
Isabel AllendeZorro, l'inizio della leggendaPag. 104
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