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La pagina di un libro/66 - Il tempo è un bastardo

Creato il 05 agosto 2014 da Mapo
In vacanza succede di leggersi libri di un fiato. Tipo questo.
La pagina di un libro/66 - Il tempo è un bastardo
"Il mattino dopo, Ted si alzò presto e prese un taxi per il Museo Nazionale, fresco, pieno di echi, spopolato di turisti benché fosse primavera. Vagò tra i busti polverosi di Adriano e dei vari Cesari, avvertendo un'accelerazione del cuore davanti a tutti quei marmi che rasentavano l'erotico. Percepì la vicinanza dell'Orfeo ed Euridice prima ancora di vederlo, ne sentì il peso fresco dall'estremità opposta della sala, eppure indugiò prima di affrontarlo, ripercorrendo con la mente gli eventi che avevano portato al momento descritto nell'opera: Orfeo ed Euridice innamorati e novelli sposi; Euridice che moriva morsa da un serpente mentre fuggiva per sottrarsi alle insistenze di un pastore: Orfeo che scendeva nell'oltretomba, riempiendone gli umidi cunicoli con la musica della sua lira e cantando la sua disperata nostalgia della moglie; Ade che acconsentiva a liberare Euridice dalla morte, a condizione che durante la risalita Orfeo non si voltasse indietro. E poi lo sventurato istante in cui, temendo di perdere la sposa lungo il cammino buio, Orfeo non sapeva trattenersi e si voltava.Ted si avvicinò al bassorilievo. Ebbe la sensazione di immergercisi, tanto se ne sentì avvolto e toccato. Raffigurava il momento prima che Euridice scendesse nell'oltretomba per la seconda volta, in cui lei e Orfeo si dicevano addio. A commuovere Ted, a incrinare una qualche delicata cristalleria nel suo petto, era la tranquillità della loro interazione, l'assenza di drammaticità e di lacrime nei loro sguardi, nel loro delicato toccarsi. Intuì tra loro un'intesa troppo profonda per descriverla: l'indicibile consapevolezza che tutto è perduto.Rimase a fissare il bassorilievo, ipnotizzato, per trenta minuti. Si allontanò e ritornò. Uscì dalla sala e vi rientrò. Ogni volta, ad attenderlo c'era quella sensazione: un'emozione fibrillante, come per un'opera d'arte non ne provava da anni, mista all'ulteriore emozione per il fatto che una simile emozione fosse ancora possibile.Passò il resto della giornata al piano superiore, tra i mosaici pompeiani, ma la sua mente non abbandonò più l'Orfeo ed Euridice. Tornò a visitarlo prima di uscire dal museo.Ormai era pomeriggio. Ted prese a camminare, ancora frastornato, fino a quando non si ritrovò in una matassa di vicoli così stretti da sembrare bui. Passò accanto a chiese sfigurate dalla sporcizia, palazzi diroccati dai cui squallidi interni provenivano versi di gatti e di bambini. Sopra gli imponenti portoni erano scolpiti stemmi sudici e dimenticati, e Ted ne rimase turbato: simboli così universali e definitivi svuotati di ogni senso dalla semplice azione del tempo. Immaginò la versione leggermente diversa di Susan che camminava al suo fianco, condividendo il suo stupore.Quando Orfeo ed Euridice allentarono la loro presa, Ted cominciò a percepire intorno a sé un parlottio sotterraneo, un'interazione di sguardi, fischi e segnali che pareva coinvolgere quasi tutti, dalla vecchia vestita di nero davanti alla chiesa al ragazzino in maglietta verde che continuava a ronzare accanto a Ted sulla sua Vespa, quasi sfiorandolo. Tutti tranne lui. Da una finestra, un'anziana signora stava calando in strada con una corda una cesta piena di pacchetti di Malboro. Mercato nero, pensò Ted, osservando con un senso di disagio una ragazza con i capelli in disordine e le braccia scottate dal sole prelevare un pacchetto di sigarette dalla cesta e infilarci delle monete. Mentre la cesta risaliva rapida verso la finestra, Ted riconobbe nella ragazza che aveva comprato le sigarette sua nipote.Aveva così intensamente temuto quell'incontro che, di fronte alla sconvolgente circostanza di vederlo succedere davvero, non provò vera sorpresa. Sasha si accese una delle Malboro aggrottando la fronte, e Ted rallentò il passo, fingendo di contemplare il muro lercio di un palazzo. Quando lei riprese a camminare, la seguì. Portava dei jeans neri sbiaditi e una maglietta grigia come sciacquatura di piatti. Camminava senza una traiettoria precisa e zoppicando leggermente, ora lenta, ora veloce, tanto che Ted doveva concentrarsi per non raggiungerla né rimanere indietro.Lo stava trascinando nelle viscere intricate della città, una zona povera e non battuta da turisti in cui lo schioccare dei panni stesi al vento si mescolava all'arruffato frullare d'ali dei piccioni."Jennifer EganIl tempo è un bastardoPag. 257

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