"Nel greco imparato al liceo esisteva la parola eirene, a indicare una pace. Le dettero quel nome dopo la tempesta.
Il mio invece è un nome buffo, strapazzato nel passaggio da uno zio che sapeva portarlo, a me che l’ho ammaccato.
Non l’ho esposto al ridicolo, ma alla malora sì. Ora è un nome di fortuna.
Accompagna qualche titolo di libro, più da autista che da autore. Faccio il conducente di storie.
Irene dice che i nomi sono fischi, servono a chiamare. Il suo squilla nel mare, tra i delfini che giocano a chi lo lancia più lontano.
In terraferma è spento, nessuno chiama una sordomuta.
Le frasi di Irene non usano la congiunzione e, la lettera che disegna un nodo. Le lingue che conosco non possono fare senza, per legare.
La scrittura sacra la mette a inizio di frase: e disse, e disse, e disse.
Da quando leggo libri antichi imparo che il mondo è un alfabeto composto da lettere, che si combinano tra loro.
Le consonanti sono la materia e le vocali invece sono acqua, luce, aria, il soffio dell'ossigeno dentro al sostanza minerale.
A fine corsa di questi pensieri randagi, venuti alla maniera delle onde, mi esce detto: tu sei la congiunzione e che tiene insieme terra e mare".
Erri de LucaStoria di IrenePag. 27