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La parte orientale di Borgo San Donnino alle soglie del XVII
Creato il 20 febbraio 2015 da Ambrogio Ponzi @lucecoloreUn rilievo topografico, appartenente al Fondo Mappe e Disegni dell’Archivio di Stato di Parma, ci aiuta a ricostruire l’assetto di Borgo san Donnino, come si presentava dalla parte orientale di San Michele alle soglie del XVIII secolo, periodo di fondamentale importanza per la storia urbana, caratterizzato dalla costruzione, appena fuori del perimetro medioevale, dei grandi complessi conventuali dei Gesuiti e delle Orsoline. Databile al 1709, il prezioso documento, reso noto da U. Marossa e S. Rossi (2001), descrive dettagliatamente l’inizio della nuova fase costruttiva ma è ricco di informazioni anche per quanto riguarda il tessuto urbano preesistente.
Vediamo così, segnata con la lettera A (“Porta di S. Michele in Borgo S. Don.), l’antica Porta di San Michele, rappresentata come un edificio a pianta quadrata, piuttosto basso e con copertura a tetto; attraverso di essa si accedeva in città dalla parte di Parma, mentre dalla parte opposta verso Piacenza l’ingresso di Borgo avveniva , come noto, attraverso la porta di San Donnino, tuttora esistente a pochi passi dal Duomo.
Di indubbio interesse è anche il vicino “Torrione di S. Michele donato dalla Munificenza Ser.ma alle M.M. Orsoline” , vale a dire la Torre Salvaterra, la robusta torre di guardia eretta in epoca viscontea a protezione della porta di san Michele. Il disegno assonometrico la colloca allo sbocco della strada dei Terragli a sud (G. “Strada dei Tragly” ), oggi via dei Mille. Sopravvissuta all’ abbattimento delle fortificazioni medievali, la torre è destinata ad essere demolita nel 1709, per far posto al palazzo delle Orsoline, che ne ha inglobato parte delle strutture; il suo ricordo resta affidato essenzialmente alla toponomastica.
Proseguendo nella lettura della mappa, a sinistra della via Claudia (denominazione medioevale dell’ Emilia romana, il cui tratto urbano coincide in parte con l’attuale via Berenini) incontriamo il complesso di San Michele (lett.:T - “ Chiesa di S.Michele”), descritto in modo abbastanza dettagliato, sicché possiamo vedere come appariva la facciata della chiesa cinquecentesca prima degli interventi di rifacimento attuati nel 1893 dall’ingegnere fidentino Giovanni Musini: da notare in particolare il portale maggiore archivoltato, i decori baroccheggianti ma anche la casa canonica affiancata alla torre campanaria e il muro che cinge la corte interna.
Un altro elemento iconografico tutt’altro che trascurabile è la rappresentazione dell’ ospedale di San Michele, eretto per iniziativa della nobile famiglia Pinchelini unitamente alla chiesa parrocchiale nel 1181. L’antico xenodochio (R), segnalato dalla mappa come “Ospicio detto di S.Michele”, è identificabile nel caratteristico fabbricato a due piani collocato in angolo tra la “Strada Claudia “ (via Berenini) e la strada che porta ai terragli a nord (S- Strada d.a del sud.o Ospicio”), l’attuale via Don Maffaccini. Il suo impianto a manica lunga sembra riflettere gli schemi tradizionali dell’architettura ospitaliera, con un ordine di piccole finestre quadrate, aperte sul lato est, mentre l’ingresso si affaccia sulla via principale. L’ospedale fu soppresso verso il 1779 e successivamente demolito.
Da notare poi il perfetto allineamento delle abitazioni a schiera che si affacciano sui due lati della strada principale (C-D-E) : gli isolati dalla forma stretta e lunga che le comprendono sono tipici esempi di lotti gotici, riconducibili con ogni probabilità alle espansioni del tessuto urbano avvenute tra XI e XII secolo. Questo singolare scorcio medioevale, delineato a penna e acquerello, può essere ulteriormente illuminato dal confronto con le note rappresentazioni tardo cinquecentesche di Borgo San Donnino affrescate della Sala delle Gesta Rossiane della Rocca di San Secondo Parmense.
Si tratta, di eccezionali immagini prospettiche, di veri e propri “ritratti di città” realizzati sulla base di disegni dal vero, il cui punto di vista è collocabile lungo l’antica Emilia, tra la Porta di san Michele e le prime case del sobborgo di San Lazzaro. Inquadrata sullo sfondo delle colline, la città si presenta ancora racchiusa dalle mura, forse le fortificazioni trecentesche: in primo piano ritroviamo la porta di San Michele, senza merli ma anche senza copertura (presente invece nel disegno) e col ponte levatoio alzato e, accanto ad essa, il possente torrione Salvaterra, su cui si intravede scolpito l’emblema dei Visconti. Volgendo lo sguardo appena oltre le mura sono riconoscibili il campanile e la torre ottagona del tiburio della chiesa di san Michele.
Veniamo ora alla fabbrica del Collegio Convento dei Gesuiti, la cui prima pietra posata dal vescovo Caranza nell’aprile del 1697, segna l’inizio delle grandi trasformazioni settecentesche. Nella mappa dell’Archivio di Stato, il nuovo complesso tardo-barocco, progettato da Padre Stefano Maria Brameri (Piacenza 1643-Mantova 1713) e realizzato dai mastri comacini Giacomo Sartori e Domenico Tami, risulta limitato al solo Collegio (Y: “Collegio dei P.P. Gesuiti”).
Se si eccettua l’esistenza di una seconda apertura in seguito soppressa, il disegno del Collegio sembra coincidere con l’ edificio attuale di via Berenini. A fianco del Collegio, solo il muro di cinta, ( X: “Portone e muro della Chiesa de. Gesuiti”) che delimita l’area del cantiere, fa riferimento alla costruzione della chiesa, che verrà inaugurata con grande solennità nell’ottobre del 1722.
L’altro grande intervento architettonico settecentesco destinato a rinnovare l’ingresso a est è dato, come abbiamo accennato in precedenza, dalla costruzione del Collegio-Convento delle Dame Orsoline. Al nascente edificio è destinata la vasta area tratteggiata in rosso e in nero, che, partendo dalla strada maestra, si estende verso mezzogiorno ( a – …quadratura del Collegio delle M.M.Orsoline - H-I: “..il Giardino delle M.M. Orsoline”), oltre l’antico limite a sud costituito dal corso del Venzola (K- “Rio della Venzola”). Dai documenti citati da A. Aimi (“Storia di Fidenza”) l’edificio conventuale risulta parzialmente completato nel 1731, anno a cui risale l’elegante oratorio interno, che riprende pari pari le linee architettoniche e i motivi decorativi che caratterizzano il grandioso tempio della Beata Vergine delle Grazie dello Stirone inaugurato due lustri prima.
Artefice della nuova impresa architettonica è Giovan Battista Tami, interessante figura di architetto-costruttore ancora tutta da studiare, forse appartenente alla stessa famiglia di mastri ticinesi operanti presso il cantiere gesuitico. Guglielmo Ponzi
Articolo pubblicata dal settimanale diocesano "il Risveglio" del 20 febbraio 2015