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Nel post "Il gioco dell'amore: accordarsi" abbiamo visto uno dei possibili percorsi che le coppie in dis-accordo possono intraprendere per provare -appunto- ad accordarsi, individuando, cioè, una o più soluzioni capaci di risolvere positivamente il loro conflitto (piccolo o grande che sia), facendo lo sforzo di regalarsi la possibilità di vivere la conflittualità non come condizione necessariamente negativa da esecrare o respingere aprioristicamente, né come condizione usualmente distruttiva dalla quale farsi trascinare per imporre all'Altro le proprie ragioni. Bensì il conflitto come occasione di un confronto che si apre costruttivamente alla crisi, intesa nella sua accezione di "scelta" (greco: krisis) e porta, procedendo in divenire, ad una qualche forma di evoluzione.
In questo senso possiamo immaginare il dis-accordo come una specie di bivio di fronte al quale due soggetti che fino a quel momento erano andanti -appunto- d'amore e d'accordo, correndo insieme lungo la strada delle loro esistenze, ora si inceppano e uno vorrebbe andare a destra e l'altro vorrebbe andare a sinistra. È la paralisi. L'impossibilità di operare -appunto- una scelta, l'arresto del percorso di evoluzione che i due avevano intrapreso e, almeno fino lì, così ben interpretato. Due azioni sembrerebbero a questo punto possibili e entrambe controproducenti: o che una delle parti eserciti una forza persuasiva tale da ridurre l'Altro alle sue ragioni (perché è più forte fisicamente, psicologicamente, economicamente) o che la coppia accetti la paralisi del disaccordo (decida cioè di non decidere, ossia di non evolvere). In entrambi i casi la mediazione (coniugale o familiare che sia) si pone come possibile terza via: laddove il conflitto rischia di esser distruttivo ma anche laddove il conflitto non c'è (o è rimosso, negato) e invece dovrebbe esserci. È la possibilità di sostare in un sana relazione che non rinuncia a confliggere senza mai arrivare a sconfiggere. Così potremmo, in modo un po' originale, sintetizzare, a mio avviso, l'amore, ossia, in tutte le sue forme e manifestazioni, la più grande invenzione dell'uomo: "non rinunciare a confliggere senza mai arrivare a sconfiggere". Ma pare che questa terza via sia di difficile uso per l'uomo e per l'uomo contemporaneo soprattutto. Da qui la necessità di una sana educazione al conflitto.
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Massimo Silvano Galli
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