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La parabola delle pance glamour.

Da Marypinagiuliaalessiafabiana

Essere donne non è un fatto personale. È affare di tutti. Solleva opinioni, dibattiti, nega diritti, usa corpi.
Su una cosa però fascisti, cattolici d’annata e legislatori di maggioranza sono sempre d’accordo: la famosa doppia funzione femminile, “puttana/santa vergine”.
Quando, qualche giorno fa, tutti i giornali e giornaletti si rimpallavano le foto di Raffaella Fico in passerella in bikini con sei mesi di gravidanza glamour sulla pancia, sembrava uno di quei casi in cui il sinolo “oggetto sessuale/madre della patria” fosse stato raggiunto.

L’erotizzazione e “glamourizzazione” della gravidanza femminile è la parabola della “Madonna” in tanga.

Inutile puntualizzare che la Fico, come tutte le altre, non solo ha diritto di prestarsi quanto desidera alla televendita del proprio corpo, ma partecipa ( quasi sicuramente a sua insaputa ) forse anche ad un movimento di emancipazione della gravidanza.
L’essere in “stato interessante” infatti è ancora condizionato da tabù molto diffusi, per cui i rapporti sessuali provocherebbero un parto prematuro e la donna incinta, nella costruzione maschile delle identità femminili, spesso perde quasi lo “status di donna”, intesa come (s)oggetto del desiderio.
La credenza arcaica, insomma, che una madre non debba essere sessualizzata.
Mostrare e difendere con orgoglio il proprio corpo e i suoi cambiamenti fisiologici non può che essere dunque un gesto rivoluzionario, nel riaffermare la propria identità e facoltà di scelta.
Su una passerella, però, il mostrarsi non è mai completamente genuino: tornano i soliti interessi economici intorno al corpo femminile, uno scenario altro da quello dell’autodeterminazione, una strumentalizzazione che usa corpi gravidi come quelli sterili.

Tralasciando volutamente qualsiasi trattazione di parafilie come la maiesophilia, la diffusione di immagini erotizzate e glamour di donne incinta aumenta, ma perpetuando – che novità! – un modello estetico univocamente normato, sottoponendo ad un controllo mediatico e sociale il corpo femminile anche mentre gestisce una gravidanza. Devi essere madre e figliare, ma sempre secondo la fiera delle vanità.

Quando non ci riesci, hai fallito. Come indossare l’abito della scorsa collezione o non tingerti i capelli.
Portare male una gravidanza è molto out.
Peggio poi per chi rappresenta il modello imperante e perde terreno. Come Imogen Thomas, reginetta di bellezza molto famosa nel Regno Unito, che ammette di odiare il proprio corpo in gravidanza e racconta il disgusto del suo compagno per i cambiamenti in atto.
Come Aishwarya Rai, attrice indiana esportata a Hollywood, a cui fan e sponsor non hanno perdonato i chili che non ha voluto perdere dopo la gravidanza.
Come tutte le donne terrorizzate dalle smagliature e dall’aumento di peso, tutte quelle che ne parlano su tutti i forum al femminile di internet, esorcizzando la paura mentre insultano una qualsiasi delle attrici/modelle/cantanti del cuore che non ha voluto o non è riuscita a mantenere il target Barbie mentre generava un figlio. Gridano al tradimento. La bellezza mutata è come una promessa infranta.
Se non ce l’ha fatta lei, figuriamoci noi.

Una parabola contemporanea.
La Madonna in tanga ricevette la visita di un angelo.
Disse: “Ecco concepirai un figlio”. Ma dovrai passare da Victoria’s Secret per espiare le tue colpe.



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