Palermo ha una antica tradizione di teste tagliate, il califfato islamico non ha l’esclusiva.
Fino a duecento anni fa, esistevano due modi diversi per punire il reo. Il ladro, l’assassino o il traditore, purché appartenente al volgo, veniva impiccato e poi squartato e sbudellato; il nobile che si macchiava degli stessi delitti veniva più decorosamente decapitato. Lo Sperone, come racconta l’indimenticato Rosario La Duca, prende il nome da una bassa costruzione di pietra a forma di piramide, recante numerosi ganci di ferro ai quali venivano appesi i cadaveri sbudellati dei condannati a morte. Fino alla fine del 1700, quindi, chi passeggiava nell’odierna via Messina Marine, poteva godere lo spettacolo – e il fetore nauseabondo – di una sfilza di corpi col ventre aperto, appesi uno accanto all’altro e uno sopra l’altro, esposti come lugubre monito alla cittadinanza. Durante il viceregno del principe di Caramanico (1886-95), le proteste delle nobildonne, che non potevano sottrarsi alla vista della macabra piramide quando si dirigevano in carrozza nelle loro ville estive di Bagheria, costrinsero le autorità a smantellare il marchingegno.I lavori del tram, nella zona di Corso dei Mille, hanno fatto emergere i resti di un ponte che si credeva distrutto, soprannominato “delle teste mozze”. Anche lì, accanto alle arcate in muratura del ponte, la ben nota piramide munita di ganci acuminati accoglieva benevola le teste dei criminali – o presunti tali – giustiziati. I corpi venivano sepolti in una fossa comune che divenne meta, nel tempo, di un nutrito pellegrinaggio di palermitani. Si credeva infatti che gli spiriti degli innocenti, ingiustamente condannati, dispensassero grazie a quanti pregassero per le loro infelici anime agognanti la pace eterna. Un cippo, oggi isolato e ignorato in un angolo di strada, ricorda malinconicamente questa nostra storia dimenticata (1). Il piano dell’Ucciardone e di Sant’Erasmo erano altri due luoghi celebri per impiccagioni, squartamenti e calorosi falò dell’Inquisizione. I condannati procedevano al luogo del supplizio, circondati da una folla delirante e festante che li insultava, sputava e lanciava loro pietre e cibo marcio. I rei avevano la “mordacchia” in bocca, usata dall’Inquisizione per tappare la bocca affinché non potessero parlare o bestemmiare. I cadaveri rimanevano spesso appesi a penzolare per giorni ed era antica tradizione infilzare le teste su pali ben piantati nel terreno, fino a quando non si decomponevano. La prossima volta che andate a correre o a godervi il sole al Foro Italico, fate un pensierino alla montagna di cadaveri e frattaglie che la storia ha ammassato accanto a voi.
Note1) Per approfondire: Anime decollate in un cippo dimenticato (Palermonascosta.blogspot.it)1) Immagine da ArtTribune. Raffigurazione dell’impalamento di tre turchi da Sebastian Münster, Basilea, Cosmographey: das ist Beschreibung aller Länder (Sebastian Henricpetri),1598, Vienna, Kunsthistorisches Museum, Biblioteca1) Bruno Ballardini: "Isis, prossimamente su questi schermi" (Il FattoQuotidiano). Giampaolo Pansa: "Lo confesso, ho paura". (Libero) Giuliano Ferrara invita l'Occidente ad attaccare l'Isis "con una violenza incomparabilmente superiore" (Libero e Huffington Post). Settembre 2014. Video "Flames of War" contro Usa (Il Fatto Quotidiano). Perchè l'Isis è così brutale (Resapublica). Grande pezzo di Pietrangelo Buttafuoco: "Io che di mio sono saraceno".