Antonino Cannavacciuolo è stato il primo chef a credere che alla pasta secca spettasse un posto d’onore nei menu dell’alta ristorazione. Per questo nel 1998, nel suo ristorante Villa Crespi a Orta San Giulio (N0), decide di proporre i maccheroni con verdure e tartufo nero. Artefice di una scelta contro corrente che ha sfidato il primato della pasta fresca nell’alta gastronomia, Cannavacciuolo, che dal 15 maggio è in onda su FoxLife nel reality gastronomico Cucine da Incubo, continua a proporre nei suoi menu piatti di pasta che rendono onore a questa grande arte tutta italiana.
Pasta dunque come riscatto e come prodotto di punta immancabile sulle tavole degli italiani ma anche su quelle dei ristoranti più blasonati che l’hanno eletta prodotto di vera eccellenza. Nascono così dall’amore per la sua terra e per la sua cultura i piatti che Antonino Cannavacciuolo propone nella dimora esclusiva in stile moresco costruita nel 1879. Gli ambienti da sogno di Villa Crespi sono dunque lo scenario ideale per assaggiare primi piatti unici come i ravioli di piselli, tonno crudo, bottarga e acqua di mare o le linguine di Gragnano con calamaretti spillo, salsa al pane di Fobello.
“I ravioli sono nati in seguito alla preparazione di un menu di tonno. Ho abbinato il dolce dei piselli al sapore fresco del pesce e per bilanciare dolce e salato ho aggiunto olio, bottarga e acqua di mare. Questo è un piatto che sento, in cui esprimo le mie radici e che mi piace cucinare, come le linguine di Gragnano abbinate al pane di Fobello: uno dei primi che realizzo da più tempo e che è tra i più amati dalla mia clientela”. Ogni preparazione di Antonino Cannavacciuolo è un’opera d’arte che colpisce prima di tutto per l’eleganza e l’originalità della sua presentazione. “Prima di assaggiare un piatto, lo si guarda e se ne assaporano i profumi per questo ritengo che l’immagine sia fondamentale nella sua preparazione. È come se la vista e l’olfatto stuzziccassero le papille gustative che sono poi soddisfatte nel momento dell’assaggio: per questo dedico molta attenzione nella scelta dei particolari e nella presentazione che rappresenta il biglietto da visita di quello che si mangerà”, spiega.
“La cucina é un espressione della vita e come tale non si ferma mai, é sempre uno studiare, un crescere. Lo stesso piatto può cambiare con il tempo, così come cambio io ogni giorno. È un’introspezione continua prima dentro me stesso e poi, di riflesso, nella mia cucina. Cerco di portare il prodotto alla sua vera essenza e di esaltarlo e abbinarlo con altri pochi ingredienti per trasmettere al cliente qualcosa di autentico attraverso la cucina, il gusto, la mia creatività. Un mio piatto - conclude Cannavacciuolo – può essere una rivisitazione della tradizione oppure anche qualcosa di totalmente nuovo che sento in quel momento e per quel specifico ingrediente; un continuo divenire di forme, gusti e colori”.E nello sperimentare ed abbinare la tradizione del sud con quella del nord Italia, che Cannavacciuolo ama riasumerre in questa frase “il Mediterraneo, in visita al lago, si innamorò delle Alpi, e decise di portar loro in dote i suoi preziosi sapori” è immancabile un richiamo all’importanza delle materie prime utilizzate, dalla farina di un mulino piemontese per la preparazione di pasta fresca, all’olio extravergine di oliva che ogni anno Antonio sceglie per i suoi piatti: pugliese per le cotture, siciliano per le fritture e un campano che, per l’affetto riservato alla sua terra, non può mai mancare nella sua cucina.