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La pagina di un libro/73 - Stoner

Creato il 19 gennaio 2015 da Mapo
Dalla postfazione di Peter Cameron, che forse sa dire le cose meglio di me: è sempre una soddisfazione meravigliosa incontrare di nuovo l'universo in un romanzo come questo e avere la certezza che esistono delle cose belle indifferenti alla brutale e inevitabile azione del tempo. Ecco uno dei regali che dobbiamo all'arte: la sensazione che non tutto è perso, che alcune cose restano perfette e inviolabili.
"Pensò che aveva quasi quarant'anni e avrebbe dovuto essersi lasciato alle spalle la forza di una tale passione, di un tale amore.Ma sapeva di non averlo fatto. Sapeva che non l'avrebbe fatto mai. Oltre il torpore, l'indifferenza, la rimozione, quell'amore era ancora lì, solido e intenso. Non se n'era mai andato. In gioventù aveva dato liberamente, senza pensarci; l'aveva dato a quella conoscenza che gli era stata rivelata - quanti anni prima? - da Archer Sloane. L'aveva dato a Edith, nei primi, ciechi, folli anni del corteggiamento e del matrimonio. E l'aveva dato a Katherine, some se fosse stata la prima volta. Stranamente, l'aveva dato a ogni momento della sua vita, e forse l'aveva dato più pienamente proprio quando non si rendeva conto di farlo. Non era una passione della mente e nemmeno dello spirito: era piuttosto una forza che comprendeva entrambi, come se non fossero che la materia, la sostanza specifica dell'amore stesso. A una donna o a una poesia, il suo amore diceva semplicemente: Guarda! Sono vivo!Non riusciva a pensarsi come un vecchio: certe volte, la mattina, quando si faceva la barba, guardava la sua immagine riflessa nello specchio e non si riconosceva affatto in quel viso che ricambiava stupito il suo sguardo, in quegli occhi chiari che spuntavano da una maschera grottesca. Era come se, per qualche oscura ragione, indossasse un assurdo travestimento e aveva l'impressione che, se avesse voluto, avrebbe potuto strapparsi dal viso quelle sopracciglia bianche e foltissime, quella massa di capelli canuti, quella carne che pendeva dalle ossa affilate e le profonde rughe che lo facevano sembrare più vecchio."
John E. WilliamsStonerPag. 199

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