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La parabola dell’iperbole

Creato il 19 maggio 2014 da Prosumer

parabola

 

“Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori”: struggente l’afflato poetico. Quello prosaico mostra invece un però: diamanti e fiori sono appetiti dai più, il letame meno. Il valore di quelle merci non sta nell’essere quel che sono, quanto nella capacità di soddisfare quegli appetiti.

Pochi diamanti, la fame resta insoddisfatta; tanto letame invece, tanti fiori fino ad ingozzare.

E, seppur io-tu-noi, quasi tutti, metti caso li vogliamo ma non possiamo averli, quei diamanti e quei fiori fanno pari: si opacizzano, appassiscono. Lasciati là perdono valore,valgono meno, anzi niente. Quei pochi diamanti diventano troppi; i fiori, ancor di più.

Così quando ci si mette una carestia, che dagli anni 80 riduce il trasferimento delle risorse economiche  centellinando quel puzzolente “sterco del diavolo”, una falcidia avviluppa il mondo sviluppato che solo il profumo del creditoriesce a contrastare.

Così, foraggiati ben bene ed affrancati dall’olezzo, tocca prima ai “prime” poi ai “sub-prime”;  acquistando case su case, potranno avere poi pietre preziose e fiori, tanti fiori. Tutto laicamente, rigorosamente a debito.

Questa la parabola di un’iperbole  che sale sale sale finchè può poi scende, anzi deflagra.

Brandelli si spargono dappertutto, pezze nascondono buchi, rattoppi cuciono strappi, colle incollano lacerti.

Ci fu chi guadagnò da tutto ciò, pure chi ci rimise; chi improvvido investì in quel debito fasullo e chi dopo averlo fatto non potè ripagarlo.

Molti, troppi persero il lavoro, ancor meno sterco in giro, meno puzza.

Quando poi con quel che resta di quella micragna si pagano bollette, abbonamenti e canoni, non resta niente.

Beh, allora, puzza per puzza meglio quella di letame; tertium non datur.

Si è fatto il tempo del nuovo valore, giust’appunto quello del letame. La fisiologia animale lo rende disponibile, se non per fare fiori, per fare grano, foraggio; quel che serve almeno a dare ristoro ai neo ri-nati bisogni.

Buona pure l’acqua di stagno dove, chi non ha da fare, guarda girini diventare rane; ciccia insomma. Pure il mare sta lì per pescare; i boschi per cacciare e, giacchè ci siamo, i campi per raccogliere funghi, radici, bacche e frutta. Le frittelle con foglie di acero si dicono buonissime.

Poi ci si fa virtuosi: chi cacciatore caccia più di quel che mangia lo scambia con chi ha raccolto più di quanto usa e vai…. a riempir la pancia senza fare la spesa.

Certo, in questo passato, pure remoto, dove ci si va a ficcare non splende certo il sol dell’avvenir.

Comunque, indietro tutta e chi ci rimette, ci rimette!

I Puzzoni per esempio, quelli che nelle tasche hanno trattenuto sterco e che non vogliono sguazzare nel letame, stanno tra quelli che lavorano le merci, quelli che ne fanno prodotto, quelli che lo vendono e pure in chi le compra.

Dare tempo a quel tempo della crisi che sgonfierà pure le loro tasche dei  risparmi, allora alzeranno bandiera bianca.

Allora appunto, solo allora, vorranno riallocare il mal allocato se vogliono far conto su quelli che non hanno.

Avranno così l’onore delle armi e potranno tornare, vivaddio, a fare quel che sanno fare: pure i diamanti e, stavolta non per coprire poco commendevoli olezzi, pure i fiori.

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Mauro Artibani



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