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La paura del diverso

Da Marypinagiuliaalessiafabiana

discriminare

[di-scri-mi-nà-re]
(discrìmino)
v. tr.

1 Far differenza o distinzione tra persone o tra cose; differenziare, distinguere: discriminiamo, nel giudicare, i buoni e i cattivi amici
Dal dizionario italiano on line HOEPLITutti sanno il significato del verbo transitivo discriminare. Far differenza, distinzione.

Si dice che il cervello umano funzioni così. Conosce per discriminazione, per categorizzazione. Se il cervello umano non vede differenze non apprende. E come potrebbe? Senza differenze i mondo funzionerebbe per tautologie, o meglio non funzionerebbe affatto.

Non è quindi la differenza da negare ma la negazione della differenza. La fobia di essa, l’odio verso di essa. La differenza è intrinseca in noi, nell’esistenza. Io esisto perché sono diverso da te. Posso riconoscermi in quanto TU esisti. E’ un’epifania riscoprirsi nell’alterità, delineare la propria identità in rapporto e relazione con l’altro. Riconoscersi attraverso uno sguardo altro. Senza “l’altro” io non posso esistere, determinarmi, definirmi. Io posso vivere solo all’interno di una relazione, senza relazione non esisto, la mia identità è annullata. E la relazione è presente solo quando c’è diversità.

Il cervello quindi discrimina? Divide? Categorizza? Potremmo dire che coglie le differenze e attraverso di esse sviluppa il giudizio. Non un giudizio metafisico, assoluto. Spesso è un giudizio etico, “dall’esterno”. Il giudizio “giusto”, metafisico, assoluto non esiste. Comporterebbe un incontro tra emico ed etico, tra “il dentro dell’altro” e “il fuori dell’altro” che non può realmente avvenire. Lo scambio si effettua quindi attraverso relazioni immaginifiche, secondo quello che “io credo che l’altro creda”.

L’incontro con “l’altro”, col diverso, quindi, è stato nella storia sempre problematico e pieno di conseguenze catastrofiche. L’incontro col “tu” ha spesso provocato una fobia per la paura della perdita di identità personale, quando invece è l’unico modo per definirla. Si è temuto, e si teme tutt’ora, una perdita di autonomia e identità. Questo è un fraintendimento alla base del concetto di autodeterminazione, che può avvenire, come già detto, solo nella relazione con “l’altro”, che è per definizione diverso.

Ecco allora il proliferare di guerre per la supremazia, per il controllo e il potere, per la rivendicazione della propria autonomia e identità. Ecco nascere l’etnocentrismo, secondo il quale le culture “altre” possono essere giudicate solo ed esclusivamente secondo i metodi e gli standard della nostra cultura, la cultura “normale”, giusta, reale. Ecco nascere la xenofobia, la paura di ciò che è diverso da noi per natura, razza, specie, e da cui ha luogo l’intolleranza. Ecco nascere il sessismomisoginia e omofobia. In entrambi i casi si “teme” che l’autodeterminazione sessuale di genere scardini i precetti dell’identità “virile” del patriarcato. Possiamo annoverare anche lo specismo, secondo cui la il genere umano è una razza “eletta” rispetto al mondo animale. Non di meno risultano le contro parti, quali ad esempio la misandria.

Siamo tutti quindi diversi non-diversi? Semplicemente c’è bisogno di prendere consapevolezza che noi questa diversità la viviamo tutti i giorni, in quanto tu sei diverso da me perché io sono diverso da te e per questo siamo in relazione. Ed è semplicemente poiché siamo tutti diversi che, in definitiva, siamo tutti uguali!



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