Camera dei deputati, mercoledì 6 novembre. In calendario c'è la discussione sul bilancio interno di Montecitorio. Bisogna esaminare 92 ordini del giorno con i desiderata dei deputati. I grillini si tuffano nella discussione. Riduzione delle indennità, taglio delle spese di palazzo, proposte di car sharing in sostituzione delle auto blu. Si va avanti stancamente con Laura Boldrini che presiede cercando di prendersi il merito di una riduzione del bilancio di funzionamento (in realtà fatta alla fine della legislatura scorsa, tanto nessuno dei presenti- Gianfranco Fini in testa- ne avrebbe subito le conseguenze). All'improvviso l'aula si infiamma. Sono le 12 e 30. Si passa a discutere della pagnotta. Non di quella che manca sulla tavola degli italiani. Quella servita a Montecitorio. Un po' al ristorante, un po' al self service dei dipendenti. La cosa finalmente sveglia dal torpore l'aula che si riempe in un baleno. C'è chi si lamenta per la qualità del cibo (grillini e pidiellini, bipartisan), un esponente dei 5 stelle lancia addirittura l'allarme sicurezza nazionale perché la gestione della mensa è nelle mani "degli inglesi" (si tratta del Compass group, il cui appalto per altro scade a dicembre 2013). Un altro si lamenta dei pasti di serie A (per i politici) e di quelli di serie B (per i dipendenti, ma scelti anche dai grillini) e per stigmatizzare questa divisione del desco per caste non trova nulla di meglio che citare a proprio favore il generale nazista Erwin Rommel, la volpe nel deserto. Rocco Buttiglione dà lezioni di europeismo in mensa. Il collega di Scelta civica, Gianluigi Gigli, chiede di interrompere il dibattito perché ha quello che chiama "riflesso pavloviano": crampi allo stomaco per la fame, e una gran voglia di fare pipì. Laura Boldrini però è inflessibile, e va avanti convinta che "mensa sana in corpore sano". Entrano nel dibattito pure i leghisti. E non si tira indietro il gruppo di Nichi Vendola, in polemica culinaria con i grillini. C'è chi invoca il Senato, dove si mangia meglio e spende meno grazie a uno sciopero della fame contro i prezzi alti. Parli di scioperi della fame? Eccoti Roberto Giachetti, il renziano che non mangia contro il Porcellum. E' pieno di idee internazionali: perché non aprire il Ristorante di Montecitorio al popolo? Così si può mangiare fianco a fianco alla ggente, no? Risposta di un altro: perché non ci sono più chef. Pare che li abbiano formati a palazzo, e ora li hanno messi a fare i centralinisti... Un'ora e mezza di dibattito sul buon pasto dei politici, visto che si è chiuso oltre le 14. Molto più di quel che si concede a un dibattito sulle crisi internazionali. Più di quel che si concede a emendamenti di centinaia di milioni sui decreti economici. La panza tira più della sostanza.
Camera dei deputati, mercoledì 6 novembre. In calendario c'è la discussione sul bilancio interno di Montecitorio. Bisogna esaminare 92 ordini del giorno con i desiderata dei deputati. I grillini si tuffano nella discussione. Riduzione delle indennità, taglio delle spese di palazzo, proposte di car sharing in sostituzione delle auto blu. Si va avanti stancamente con Laura Boldrini che presiede cercando di prendersi il merito di una riduzione del bilancio di funzionamento (in realtà fatta alla fine della legislatura scorsa, tanto nessuno dei presenti- Gianfranco Fini in testa- ne avrebbe subito le conseguenze). All'improvviso l'aula si infiamma. Sono le 12 e 30. Si passa a discutere della pagnotta. Non di quella che manca sulla tavola degli italiani. Quella servita a Montecitorio. Un po' al ristorante, un po' al self service dei dipendenti. La cosa finalmente sveglia dal torpore l'aula che si riempe in un baleno. C'è chi si lamenta per la qualità del cibo (grillini e pidiellini, bipartisan), un esponente dei 5 stelle lancia addirittura l'allarme sicurezza nazionale perché la gestione della mensa è nelle mani "degli inglesi" (si tratta del Compass group, il cui appalto per altro scade a dicembre 2013). Un altro si lamenta dei pasti di serie A (per i politici) e di quelli di serie B (per i dipendenti, ma scelti anche dai grillini) e per stigmatizzare questa divisione del desco per caste non trova nulla di meglio che citare a proprio favore il generale nazista Erwin Rommel, la volpe nel deserto. Rocco Buttiglione dà lezioni di europeismo in mensa. Il collega di Scelta civica, Gianluigi Gigli, chiede di interrompere il dibattito perché ha quello che chiama "riflesso pavloviano": crampi allo stomaco per la fame, e una gran voglia di fare pipì. Laura Boldrini però è inflessibile, e va avanti convinta che "mensa sana in corpore sano". Entrano nel dibattito pure i leghisti. E non si tira indietro il gruppo di Nichi Vendola, in polemica culinaria con i grillini. C'è chi invoca il Senato, dove si mangia meglio e spende meno grazie a uno sciopero della fame contro i prezzi alti. Parli di scioperi della fame? Eccoti Roberto Giachetti, il renziano che non mangia contro il Porcellum. E' pieno di idee internazionali: perché non aprire il Ristorante di Montecitorio al popolo? Così si può mangiare fianco a fianco alla ggente, no? Risposta di un altro: perché non ci sono più chef. Pare che li abbiano formati a palazzo, e ora li hanno messi a fare i centralinisti... Un'ora e mezza di dibattito sul buon pasto dei politici, visto che si è chiuso oltre le 14. Molto più di quel che si concede a un dibattito sulle crisi internazionali. Più di quel che si concede a emendamenti di centinaia di milioni sui decreti economici. La panza tira più della sostanza.
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