Risvegliarsi altrove
‘Svegliati che è tardi, perdi l’autobus stavolta non sprecare questa possibilità…’ Canticchio camminando con passo spedito, sto rischiando di perdere il treno. ‘Potrebbe essere un segno del destino’. Penso beffarda. E’ il 21 marzo: il primo giorno di primavera. L’aria è dolce e il cielo azzurro mi infonde una strana consapevolezza. Sono euforica, mi sto trasferendo per lavoro. La decisione l’ho presa dopo mesi di notti insonni trascorse a vagliare pro e contro. Arrivo in stazione appena in tempo, salgo sul treno e raggiungo il mio posto. Mi guardo intorno, a quest’ora del mattino il vagone è pieno di lavoratori pendolari. In sottofondo suonerie di telefoni e discussioni di lavoro. Prendo un libro dalla borsa e provo a leggere qualche riga. Non ci riesco, faccio fatica a concentrarmi. L’euforia si è trasformata in una lieve inquietudine. ‘Un ripensamento dell’ultimo momento?’ Mi interrogo perplessa. Mi lascio alle spalle una serie di questioni irrisolte. Ormai è diventata la mia specialità. ‘Quattro trasferimenti in otto anni’. Ironizzo. Ogni volta è come risvegliarsi da un sogno e ricominciare da zero, conservando, tuttavia, sensazioni latenti, pronte ad affiorare inaspettate. Inizio a fantasticare su quello che mi si prospetta, su come arredare la casa appena presa in affitto, sulle persone con cui condividerò il nuovo percorso. Mi tranquillizzo, accendo il lettore mp3, chiudo gli occhi e riprendo a canticchiare ‘Essere perduti oggi dura solo pochi attimi…’