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La pasta di Giovanni Fabbri: dal 1893, ecco uno degli ultimi pastifici artigianali toscani

Da Stefaniapianigiani @enogastrogarden
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Il mio articolo sul mensile Toscana & Chianti News di settembre:

 Il centenario ufficiale  della fondazione  della Pasta di Giovanni Fabbri, c’è già stato, visto che i Fabbri a Strada in Chianti , producono il cibo d’oro dal 1893, da  ben quattro generazioni,  ma quest’anno ricorre un centenario speciale, quello del “pastificio elettrico”: è bello vedere tra le vecchie bolle e i vecchi contratti l’autorizzazione igienica di allora che dava il nulla osta a diventare “pastificio igienico”, eliminando il cavallo  per far andare  le macchine, e introducendo l’energia elettrica.

Ma questo è  solo un piccolo vanto “ tecnologico” di cui, oggi Giovanni Fabbri, va fiero, perché lui fondamentalmente è legato alla tradizione. La fabbrica ha fatto il giro della piazza del paese, fermandosi definitivamente nelle sede attuale, dove si accede tramite una piccola porta. La sorpresa nell’entrare è trovarsi in una specie di “museo toccabile”, dove i vecchi oggetti, vengono continuamente utilizzati da Giovanni: torchi, torchietti, le macchine per tirare la pasta, ovvero le “pastamatic”dei primi del novecento E’ facile vederlo spiegare come nasce uno spaghettone o un sedanino, partendo proprio dalla macina a pietra, dove mette i chicchi di grano, e dalla quale esce la farina, che poi tramite un sistema di setacci a maglie diverse, determinerà la consistenza e la purezza.

Gli si apre il cuore quando parla di togliere la crusca per fare una farina semintegrale, che è semolato per il pane e farina tipo 1 oppure tipo 2 per la pasta. Se utilizzassimo una farina normale, con questo procedimento, andremo a perdere tutte le fibre, ma grazie alla volontà di Giovanni Fabbri e dell’amico Renzo Marinai, vignaiolo di Panzano, nel tornare a coltivare l’antico grano, la fibra c’è e tanta. Nella “Conca d’oro” a Panzano in Chianti, tra gli olivi, vengono seminati ogni anno piccoli appezzamenti di “Grano Cappelli”, un grano autoctono che piano piano stavamo dimenticando, ma che per fortuna è tornato a farsi valere, regalando nutrimento e elasticità alla pasta.

 I segreti della pasta Fabbri, sono due: lavorare un buon grano, come il bianco o nero “monococco”, detto anche farro dei romani con una spiga finissima o il “Cappelli”,  con spighe oro e lunghi “baffi neri” o il grano moderno  di qualità, e la lavorazione lenta, perché è da una lenta trafilazione in bronzo e da una lunga essiccatura  che la pasta diventa buona. Il grano per essere consistente e di qualità, deve produrre un ottimo glutine, elastico. La pasta poi viene essiccata in apposite “stanze” ad una temperatura inferiore a 38°, da tre a sei giorni: è dopo tutte queste accortezze che ne deriva una pasta di ottima fattura, ruvida e disponibile al condimento, non alterata nelle sue qualità organolettiche, un passaggio molto importante, in quanto l’intolleranza al glutine è purtroppo all’ordine del giorno.

Stefania Pianigiani

http://www.pastafabbri.it/


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